Progetto presidi Slow Food: intervista al responsabile Campania e Basilicata Vito Trotta


Dopo l’intervista al presidente di Slow Food Campania Gaetano Pascale, ora la parola a Vito Trotta, responsabile dei presidi di Campania e Basilicata.

di Monica Piscitelli

Cominciamo col chiarire delle cose apparentemente elementari: cosa è un Presidio Slow Food? E quale è il suo obiettivo?
Il progetto dei Presìdi è nato in Italia nel 1999. Ha quale principale obiettivo la tutela di produzioni a rischio di estinzione, attraverso azioni di valorizzazione. Slow Food è così entrata concretamente nel mondo delle produzione, conoscendone i territori, incontrando i contadini, gli allevatori, i pescatori e i piccoli produttori, lavorando con loro per aiutarli, per promuovere e far conoscere i loro prodotti, il loro lavoro, i loro saperi. In questo modo è stato possibile selezionare prodotti che altrimenti rischiavamo di scomparire dalle nostre tavole. Il risultato è oggi evidente: il recupero di antiche tecniche di produzione, il rispetto delle naturali vocazioni territoriali e l’attuazione di processi produttivi eco-sostenibili. Tutto ciò permette a noi di non perdere coscienza di quello che eravamo e di non disperdere un patrimonio di sapori-saperi.
Prima di essere una “semplice” eccellenza gastronomica, i Presìdi rappresentano un progetto
culturale, ambientale, economico, sociale che guarda alla maggiore responsabilizzazione dei produttori e ad una loro forte adesione alla filosofia Slow Food. Per questi motivi oggi, più che mai, i Presidi rappresentano una sintesi dell’eccellenza gastronomica regionale. I Presidi sono comunità del cibo di Terra Madre.

Vito Trotta, Responsabile Regionale Presidi Campania e Basilicata foto:m.p.


Quali sono i requisiti che deve avere un prodotto per diventare Presidio?

I criteri generali che devono essere rispettati per l’assegnazione della qualifica di Presidio Slow Food sono: il rischio di estinzione, reale o potenziale, il legame alla memoria e all’identità di un gruppo, il legame con il territorio in modo comprovato, la produzione di quantità limitate, la grande qualità organolettica e la loro validità anche in senso ambientale e sociale.
Pertanto prendiamo in esame quelle produzioni che abbiamo manifestato nel corso degli anni un crescente decremento delle quantità, ovvero quei prodotti che sono legati a un’area specifica da un punto di vista ambientale, storico e socio-economico, realizzati secondo pratiche tradizionali, da aziende agricole o di trasformazione di piccole dimensioni: in poche parole quei prodotti che rispettino i dettami del “Buono, Pulito e Giusto”.
A titolo d’esempio è possibile avviare un Presidio su specie vegetali che siano, oltre che varietà o ecotipi autoctoni e tradizionalmente coltivati nell’areale di riferimento, con caratteristiche peculiari dovute al legame col territorio e sviluppatisi grazie al forte collegamento con le caratteristiche pedoclimatiche di una particolare area. E’ valido anche nel caso si tratti di animali, che devono necessari mante appartenere a razze o popolazioni autoctone bene acclimatate in un territorio specifico nel medio e lungo periodo (normalmente si parla di almeno 50 anni).
Sottolineerei, infine il pulito e giusto di un prodotto, perché solo rispettando anche questi due elementi si può garantire il piacere del gusto che è il fondamento della filosofia di Slow Food.

Come si organizza, poi, una volta che ha i requisiti, e a che tipo di verifiche è sottoposto?
L’organizzazione di un Presidio è nei termini molto semplice, nelle modalità più articolata. Mi spiego. Innanzitutto il progetto deve prevedere un soggetto terzo che sostiene il Presidio: un’istituzione, un soggetto privato. Si chiede poi ai produttori di riunirsi in un’associazione affiliata a Slow Food Italia – atta a garantire in prima persona il rispetto delle regole, esercitando un severo controllo sugli associati – e di sottoscrivere un disciplinare, e alcuni documenti redatti secondo il “Regolamento del Presidio Slow Food”. L’associazione ha un suo statuto e il suo rappresentante legale. Ogni Presidio si compone di un Responsabile Slow Food del Presidio e un Responsabile dei Produttori del Presidio. Secondo necessità i Responsabili verificano il rispetto del disciplinare e delle prassi previste dal Regolamento. Ricordo anche che esiste un Ufficio Presidi nazionale preso la Fondazione Slow Food per la Biodiversità a Bra affiancato dalla struttura territoriale e supportato da un Comitato Tecnico Scientifico di primordine. Numerose sono le visite da parte dei tecnici della fondazione presso i produttori.


