Zibibbo 2009 Sicilia igt Ajello


Lo zibibbo 2009 di Ajello

Uve: moscato d’Alessandria (zibibbo)
Fascia di prezzo:  da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

Io ho sempre avuto un passione smisurata per i rossi, vivendo in una terra di grandi rossi, caldi, potenti, generosi, da vitigni autoctoni di grande spessore come il Nero d’Avola, il Pignatello o il Nerello Mascalese. Negli ultimi tempi però, sarà perché sono diventato vegetariano e forse complice anche il caldo estivo, mi sto ritrovando ad apprezzare i nostri favolosi bianchi, siano essi acidi o morbidi, da uve autoctone o alloctone.

Il paesaggio

E anche stavolta, sempre per un vino bianco, ci spostiamo da Castelvetrano (la fiorente cittadina dove vivo, in provincia di Trapani) verso Mazara del Vallo (uno dei più importanti porti pescherecci d’Italia e, a tutt’oggi, il comune più vitato della provincia di Trapani, con oltre 13.000 ettari di vigneti). Appena arrivati, ci immettiamo nella SP 50, in direzione della Località Borgata Costiera. Dopo pochi minuti ci appare l’indicazione “Strada del Vino Val di Mazara”.

Il vigneto

La strada è senza dubbio molto panoramica e suggestiva, una di quelle strade da fare in motocicletta, costellata di bagli e vigneti, anche se spesso abbandonati e lasciati all’incuria. Per tutto il tempo, ammiriamo un verde e continuo susseguirsi di vigneti, di cui alcuni in piena vendemmia. Arriviamo ad un tratto in cui il paesaggio sembra cambiare di colpo, e ora  i campi “verdi” dei vigneti si alternano a campi  “scuri” di terra incolta e a campi “gialli” di “restuccia”, ossia di stoppie, ciò che rimane dopo che un campo coltivato a seminativo è stato sottoposto a mietitura. Il contesto è decisamente caldo e assolato e, per certi versi, richiama alla memoria quello del  “latifondo” della riforma agraria degli anni ‘50.

L'azienda Ajello

 La cantina verso cui ci stiamo dirigendo è l’Azienda Agricola Ajello, nella Contrada Giudeo, in pieno Agro di Mazara del Vallo, a circa 12 km di distanza dalla ridente città portuale. La tenuta, il cui primo nucleo risale al 1860, ha una estensione complessiva di 124 ettari (di cui poco meno di 70 a vigneto) e si trova in una privilegiata giacitura collinare (circa 200 metri s.l.m.), con terreni argilloso-calcarei (che conferiscono sia struttura che eleganza ai vini) e buona ventilazione (confermata dalla presenza di alcune turbine eoliche nella zona e di altre centraline di monitoraggio pre-impianto). Non serve essere agronomi per “afferrare” la grande vocazione del sito per la vigna.

Un momento della degustazione. Da sinistra Carmelo Corono, Ajello e due ospiti

All’interno del caratteristico baglio ottocentesco, un tempo plastica espressione di una forte autarchia agraria, oggi, dopo una magistrale opera di recupero, è stata ricavata la sede aziendale, mantenendo i colori e l’”aria” del tempo. Il titolare, Salvatore Ajello, ci accoglie con garbo e gentilezza, da vero “signore di campagna”, e mostrandoci gli interni dello storico edificio di famiglia, ci fa poi accomodare in quella che è stata adibita a sala da degustazione. Una finestra aperta, mostra, in una visione mozzafiato, parte della tenuta, che il casale domina interamente dalla sua centralissima posizione. Il moscato d’Alessandria, volgarmente chiamato “zibibbo” in terra di Sicilia (dall’arabo Zabib, cioè “uva passita”), è sempre stato in effetti interessato ad interpretazioni di tipo passito o comunque dolce, ma nell’ultimo decennio non sono poche le aziende che, variando sul tema, hanno realizzato interessanti esempi di versione “secca” del vino da esso ottenuto. A onor del vero, lo zibibbo, nella tradizione pantesca, è stato anche vinificato secco. Per questo fine un’uva dolce a forte base aromatica pone però, sul piano squisitamente enologico, problemi alquanto delicati. Qual’é il residuo zuccherino compatibile con un dato grado alcolico e con la relativa acidità. L’Azienda Agricola Ajello produce dal 2007 una versione “secca” di zibibbo,  che alla edizione palermitana del Concours Mondial de Bruxelles 2010 si è aggiudicato, per la vendemmia 2009, nientemeno che la Medaglia d’oro. Vendemmiato a completa maturazione (ma non oltre), lo zibibbo fermenta fino al raggiungimento di un certo tenore alcolico, lasciando così un minimo residuo zuccherino che oltre a conferirgli quella interessante punta di “abboccato” gli dona quella suadente morbidezza che lo contraddistingue, pur con quella sua solida spina dorsale di freschezza che lo rende gradevolissimo e abbinabile, a tutto pasto, a preparazioni che siano caratterizzate soprattutto da sapidità e aromaticità. Se la fermentazione proseguisse fino al totale svolgimento, lo zibibbo totalmente secco sarebbe caratterizzato da un singolare retrogusto amaro decisamente poco gradevole. L’occhio è nettamente cristallino, di un giallo paglierino carico con luminosissimi riflessi dorati. Il naso è inequivocabilmente quello del vitigno aromatico, di grande intensità, con gradevolissimi sentori di zagara,  miste a piacevoli note mentolate. Il naso ci avverte anche, in modo chiaro, del non indifferente carico alcolico (14.5 gradi). La  bocca è, senza dubbio, calda, intensa ed avvolgente, con una dolce morbidezza, confermata da quella piacevole punta di “abboccato”, però sostenuta nervosamente, e in modo quasi sconvolgente, da un asse acidità/sapidità senza pari, grande equilibratore. Buona la persistenza gusto-olfattiva, che chiude con un finale di note agrumate e balsamiche. Dopo circa 15 minuti, interessanti descrittori di agrumi canditi, fanno la loro comparsa a bicchiere svuotato. Lasciamo il tavolo da degustazione, che alla fine della sessione, sembra un vero campo di battaglia. Quasi una moderna versione di natura morta. Il dott. Salvatore Ajello, gentile e cordiale come sempre,  ci fa strada per raggiungere la cantina, a poche centinaia di metri dal vecchio casale di famiglia e interamente circondata dai vigneti. Come lui ama ripetere, la cantina è “senza fronzoli e senza archi”, per significare che è stata concepita esclusivamente per assecondare le delicate e prioritarie esigenze tecnologiche dell’affascinante “liquido odoroso”, piuttosto che privilegiare pittoresche e suggestive ma poco funzionali vedute. Devo anche ammettere che è la prima volta che mi capita di poter visitare una cantina durante la vendemmia. Ci mostra, infatti, i pannelli di controllo termico dei vinificatori in funzione. Il tipico odore di “vinoso” impregna ogni angolo della cantina. Cedo, con entusiasmo, alla tentazione di affondare il naso nella vinaccia ancora umida, fresco e profumato residuato dell’ultima sgrondatura della giornata.

