Vini di Cantine del Notaio – Radici del Sud 2017


Vini delle Cantine del Notaio piazzati a Radici del Sud 2017

Vini delle Cantine del Notaio piazzati a Radici del Sud 2017

di Enrico Malgi
In Basilicata la viticoltura ha radici profonde e connotazioni antiche, anche se, come in tutto il Meridione d’Italia, è soltanto da pochi anni che è stata abbandonata quella cultura arcaica ed empirica che per troppo tempo ha condizionato e penalizzato fortemente lo sviluppo enologico locale, per approdare finalmente nella modernità e nel progresso. La specie varietale che ha permesso il salto di qualità è stata la coltivazione dell’aglianico nell’areale del vulcano spento del Vulture, consentendo quindi di imprimere una svolta epocale alle sorti vitivinicole indigene.

Una delle aziende che si sono fatte promotrici del radicale mutamento è stata quella di Cantine del Notaio di Rionero in Vulture, appartenente alla storica famiglia Giuratrabocchetti, nata appena nel 1998 ma che da subito è stata protagonista con i suoi vini curati dal professore Luigi Moio e lasciati a maturare in antiche grotte di tufo del 1600. I nomi delle etichette richiamano tutti l’attività notarile, così come lo stesso titolo aziendale, volendo ribadire in tal modo l’antica professione familiare.

Controetichette vini delle Cantine del Notaio piazzati a Radici del Sud 2017

Controetichette vini delle Cantine del Notaio piazzati a Radici del Sud 2017

I magnifici vini prodotti hanno ricevuto fin dall’inizio grande consenso da parte della critica e dei consumatori. A Radici del Sud, per esempio, da anni sono abbonati al successo ed anche per l’anno 2017 non si sono voluti smentire. Il Sigillo Aglianico del Vulture Doc 2011 ha conquistato la seconda piazza assoluta come decretato dalla giuria dei Winner Wines e così parimenti lo spumante rosato La Stipula Rosé Brut Metodo Classico 2011 si è piazzato al secondo posto nella sua categoria, come hanno sancito i giudici dei Wine Buyers.

Aglianico in purezza per il Sigillo 2011, le cui uve sono state raccolte surmature alla fine di novembre. Macerazione lunga che si protrae per circa un mese. Maturazione del vino in carati o tonneaux di rovere francese per due anni e poi elevazione in vetro per un altro anno. Il tenore alcolico arriva a toccare i quattordici gradi. Il prezzo finale della bottiglia è di 35,00 euro.

Luminoso e limpido il bel colore rosso granato che si scorge nel bicchiere. L’impatto olfattivo è sicuramente coinvolgente per gli intensi profumi che rievocano odori del sottobosco come more, mirtilli, ribes e lamponi,  nitido cotè speziato di noce moscata, di chiodi di garofano e di vaniglia. Sussurri di mallo di noce e di violetta. Avvolgente il tenore sapido-minerale. Evoluti i toni floreali, le nuances sulfuree e le parvenze cioccolatose, tostate e mentolate. L’approccio in bocca del sorso è subito permeato da un rigore aristocratico e di grande finezza. Vino morbido, fresco, succoso e sensuale, ma anche strutturato, corposo, imponente e potente. Nobili e masticabili i tannini. Palato armonico ed equilibrato. Allungo finale persistente, che appaga oltremodo le papille gustative. Ancora lunghi anni di serbevolezza. Da preferire su capretto al forno, pecorino di Filiano, canestrato di Moliterno e lucanica di Picerno.

Per la produzione della Stipula anche qui si impiega soltanto aglianico. Vendemmia effettuata a fine settembre, perché l’uva matura più lentamente in alta collina come succede nella vicina Irpinia. Fermentazione in acciaio per quindici giorni. Rifermentazione in bottiglia per un anno e mezzo. Dopo la sboccatura, l’inoculazione del liqueur d’expedition è senza zuccheri ed il rabocco è fatto con lo stesso vino. Tredici i gradi alcolici. Prezzo della bottiglia sotto i 20,00 euro.

Anche in questo caso si è avuta conferma della bontà dell’aglianico vulturino. Alla vista lo spumante esibisce il colore rosa salmonato brillante. Spuma compatta e connotata da un cordon lunghissimo. Perlage da manuale, contraddistinto da grana piccola, numerosa e duratura. Bouquet ammaliante, che cattura le narici sfoggiando intensi profumi di sottobosco, fragranze agrumate, vezzi floreali di petali di rosa, suadenti proposizioni di cassis, di crosta di pane e di pasticceria e reminiscenze di sambuco, anice, miele e salvia. In sottofondo si evidenziano anche sospiri sapidi e fumé. L’ingresso in bocca del sorso è immediatamente fresco, secco, vivace, soave, leggiadro, cremoso, elegante, succoso e fine. Gusto impreziosito da voluttuose sensazioni di frutta fresca e candita. Ampio il palato, stimolato da un garbato piglio seduttivo. Sulle onde della lunghezza l’appagante retrogusto. Ottimo come aperitivo, accompagnato da finger food, ma meglio ancora abbinato a crudité di mare, a molluschi, crostacei e ad un ricco risotto ai frutti di mare.

