Unica, fantastica e irripetibile: verticale Terra di Lavoro 2015-1997 Galardi in una serata emozionante con Riccardo Cotarella


Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

di Teresa Mincione

Ai piedi dello splendido borgo medioevale di Presenzano, presso Le Due Torri, roccaforte di Salvio Passariello, struttura a chilomentro zero per la selezione di carni provenienti dall’allevamento di famiglia di Razza Marchigiana, si è svolta la verticale storica di Terra di Lavoro, blend pluripremiato di Aglianco (80%) e Piedirosso (20%). Un’icona di stile nata a Galardi nei comuni di Galluccio e Sessa Aurunca, nella regione che fino ai primi del ‘900 fu la provincia di Terra di Lavoro. Due cugine, Maria Luisa Murena e Dora Catello e i rispettivi mariti, il barone Roberto Selvaggi scomparso nel 2001 e Arturo Celentano, sommelier e Francesco il fratello di Dora, sono i protagonisti di una avventura nata per gicoo nel 1993, quando si carezza l’idea di produrre un po’ di vino per autoconsumo. Due annate, 1994 e 1995, poi subentra Riccardo Cotarella e dal 1997 il vino diventa l’oggetto dei desideri, soprattutto dopo la benedizione di Parker che lo paragona ai grandi chateau bordolesi.

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

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LE PREMESSE
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Nei 10 ettari di vigneto, esposti a Sud – Ovest su terreni di natura vulcanica fra i 400 e i 500 metri, digradanti verso il mare sull’incantevole golfo di Gaeta, l’intensità e lo spessore dell’Aglianico e l’immediatezza del Piedirosso hanno trovato una sublime combinazione per un vino  che ha saputo superare indenne mode e critiche. Un evento più unico che raro quello del 15 gennaio scorso che ha visto il risveglio dal sonno del tempo di ben 17 millesimi: dalla 1997 alla 2015 (saltando la 2001 e la 2002). Emozione e commozione si toccavano con mano per l’unicità del momento, non essendo mai state aperte in un’unica occasione, tutte le annate, dall’inizio dell’attività sino ad oggi.  Special guest, Riccardo Cotarella, non solo l’enologo di fama mondiale particolarmente sensibile al recupero e alla valorizzazione di vini del meridione, ma soprattutto colui che dalla fondazione dell’azienda Galardi, ha seguito, passo dopo passo, la nascita di un mito. Un vino di grande struttura tutto campano, il Terra di Lavoro, oggi, sul podio dei migliori d’Italia; un’istituzione enologica che ha saputo guadagnarsi l’apprezzamento di critici di tutto il mondo, ottenendo riconoscimenti a livello mondiale. Sotto la denominazione risponde come Campania IGT. “Nato dalla caparbietà di una persona alla quale non ho saputo dire no, racconta Cotarella, e dal suo desiderio di fare vino nella propria azienda. Senza quella caparbietà e quell’amore questo vino non sarebbe mai nato”. Avevamo dei dubbi se quel territorio fosse adatto a fare vino di qualità, e il tempo ci ha risposto. Si è partiti con rese basse per poi arrivare a rese ancora più contenute. Le macerazioni sono state notevolmente ridotte e anche il cambio del legno ha fatto la sua parte”. Oggi il Terra di Lavoro invecchia in piccole botti di rovere, 12 mesi in barrique nuove di Allier e Never. Quando parla della Campania Coratella si emoziona  precisando che la Campania gli ha acceso la mente. Cos’è Terra di lavoro?  E’ fare vino dove nessuno lo ha mai fatto;  è il risultato di un territorio e non di un’azienda che produce vino tot court. Non è un vino piacione o un Aglianico nella sua declinazione più tradizionale. A chi chiede quale fosse il carattere più importante di questo vino, senza esitazione risponde: “ il territorio”. Nasce su un territorio particolare, forte, lavico, dove insistono castagneti e boschi e questo contribuisce a renderlo unico nel suo genere. E’ un  vino che ha acceso grandi luci su di me e sulla Campania. Devo molto a questo vino. In Campania è cambiato l’approccio al vino. E’ una regione baciata da Dio, con grandi vitigni e grandi territori dalla grande trasversalità e storia dentro di se. E’ la prima ragione del centro sud che non disdegna di confrontarsi con i grandi vini piemontesi e toscani”.

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Ai calici..

La 2001 e la 2002 mancano per indisponibilità di bottiglie e per una partita poco felice.