L'azienda

Il caldo ed impegnativo pomeriggio volge al termine. Lungo il viaggio di ritorno, contemplando, con una luce diversa, ciò che abbiamo ammirato durante il tragitto di andata, e continuando ad assaporare (mentalmente) i vini degustati in azienda, ci sentiamo in pace con il mondo intero.  Lo scrittore francese Stendhal (al secolo, Marie-Henri Beyle, 1783-1842) diceva che chi avesse provato cinque o sei volte in una vita il sentimento di una perfetta felicità, doveva considerarsi esaudito, appagato. Se le cose stanno così, soprattutto dopo questo “luminoso” pomeriggio, è il caso di rifletterci sopra. E mi viene da pensare a quelle centinaia di milioni di individui nel mondo che, convinti di essere felici, stanno visitando un qualunque festoso e rumoroso centro commerciale, magari con una lattina rossa in mano. Ho abbinato lo Zibibbo secco di Ajello (portandolo ad una temperatura di circa 10 gradi) agli spaghetti all’uovo di tonno (bottarga), una delle preparazioni più tipiche ed antiche che si possono trovare in terra di Sicilia, risalenti al periodo in cui l’isola era ricca di “tonnare”, grandi e suggestivi stabilimenti adibiti alla cattura e alla lavorazione del tonno. E la bottarga (ossia la sacca ovarica del tonno, salata ed essiccata) è, assieme al mosciame (la carne del tonno macerata in salamoia e poi essiccata) ed al lattume (lo sperma rosa del tonno), uno dei classici “prodotti di tonnara”, ancora oggi molto apprezzati e rinomati. Da un punto di vista squisitamente organolettico, questo primo piatto si caratterizza per sapidità (bottarga, pecorino), aromaticità (aglio, prezzemolo, pecorino), untuosità (olio), persistenza gusto-olfattiva. La morbidezza, il corpo e la buona persistenza aromatica intensa dello Zibibbo di Ajello, fanno dell’abbinamento operato, una mossa abbastanza riuscita. Sono le “piccole” cose della vita, che fanno “grande” la vita.

 Questa scheda è di Carmelo Corona

 Azienda Agricola Salvatore Ajello – Sede in Contrada Giudeo, Mazara del Vallo (TP). Tel. e fax 0923 941218 (tenuta) – 091 309107 (uffici di Palermo). [email protected]www.ajello.it. Enologo: Stefano Chioccioli. Estensione tenuta: 124 ettari: Vigneti: 70 ettari, di proprietà. Bottiglie prodotte: 320.000. Vitigni: grillo, insolia, catarratto, zibibbo, chardonnay, nero d’Avola, cabernet sauvignon, merlot, cabernet franc, syrah. Prima vendemmia aziendale: 1999.

 

Un commento

  1. Senza dubbio altre due belle interpretazioni del singolare vitigno. A onor del vero, se non vado errato, la prima “versione liquida” di zibibbo “secco” risale ad una decina di anni fa, ad opera delle Aziende Vinicole Miceli di Sciacca ed ancora oggi in produzione: l’YRNM, da uve zibibbo coltivate nel loro “territorio elettivo”, Pantelleria.

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