Fiano, Fiano e Greco: 3×4 ovvero la Microverticale dei cru Villa Raiano
La voglia di tracciare un primo bilancio dopo la consensuale separazione dell’azienda di Aiello del Sabato dal Prof. Moio e il passaggio di testimone al giovane enologo Fortunato Sebastiano e il fil rouge di questa miniverticale dei cru aziendali.
Sebastiano dalle vinificazioni del 2009 segue Villa Raiano puntando decisamente sulla precisa valorizzazione degli areali di produzione del Fiano di Avellino e del Greco di Tufo.
Ecco allora l’occasione per testare le prime quattro annate dei cru Alimata e Ventidue per il Fiano e Contrada Marotta per il Greco con in aggiunta un contesto incantevole quale quello del ristorante Crudo & Cotto in Salerno alla Piazzetta Flavio Gioia anche per non dimenticare che il vino resta compagno del cibo e non solo bevanda alcolica sulla quale dissertare in maniera asettica.
Si parte con Ventidue, il Fiano prodotto nelle vigne di Lapio a ventidue chilometri dalla bella struttura aziendale, il Fiano ritenuto da sempre e storicamente come quello di riferimento per tutta la denominazione, almeno fino a qualche anno fa quando non si conoscevano a fondo le potenzialità espressive ed esclusive degli areali di Montefredane, Summonte e Cesinali.
Annata 2012:
Immesso in commercio solo da pochi giorni dopo circa 4/5 mesi di assestamento in vetro mostra tutte le potenzialità di una annata strepitosa, superato il fermentativo iniziale esce fuori tutta la frutta e il vegetale di Lapio: mela, pera, agrumi sono ben distinguibili e una bocca che unisce piacere citrico a grande salinità, struttura e corpo degni di un grande Fiano con quei ritorni vegetali nel retrogusto olfattivo.
Annata 2011:
L’annata altalenante e calda ha inciso negativamente sul millesimo dando al risultato finale una espressività glaciale, dalle sensazioni più compresse e decisamente meno espansive, sia avvertono note di cenere e meno frutta e fiori, al palato è un sorso meno tagliante (addirittura meno rispetto alla 2010) e affilato, con sbuffi alcolici e una persistenza media, sicuramente un Fiano piacevole adesso ma con poche prospettive evolutive.
Annata 2010:
Annata molto regolare che permette a questo millesimo di esprimersi in fase iniziale abbastanza timidamente ma che con un minimo di ossigenazione riesce ad far emergere cosa possono essere le note fresche del Fiano di Lapio con qualche anno in più di bottiglia e cioè quelle sensazioni idrocarburiche di sottilissima eleganza e tutta l’anima minerale, gessosa, del terroir con una bevibilità in doppio petto: ricca, complessa e con un finale tipico di affumicatura nonostante l’assenza totale di legno in affinamento.
Annata 2009:
La ricchezza di estratto si ravvisa già nel colore e in quella evoluzione olfattiva su floreale essicato e fieno, c’è frutta polposa e meno mineralità del millesimo precedente e un approccio gustativo più sapido che fresco ma con una discreta timbrica, il corpo tende alla lunga a scomporsi lasciando qualcosa di incompiuto benché molto originale.
Questa prima batteria è stata successivamente abbinata a piccoli baci di pane con olive di Gaeta, pagnottielli con cotica e insalatina di polpo verace e patate.
Alimata è il Fiano di Montefredane anch’esso lavorato solo in acciaio con veloce contatto con le bucce e affinamento sulle feccie fini per 6 mesi.
Annata 2012:
Di un bel paglierino scarico che si esprime al naso già molto elegante: paglia, pietra focaia, pompelmo e tanta mineralità, al palato è decisamente sottile, elegante e di piacevolissima lunghezza, l’esuberanza giovanile non lo ridimensiona anzi gli dischiude le porte per un raggiante futuro.
Annata 2011:
Anche per il versante di Montefredane il millesimo risente dell’annata discontinua e calda, le note di affumicatura emergono in maniera prorompente al naso riuscendo a fondersi solo a sensazioni di foglie secche e agrumi maturi, al palato si avverte l’assenza di quella spinta acida che caratterizza molto l’areale oltre che la nuova filosofia aziendale pertanto viene giocato tutto su una sapidità granulosa e una alcolicità carezzevole.
Annata 2010:
Per molti degustatori nelle migliori annate (come questa) il Fiano di Montefredane si esprime come uno Chablis: granitico, citrico, ricco di note delicatamente fumè, con una bevibilità compulsiva e una pulizia cristallina, assolutamente come in questo caso, un Fiano di razza!
Annata 2009:
E’ il bicchiere più opulento nonostante non sia la morbidezza la sua principale caratteristica, colore carico, odori maturi di frutta cotta, con rimandi vinilici e di salvia secca, al palato è un sorso caldo dall’acidità lattica e dalla decisa persistenza, è un bicchiere complesso anche se alla lunga può stancare tendendo a chiudersi su se stesso.
La seconda batteria è stata successivamente affiancata da gamberetti bianchi freschi gratinati serviti su caponatina di verdure d’orto e con un risotto alla pescatora arricchito da sconcigli locali e cozze di scoglio.
Vigna Marotta è il Greco di Tufo del versante di Montefusco, un Greco che ambisce ad abbinare alla spigolosa acidità dell’uva Greco su queste latitudini una ricchezza e complessità gustativa non comuni.
Annata 2012:
Paglierino scarico di immediato spettro sulfureo e zolfato, con aperture su pera spadona e melone giallo, al palato si distingue per freschezza e sapidità arricchendosi ad ogni sorso anche di note piraziniche.
Annata 2011:
Un deciso cambio di registro, il millesimo minore per l’areale Fiano non ha ridimensionato il Greco che odora di spezie orientali, fiori di campo e di polvere di gesso, in bocca ha un’aggressiva salinità che tende a resettare ogni boccone, buona la persistenza anche se pecca in complessità.
Annata 2010:
Ancora una volta il sulfureo è meno deciso, mentre in bella evidenza agrumi, frutto giallo e sensazioni muschiate, il sorso è ricco, lungo, persistente e con una decisa chiusura salata.
Annata 2009:
Un vino in piena maturità, note ossidative piacevoli, fiori gialli e frutta carnosa, al palato è decisamente più largo che verticale, non gli manca l’acidità ma le morbidezze di annata piuttosto che volute tendono a rendere il sorso a tratti grasso e pastoso.
In abbinamento successivamente c’è stata una spigola selvaggia all’acqua pazza.
Conclusioni:
Nei vini degustati si nota una costante: la mancanza di standardizzazione e il rispetto dell’annata come del territorio in ogni cru, c’è chi preferisce millesimi più sottili ed eleganti e chi quelli più grassi e carnali, ma in tutti si avverte una continua ricerca di pulizia gustolfattiva e riconoscibilità territoriale oltre che assoluta gastronomicità.