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LE NOTE DEGUSTATIVE
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Maria Luisa Selvaggi e Arturo Celentano

Maria Luisa Selvaggi e Arturo Celentano

Terra di Lavoro 2015 Rubino intenso. Il bouquet ancora tutto in potenza racconta di gioventù tanto all’olfatto quanto al gusto. Ciliegia croccante, mora, ribes nero, rosa canina, melagrana. Il sorso è vigoroso e scalpitante impreziosito da un tannino ruggente ma che ben promette. Ritorni di melagrana sul finale. Intrigante la spalla acida ancora da calibrare.

Terra di Lavoro 2014 Rubino luminoso. Spezie e frutta sono fuse in un unicum di qualità. Sottili refoli di ciliegia, rosa canina, ribes, mora  si uniscono a picchi di spezie scure. Radice, pepe nero in grani, ginepro, china. Al palato offre maggiori spunti della 2013 per acidità e sapidità. Un’ottima materia prima che il tempo saprà intarsiare.

Terra di Lavoro 2013 Rubino. Naso immediato di frutti rossi e neri, tracce ematiche e ferrose si uniscono agli aromi tostati. Cacao, mirtilli, more e erbette aromatiche. Cenere in sottofondo.Palato fresco e vivace per una sapidità che si abbraccia a una vena minerale. Tannini ancora vigorosi ma dal tessuto di qualità. Tanta materia e tanta strada ancora da percorrere.

Terra di Lavoro 2012 Rubino luminoso. Nato da un’annata fresca regolare offre un naso femminile incentrato sui tratti di ciliegia, lamponi, prugna. Accessibile in ingresso, conversa con il lento scorrere dei secondi. Al palato appare leggermente scisso rispetto all’olfatto confrontandosi con sentori scuri e maschili. Il tannino svela la matrice lavica. Piacevole la sensazione amaricante che bilancia le note dolci sul finale. Buona chiusura in accordo tra acidità e lunghezza. L’annata fresca ha regalato un tenore acido più alto. Un vino che ha iniziato il suo cammino nel tempo, che vezzeggia con il degustatore mostrandosi in entrata semplice e diretto per poi svelarsi nella sua interessante complessità.

Terra di Lavoro 2011 Rubino vivido. Figlio di un’annata calda in cui la componente fruttata è messa in secondo piano per il prevalere della nota fumè. Tamarindo, tabacco, china, ruggine, corteccia, pepe nero. Al gusto esprime un tratto vegetale che ben convive con la nota amaricante in chiusura. Anche la carica tannica contribuisce a far di questo calice l’espressione più ruggente e mascolina delle annate di Terra di Lavoro. Un calice in cui domina l’impronta dell’Aglianico e  della stagione.

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Terra di Lavoro 2010 Rubino intenso. Il bouquet in apertura racconta tracce di incenso, prugna, ginepro, cioccolato fondente, carruba. L’anima fruttata è matura nei refoli di ciliegia, marasca, ribes nero, mirtillo. Grafite ad un lento roteare. Buona l’acidità in apertura di sorso e equilibrato nel complesso. Il tannino è composto e piacevole e contribuisce ad una buona estensione di bocca. Il fil rouge della nota amara ben si sposa con una chiusura virata sulle spezie e sulla nota fumè.

 Terra di Lavoro 2009  Il colore si colloca a metà strada tra il rubino e il granato dalla trama leggermente più scarica.Un’annata caratterizzata da leggere piogge, ma ciò non ha scalfito la compostezza del vino. Stratificato nelle linee olfattive, un pot pourry di ginepro, pepe in grani, noce, castagna. Lentamente terra bagnata, cenere, mirtillo, radice. La traccia ematica è sul fondo. Sul finire è la balsamicità a arricchire il bouquet. Al gusto si svela il più esile dei millesimi in degustazione ma conserva tanta eleganza e agilità. Ha un volto sicuramente più moderno. Azzardando il paragone è il più borgognone della verticale. Figlio della stagione, frutto anche dell’innalzamento delle temperature di fermentazione.

Terra di Lavoro 2008  Granato. Un calice che dopo dieci anni entra nel cuore della sua maturità esprimendo la complessità del grande vino. All’olfatto sbuffi balsamici prevalgono sull’intero bouquet, anche per evoluzione. Fico secco, violetta selvatica, tabacco, pepe nero. Una performance di grande complessità e in assoluto equilibrio. Ricca ma allo stesso tempo fine ed elegante.  Il tannino arricchisce la beva ma con eleganza. Buon rapporto acidità -lunghezza anche nel finale.

