Borgo Egnazia e il sogno made in Bolgheri Wine tasting di cinque annate di Sassicaia


Le 5 annate pronte per la degustazione, Sassicaia

Le 5 annate pronte per la degustazione, Sassicaia

di Monica Caradonna
Una verticale di Sassicaia è già un evento di per sé. Se poi ad esser degustate sono cinque magnum provenienti dalla collezione privata del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta allora il gioco diventa ancora più serio, abbiamo la certezza che negli anni hanno ricevuto la giusta attenzione e il rispetto che si riserva agli oggetti preziosi seppur vivi e in continua evoluzione. Ed è così che si fa un balzo indietro nel tempo fino al 1989 arrivando al 2013, ma passando prima per un 2000, che è l’annata che ha fatto un viaggio nello spazio. Le battute si son sprecate, ma limitarsi a definire “spaziale” il Sassicaia è quasi un sacrilegio perché la sua storia, i tanti aneddoti e la sua statura meritano un appassionato e introspettivo viaggio che inizia dagli occhi e arriva dritto al cuore. Un viaggio voluto da Giuseppe Cupertino, delegato pugliese della Fondazione Italiana Sommelier, che non è nuovo a grand soirèe e che ha ben abituato i winelovers pugliesi a tasting di tutto rispetto partendo dai vini di Angelo Gaja fino a quelli di Jacopo Biondi Santi, eventi che hanno segnato momenti di alta cultura del vino in una formula pret à degouster, culminati in una verticale unica di Annamaria Clementi che è stata accompagnata, come per Sassicaia, dal racconto di Paolo Lauciani, dotto e affascinante caronte del vino che di Fis è relatore e docente.

Giuseppe Cupertino

Giuseppe Cupertino

A me l’onore e il piacere di accompagnare i 200 fortunati di Borgo Egnazia nel viaggio fino a Bolgehri, sfogliando le pagine di storia che narrano delle intuizioni e della cocciutaggine del marchese Mario Incisa della Rocchetta.

La sala di borgo Egnazia

La sala di borgo Egnazia

La storia: amore e fatalità

Quella di Sassicaia è una affascinante storia segnata dal caso, una storia d’amore e di fortuna. Una storia fatta di scommesse e di casualità. Di cocciutaggine e di coraggio. Una rivoluzione nel mondo del vino in cui il protagonista indiscusso è un uomo assolutamente visionario, il marchese Mario Incisa della Rocchetta.

Certo, nelle sue vene scorreva un sangue particolare e non solo perché fosse blu e nobile, ma perché era imbrattato di quell’amore per la terra trasmessa dai suoi avi, nella sua Rocchetta Tanaro aveva ereditato una grande collezione ampelografica di vitigni francesi e poi quelle sue origini piemontesi che si sono poi mescolate con una donna toscana. Il non plus ultra, una vera apoteosi di stile, storia e inclinazioni.

Monica Caradonna, Giuseppe Cupertino e Paolo Lauciani

Monica Caradonna, Giuseppe Cupertino e Paolo Lauciani

Già nell’800 i Gherardesca, ai quali il marchese si è imparentato per parte di moglie, avevano provato ad avere a che fare con il vino. Nella Toscana del vino in fiaschi a Bolgheri avevano avuto l’ambizione e l’intuizione di imbottigliare ed esportare. Ma ecco il caso. Il mastro vetraio muore e fallisce quel tentativo.

Bisognerà aspettare un secolo perché il marchese Mario Incisa della Rocchetta, con l’aiuto della famiglia Antinori, cui è legato da un legame di parentela, e che all’epoca pur scettica si è occupata della commercializzazione di quel vino difficile da vendere, potesse realizzare la più grande rivoluzione culturale nell’enologia italiana, cambiando drasticamente la storia maremmana del vino.

E poi le sfide. Come portare il cabernet in terra di Toscana, in un’area di poco più di 2 mila metri quadrati dove ha piantato 100 ceppi di cabernet franc ed è partito con una potatura drastica con  rese bassissime. Ma nei primi 10 anni il vino prodotto era solo per uso personale.

La seconda grande sfida, dopo l’inserimento di un vitigno internazionale in toscana, fu quella della localizzazione, ovvero a pochi passi dal mare in un tempo in cui la Toscana produceva grandi bianchi e rosati, e si pensava che il mare non potesse avere influenze positive sui vini rossi, lui invece che fa? Mette alla prova la sua personale dea bendata. E anche qui non si è smentita la sua intuizione.

E vogliamo parlare di identità? E della grande capacità di far diventare un vitigno internazionale attraverso Sassicaia identità del nostro paese.