E’ possibile, e in quali casi un Presidio viene soppresso?

È possibile ed è anche accaduto. Capita quando i produttori non rispettano le regole del Presidio oppure non supportano adeguatamente il progetto. Più banalmente, se vuole, quando il progetto ha difficoltà a essere, nel suo complesso, sostenuto. Voglio sottolineare che più spesso accade che un produttore che non rispetta le regole del Presidio viene, dopo un’attenta valutazione, allontanato dallo stesso. Scorciatoie e furbizie sono tenute fuori dalle realtà presidiate.

C’è spesso confusione, per cui ci spieghi: in cosa coincidono e in cosa differiscono, a livello di impostazione di base, un normale prodotto tipico tutelato e un Presidio Slow Food?
Sia in un caso e sia nell’altro ci sono regole e un disciplinare cui attenersi. Nel caso di un Presidio le quantità sono modeste in confronto a quelle di una Dop. La diversità è culturale: noi crediamo a forme di produzione sostenibili, legate alla tradizione e che restituiscano il giusto valore a cibi a volte desueti e disimparati. Disimparati perché non abbiamo più memoria e di cui oggi ne riscopriamo l’alto valore.
Le propongo l’esempio del Presidio del Pomodoro San Marzano, una Dop. Il Presidio interviene sul recupero e messa a dimora di una varietà, la smec 20, prevista dal disciplinare, ma da nessuno di fatto coltivata. Si rischiava l’oblio, eppure si tratta di una vecchia varietà di grande valore organolettico, dai profumi intensi. Ebbene oggi 22 coltivatori aderiscono al Presidio e le superfici destinate alla varietà smec 20 crescono gradualmente allargando la base di quegli agricoltori che hanno adottato un’agricoltura sostenibile. Ecco se devo proprio dirglielo pulito e giusto, soprattutto quest’ultimo, marcano una sensibile differenza con le produzioni a “marchio collettivo”.


Come fa un utente a riconoscere un Presidio?

Dal 2008 tutti i Presìdi presentano il contrassegno “Presidio Slow Food”, in etichetta o sulla confezione dei prodotti, che garantisce che i produttori appartengono a un Presidio Slow Food e che hanno quindi sottoscritto un disciplinare di produzione improntato al rispetto della tradizione e della sostenibilità ambientale. L’elenco ufficiale dei Presìdi italiani e di tutti i produttori coinvolti nel progetto Slow Food è consultabile sul sito www.presidislowfood.it.

Quanti e quali sono i Presidi della Basilicata e quelli della Campania, regione della quale tu curi direttamente una parte di quelli esistenti?
Oggi in Campania si contano 13 Presidi mentre in Basilicata sono 4.

I Presidi, dunque, sono veicoli di storie, uomini e terre. Quale è la vicenda che più ti ha colpito legata a un Presidio?Voglio dirlo con la necessaria chiarezza: è un incarico che mi impegna molto ed è fonte di grosse responsabilità, prontamente ripagate dallo slancio col quale aderiscono produttori e amministratori locali al progetto. Si tocca con mano, e internamente, il luogo non luogo della cultura materiale, quello delle produzioni senza espedienti e trucchi. E allora parliamo di storie sottili, marginali, ma reali e attuali. Tutte a loro modo straordinarie. L’esperienza personale col Presidio della Papaccella Napoletana, è stata per me esemplare, oggi premiata col riconoscimento del Premio per il migliore eco-packaging dei Presìdi Slow Food per la sezione “Tecniche e materiali innovativi”. Premio riconosciuto, come dice la motivazione, “per aver conseguito il raggiungimento di un alto valore di ecocompatibilità in virtù di una “volontà personale” e non per una “necessità collettiva” contingente dell’ultimo minuto, conseguita anche grazie alla semplicità della chiusura dell’imballaggio senza ulteriori aggiunte di dispositivi e materiali (secondo i principi della monomatericità e della riduzione dei componenti)”. C’è di che esserne orgogliosi.