Terra di Lavoro 2007 (magnum) Granato. L’impressione iniziale è quello di tuffare il naso in un cesto di frutta e spezie dolci. Grafite in sottofondo. Non tarda la componente balsamica. Al gusto è diretto e schietto nel mostrarsi più giovane dell’età che ha. Un “trentenne palestrato” e ruggente. Al palato è rampante anche nel tannino. Spiccata sapidità dalla verve fresca e percettibile. Particolare il ritorno di zolfo anche al gusto. Buona la componente acido-sapida. Il fin di bocca richiama in modo netto gli aromi della macchia mediterranea.

Terra di Lavoro 2006  Granato. In una parola..Eleganza.
Il bouquet è pieno e maturo e rivela la grande stoffa del territorio. La componente fruttata è leggermente in secondo piano. Sciolgono le briglie le tonalità eteree, letteralmente inebrianti, tra refoli di tabacco, cuoio, grafite, cacao amaro, chiodi di garofano, liquirizia. Terra bagnata, tartufo. A seguire la frutta rossa sino ai picchi balsamici che concorrono nel corredo affascinante. Un vino dalla stoffa aristocratica, dalla grande complessità, equilibrato e generoso nel concedere piacere a chi lo assaggia.

Terra di Lavoro 2005 (magnum)
Granato. Bisogna scavare per cogliere la poliedricità di questo Terra di Lavoro. L’annata piovosa ha inciso sul calice. Austerità e alcol importanti. Profumi scuri di china, humus, a comprimere un côté fruttato peraltro impeccabile. In apertura frutta rossa, frutti di bosco, marasca, mora, poi viola, lavanda, e liquirizia anticipano i refoli ferrosi e ematici. Il sorso è delineato dalla fittezza dei tannini e dalla impertinente irruenza. Spigoloso. Buona acidità che si intreccia alla compiuta sapidità del sorso. Nel quadro dell’evoluzione leggermente un passo indietro rispetto alla 2004. Interessante la persistenza accompagnata da un particolare ritorno di echi balsamici in chiusura.

Terra di Lavoro 2004 Granato. Un calice accademico vero e proprio!A scuola di Aglianico potremmo dire. Sfoggia un naso declinato ai frutti rossi a tutto tondo, accompagnati da picchi di liquirizia, cioccolato, violetta e more. Al palato è grintoso e scattante intarsiato nella traccia ematico-ferrosa. Radice e pepe nero. Interessante la verve acido – sapida accompagnato da tannini integrati e gustosi. Retrolfatto fruttato con finale di spezie.

Terra di Lavoro 2003: Granato. Millesimo caldo che ha comportato una grande concentrazione del frutto e delle spezie a livello gusto olfattivo. Grasso e tannico dal tannino spigoloso (assomiglia alla 2011 per il tannino)  che impedisce un riassaggio di gusto. Perde la nota amaricante sul finale.

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

 Terra di Lavoro 2000 Granato. Nocciola, carruba, bacche di ginepro, liquirizia, sottobosco. Tartufo. Si perde la nota fumè presente nei precedenti millesimi ereditando la grassezza dei toni per l’annata calda. Al palato è calibrato su sentori dolci. Pecca di verticalità: un tocco di freschezza in più avrebbe giovato alla beva. Tannini modulati.

Terra di lavoro, Salvo Passariello, patròn delle Due Torri

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TRITTICO MEMORABILE
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Terra di Lavoro 1999 Calcio di rigore a porta vuota.

Roberto Selvaggi. Galardi, dicembre 1999. Foto di Tano Pecoraro

Granato. Un’espressione classica di terra di lavoro che ben si racconta tra le note di sottobosco, castagna, carruba, humus. Profumi maturi e carnosi precedono la nota fumè che affiora lentamente e arricchisce il bouquet.  Confettura di more, amarene sotto spirito, mora, cacao amaro. A seguire toni leggermente vegetali e balsamici avvolti da un velo epireumatico. L’approccio gustativo è generoso… un pugile dotato di grande leggiadria. Straordinario il tannino setoso e levigato,  grande materia eppure rinfrescata dall’acidità al momento giusto.
Persistenza che gioca la rincorsa tra refoli di cacao amaro e pepe nero.

Terra di Lavoro 1998: Granato.

Un vino di 19 anni con ancora un colore rubino-granato incredibilmente luminoso. Naso dal complesso corredo terziario che poggia su una grande balsamicità (più balsamico della ’99) e su solidi pilastri di carruba, macchia mediterranea, bacche di ginepro, castagna, gheriglio di noce, pepe bianco, tabacco mentolato, humus. A seguire confetture, legno di sandalo, violette essiccate e una leggera nota fumè. Al gusto rivela un apparato alcolico e strutturale seducente, quasi ad infondere al degustatore la grande anima dell’Aglianico. Tannino modulato e di piacere.  Il riassaggio è doveroso.