 

Sede a Rionero in Vulture (Pz) – Via Roma, 159
Tel. 0972 723689 – Cell. 335 6842483 – Fax 0972 725435
[email protected]www.cantinedelnotaio.it
Enologo: Luigi Moio
Ettari vitati: 40 – Bottiglie prodotte: 250.000
Vitigni: aglianico, moscato, malvasia bianca e chardonnay

5 Commenti

  1. Basilicata uguale Aglianico.Punto.In un mondo che chiede prodotti diversi puntare quasi tutto su monovitigno si sta rilevando purtroppo un tallone di Achille visto che la produzione e vendita risultano stagnanti se non in calo con tanti produttori locali che abbandonano a favore di aziende esterne che a prezzi stracciati stanno facendo chopping di vigne e terreni.Cantine del notaio ed altre storiche tengono alto il vessillo regionale ma sono poche e sopratutto non fanno sistema.Speriamo bene!PS.Riguardo la Stipula ho qualche perplessità:Il metodo classico è complessità elegante che nel nostro caso viene a mancare per la presenza un po’ marcata dei tanninini dell’Aglianico.FM.

  2. Caro Francesco grazie sempre per il tuo puntuale e preciso intervento. Cerchiamo però di fare un pò di chiarezza:
    1) Una regione piccola come la Basilicata secondo me ha fatto bene ad orientarsi verso una monocultura viticola di qualità ed i risultati nel complesso sono molto confortanti checché se ne dica. Senza trascurare poi che in alcune zone regionali, specialmente nel Materano al confine con la Murgia Barese, si sperimentano altri vitigni, tipo il primitivo, con lusinghieri risultati ed anche qualche specie a bacca bianca non proprio autoctona;
    2) Per quanto riguarda lo spumante rosato a base di aglianico, c’è da sottolineare che negli ultimi tempi sta avendo un grosso successo in tutto il Meridione. Dalla Sicilia, alla Calabria, dalla Puglia, alla Basilicata e, naturalmente, passando per la stessa Campania, sono molte le aziende che si cimentano, sempre supportate da esiti incoraggianti. E’ vero che l’aglianico è tannico, ma è anche vero che possiede una spiccata acidità che lo rende ideale per la spumantizzazione. E poi il metodo di lavorazione delle uve e lo stesso procedimento classico rendono lo spumante aglianico un prodotto di alta qualità, associato poi spesso ad un prezzo molto conveniente. Altro discorso sarebbe se si usasse il metodo Charmat-Martinotti, che infatti è quasi irrisorio.

  3. Secondo me il Vulture fa bene a puntare quasi tutto sull’Aglianico e sulle sue varianti: rosato, spumante secco, spumamante dolce.
    Però c’è anche da dire che il Vulture grazie alle peculiarità del suo suolo vulcanico e del suo microclima ben si presta alla coltivazione e vinificazione di altre uve non autoctone soprattutto bianche: es. Moscato, Malvasia, Fiano, Traminer, Muller, Chardonnay etc con ottimi risultati (Paternoster, Re Manfredi, D’Angelo, Martino in primis).
    Anche qui bisognerebbe fare sistema ed uniti puntare a far conoscere soprattutto in Italia ma anche all’estero i prodotti del Vulture, integrando la promozione del vino con quella del miele, delle acque minerali, delle castagne oltre che del territorio stesso sottovalutato a livello turistico ma con grandi potenzialità.

  4. Giusto gentile sig. Denny. La Basilicata possiede potenzialità ancora inesplorate e non solo nel settore agro-alimentare-vitivinicolo. Ma per fortuna negli ultimi tempi qualcosa si è mosso e le cose sono sicuramente migliorate. Anche l’immagine stessa della regione è cambiata, tanto che adesso è vista sotto una luce diversa. Si riscontra più visibilità ed attenzione verso una regione ancora in parte sconosciuta, ma che è in fase di esponenziale crescita.

    1. E’ vero, qualcosa sta cambiando nella visibilità della regione, quello che mi auspico che l’occasione di Matera 2019 faccia da traino per tutta la regione e non solo per la bella città dei Sassi, e qui dovrebbero essere messi da parte vecchi e nuovi campanilismi che nuociono a tutti.
      Perché da un’occasione come questa devono essere messi le basi per un fututo turistico sostenibile per tutta la regione che purtroppo non è aiutata dalla mancanza di infrastrutture e trasporti.
      Un caro saluto

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