Zimberno 2005 Aglianico del Vulture doc


LALUCE
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

Michele La Luce (foto di Giulia Cannada Bartoli)

Ove si chiarisce concettualmente il tema varietale dell’Aglianico, e di tutti i vitigni, in quanto è psicologico e poi gustativo
In occasione del Festival delle Piccole Vigne nell’ambito della festa del vino di Castelvenere e delle polemiche sull’abolizione della Fiera Enologica di Taurasi abbiamo cercato di mettere a fuoco il concetto di verità nel vino, destinato a diventare il primo parametro di scelta quando davanti ad uno scaffale ci troviamo offerte debordanti.
L’Aglianico di Michele Laluce narra della verità del suo essere contadino, come del resto dimostrano ampiamente le mani forti e callose di chi le usa per lavorare. Forse il segnale più evidente di omologazione in questi anni è proprio nel fatto che ormai tutti quanti abbiamo le stesse mani intonse e fresche.
Michele cura la sua vigna, distesa lungo la strada nera vulcanica che da Barile porta a Venosa e nel corso degli anni ha trasformato il casolare in una vera e propria cantina con tanto di sala degustazione dove presto, con Mauro Erro, forse ci piacerà molto organizzare la riunione carbonara delle piccole vigne lucane, nutrite dalla cucina di Federico Valicenti, chissà. In onore di Ninco Nanco.
Dov’è dunque la verità nel vino di Michele? Molto semplice: l’interpretazione assolutamente varietale dell’Aglianico.
Bene, ma qual è l’interpretazione varietale dell’Aglianico, quali profumi deve mai avere, e gli estratti? E l’alcol? E il colore?
In realtà l’interpretazione autentica varietale di un vitigno, dunque anche dell’Aglianico, è psicologica, cioè nella risoluzione, nel disvelamento, del genius loci per cui ogni vino, ogni uva, ha un compito preciso che l’ha salvaguardata nel corso dei decenni, a volte dei secoli, che non può essere tradito nella lavorazione nei campi e in cantina.
Interpretare il varietale di un vitigno è importante perché salvaguarda la differenza ed evita che tutti i vini siano distinti solo dal modo con cui sono chiamati.
L’Aglianico non è un vino chiccoso, è un rude lavoratore, ha le mani di Michele, tannini di eccesso, struttura caratteriale, freschezza sempre in esubero e avanti a tutto il resto. L’Aglianico non può esprimere sentori strepitosi se non dopo molti molti anni quando emergono i terziari, è un vino da abbinamento al cibo, al cibo di territorio. La sua non è una vocazione internazionale, bensì quella di essere moderno rispettando sino in fondo i motivi per cui lo hanno preservato lungo questa cazzo di dorsale appenninica meridionale così ostica e dannata.
L’Aglianico dunque non può essere sottile e neanche concentrato, non può essere mai morbido e neanche ricco di sentori da drogheria, può esprimere frutta rossa, tabacco, sciuscelle, fumata mineralità vulcanica e prendere in prestito talvolta agrumato come elemento di freschezza piuttosto che le note balsamiche rilasciate invece dalla barrique.
L’Aglianico si stappa almeno dopo quattro, cinque anni, prima solo se con merlot e primitivo al massimo cabernet ma non è più aglianico come il latte con il caffè diventa caffèlatte e non lattecaffé. Si apre davanti a cibi pensati nell’era in cui ancora non esistevano gli omogeneizzati e i batuffoli non era obbligati a rialfabettizzare il palato da adulti.
L’Aglianico, come il suo cugino bianco Greco, non deve stupire il naso, deve far godere il palato con un impatto rude ma non ostico, sempre costantemente fresco con rimandi di frutta rossa, deve sbattere la porta lasciando il palato assolutamente pulito e rinfrancato dalla acidità e possibilmente dalla sapidità.
L’Aglianico è come la rivoluzione: non è un pranzo di gala.
L’Aglianico si beve con gli amici veri, quelli dell’infanzia, oppure con persone cerebralmente curiose e affascinanti nel pensare.
L’Aglianico non è un vino di volume o volumi, bensì di illuminazione potente degli inferi del Sud.
Questo è il magnifico 2005 di Michele La Luce.

Sede a Ginestra. Contrada Serra del Tesoro.
Tel. 0972.646145.
www.vinilaluce.it
Enologo: Sergio Paternoster.
Ettari: 6 di proprietà.
Bottiglie prodotte: 25.000.
Vitigni: aglianico, moscato.