Per un uomo di quel tempo la rivoluzione era pura genialità. Ed è quella sua vena ribelle che lo porta a entrare in conflitto con Giacomo Tachis. Il Marchese è convinto della bontà delle botti di legno per l’affinamento dei vini, ed è tra i primi in Italia ad usarle. Ma è su questo tema che si celebrano le sue divergenze teoriche con Tachis, all’epoca enologo degli Antinori, con il quale non si trova d’accordo sulla fermentazione che per Tachis deve avvenire nei tini d’acciaio. Due giganti allo scontro. Ognuno, ovviamente, resta legato alle sue idee. E il Marchese inizia a produrre un vino “clandestino” con la dicitura in etichetta “fuori commercio”.

La consacrazione arriva dalla Francia

Per il  marchese fare vino era un hobby che tra l’altro finanziava con i proventi delle gare vinte dal suo cavallo, Ribot, un vero fuoriclasse che ha segnato anch’esso un tratto di storia, ma è il figlio Niccolò che diventa una vera e propria attività commerciale con una organizzazione programmata e funzionale. Non più vino per la famiglia e gli amici, ma un grande prodotto da esportare. Per  parlare di Sassicaia nella declinazione  e col peso che oggi riconosciamo, dobbiamo aspettare gli anni ’80 quando viene riconosciuto dalle riviste francesi vino di rango sdoganando l’idea dei vini italiani all’estero, un vino con il suo carattere  che aveva l’eleganza del cabernet mista alla mediterraneità, frutto proprio di quel terroir che inizialmente aveva creato qualche ansia.

È con il figlio Nicolò, che è stato l’artefice del sogno  realizzato per una sera a Borgo Egnazia,  che Sassicaia diventa business e in un attimo  Sassicaia diventa importante per Bolgheri e Bolgheri diventa importante per Sassicaia.

Ed è grazie al marchese Nicolò che una sera d’autunno nell’elegante Borgo Egnazia è stato possibile gioire di una veticale unica. Cinque magnum giunte dalla collezione privata del Marchese, cinque annate che hanno attraversato la storia e che si sono conservate perfettamente in una evoluzione viva e dinamica come solo i grandi vini sanno fare. Un grande anfitrione, Paolo Lauciani, voce istituzionale e autorevole della Fondazione Italiana Sommelier, che ha accompagnato il pubblico in un viaggio che è iniziato nel 1989 e si è concluso nel 2013, passando da 1996, dal 2000 e dal 2005.

Sassicaia 2013 (85% Cabernet Sauvignon 15% Cabernet Franc)

Doc Bolgheri Sassicaia

Vino elegante e aristocratico dal colore rosso porpora. Al naso si sentono distintamente frutti di bosco, mirtillo e mora, ma è evidente anche l’impronta floreale della violetta e il carico della macchia mediterranea. Liquirizia, pepe, una balsamicità  e un’affumicatura simile al thènero.  Al naso è fresco, si sente una frustata sulla lingua che stimola la salivazione, per poi lasciar venire fuori il tannino elegante. Il finale spinge sulla liquirizia.

Sassicaia 2005 (85% Cabernet Sauvignon 15% Cabernet Franc)

Doc Bolgheri Sassicaia

Una bellissima annata sebbene a Montalcino, come ha raccontato Paolo Lauciani, non sia stata eccellente. Ma evidentemente è proprio in queste situazioni che i grandi vini emergono ancor di più. Un colore pazzesco, rosso rubino, granato senza mai essere impenetrabile. Un naso complesso di frutta, dalla mora al mirtillo, con un’affumicatura che tende al tabacco; si sente il cuoio ma anche la liquirizia con un’impronta di ritorno che ricorda qualcosa di balsamico. Ha una persistenza in bocca davvero notevole.

Sassicaia 2000  (85% Cabernet Sauvignon 15% Cabernet Franc)

Doc Bolgheri Sassicaia

Un’annata speciale, che è andata addirittura in orbita, con una missione dell’Agenzia spaziale Europea. Il colore esprime una curva evolutiva che presenta delle nuance porpora, rubino, granato, Complesso ed elegante, un vino in cui si evincono i sentori terziari: c’è la scatola di sigari, ci sono i legni nobili, l’incenso, un aroma tra l’affumicato legnoso quasi ad evocare un camino appena spento.

Sassicaia 1996 (85% Cabernet Sauvignon 15% Cabernet Franc)

Doc Bolgheri Sassicaia

Meno imponente degli altri vini assaggiati, più trasparente nel colore, meno imponente, che è un rosso granato più evoluto.Naso buonissimo ma più eereo rispetto al precedente vino.  La frutta richiama alla confettura, alla prugna secca. È molto forte l’impronta delle spezie, del pepe nero, della noce moscata, un accenno di chiodi di garofano, sa molto di liquirizia e un pochino di cardamomo. Ma anche cipria, di prodotti cosmetici, tutte caratteristiche dell’evoluzione, e di  tabacco da pipa. Il naso è un po’ più stretto e indirizzato verso il terziario.

Sassicaia 1989 (70% Cabernet Sauvignon 30% Cabernet Franc)

Vino da Tavola

Un rosso granato evoluto; al palato è sottile ma i tannini sono integri e rotondi. Ruggine e foglie secche al palato, frutta essiccata , ginepro.