 Terra di Lavoro 1997: Emozione pura sin dal colore che conserva una integrità da far invidia nella su nuoce granata. Ventun’anni e avere ancora la capacità di far esclamare: “ ah, però”!E’ il desiderio nascosto di ogni produttore. Una personalità strepitosa oltre l’annata e il tempo. Un concerto incessante di profumi evoluti che ondeggiano tra goudron, prugna matura, carruba, pepe nero, incenso, tamarindo, cotogna, rabarbaro. Il roteare diventa una poesia nei refoli sottili ma turgidi di ferro, legno di cedro su sottofondo minerale, tabacco scuro. Tratti balsamici  e un’incantevole nota fumè compaiono solo sullo sfondo. Il sorso è all’insegna della fusione e dell’integrazione con la parte tannica quasi impalpabile che diventa parte integrante e inscindibile di un unicum gustativo profondo, in cui è bello rintracciare cenni di arancia amara e spezie dolci. Una bocca che avvolge per eleganza, equilibrio e sapidità. E’ la macchina del tempo chiamata Terra di lavoro Aristocratico e di grande personalità…0 Pura essenza oltre la sostanza.

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CONCLUSIONE

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Verticale Terra di Lavoro

Verticale Terra di Lavoro

“Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. Ciascuno con il proprio talento”. Le parole di Paolo Coelho, tratte dal libro “le Valchirie”, sintetizzano perfettamente la storia di Dora e Arturo Celentano. La realtà, che ha saputo coincidere con il sogno, è nei fatti, un divenire capace di superare gli uomini e il tempo per testimoniare il lavoro quotidiano di una famiglia del vino italiano che ha reso onore a un territorio sul quale nessuno avrebbe scommesso. Eppure, loro lo hanno fatto e sono riusciti a produrre uno dei vini migliori d’Italia capace di rappresentare al meglio uno dei volti della Campania. Il Terra di Lavoro per quanto evolva non tradisce mai l’anima dell’Aglianico nella personalità e nell’impronta tannica seppur magistralmente espressa. Lontano da essenze ruffiane e morbidezze, nell’ispirarsi all’eleganza e alla territorialità, vuol esser ciò che è: un vino senza tempo. E’ questa la sua vera forza: ispirarsi e parlare la voce di Terra di Lavoro.

Verticale terra di lavoro 15 gennaio 2018

Verticale Terra di lavoro: Maria Luisa Selvaggi, Riccardo Cotarella, Luciano Pignataro e Arturo Celentano

Galardi srl Azienda Agricola Biologica
Strada provinciale Sessa Mignano
81037 S. Carlo di Sessa Aurunca CE
tel:0823708900
www.terradilavoro.it
[email protected]

La precedente verticale di Terra di lavoro 2009-1997 del 2010

 

7 Commenti

  1. Un grande vino… con il “Gladius” di Spada ed il “Vigna Camarato” di Villa Matilde 3 Falerno del Massico, perche’ poi tali sono, superlativi…. Orgoglio enologico Campano ed Ilalico…UP!!

  2. Cotarella ,interpellato da me più volte su questo vino ama ripetere :”non solo tra più grandi d’Italia ma diciamo pure del mondo”.Detto da chi fa consulenza enologica in mezzo mondo credo che l’affermazione la possiamo sicuramente dare per buona.Nel mio piccolo l’ho ribattezzato il Sassicaia del sud: purtroppo prodotto in quantità inferiore e per questo difficilmente reperibile.FM.

  3. Mi spiego.Come il Tignanello ed il Sassicaia hanno sdoganato il vino italiano a livello internazionale nello stesso tempo il Montevetrano ed il Terre di Lavoro hanno fatto parlare della Campania come di una regione capace di fare grandi vini capace di affrontare i mercati mondiali ad armi pari con i cugini francesi nonché gli allora emergenti californiani.FM.

  4. Grande rosso campano, l’ unica cosa sulla quale non sono pienamente d’accordo è: “annata 2001 manca per una partita poco felice”, Non direi proprio, ricordo che nelle verticali precedenti è stata definita tra le migliori, se occorre, alla prossima degustazione , sarei ben lieto di inviarVi qualche bottiglia per farla inserire negli assaggi. Naturalmente sarei tra i fortunati assaggiatori.

    1. Certo Mario, la 2001 è una buona annata. urtroppo la bottiglia in degustazione aveva tappo mentre la 2002 si è deciso di escluderla a priori

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