Addio Raffelino, Maestro di vita. Maurizio Paolillo ricorda Raffaele Vitale


Raffelino e Carminuccio

Raffelino e Carminuccio

di Maurizio Paolillo

22 maggio 2024. Raffaele Vitale se n’è andato.

Scrivo queste poche note a caldo, sulla scorta dell’emozione per la perdita di un fratello. Per condividere il dolore con chiunque abbia avuto la fortuna di incontrarlo.

È una perdita incolmabile per la nostra storia e la nostra Cultura. Non solo gastronomica e non solo della Campania.

Con lui se ne va il più acuto, innovativo, elegante cultore della tradizione. Con lo spirito di chi guarda avanti, con la coscienza e il culto del passato. Quindi con i piedi ben saldi nel presente.

Colui che riusciva a rendere la modernità con l’uso degli elementi più elementari, più identitari.

Mi riferisco agli ingredienti della sua cucina, ancorata alla tradizione povera ma, al tempo stesso, ricca di contenuti; essenziale e gravida di sensazioni, di rimandi alla storia intima e familiare di chiunque.

Ma mi riferisco, anche, alla filosofia costruttiva che pervadeva i suoi interventi, agli elementi, al pensiero che stava dentro la sua anima di architetto. Riusciva a contemperare la bellezza, il calore e la funzionalità degli ambienti nella più splendida sintesi di architettura, design, storia e tradizione.

Quando entravi in un locale nato dal suo estro ne riconoscervi la firma al primo impatto. Ed eri subito a casa. Avevi voglia di viverlo, di fermarti a lungo e di tornare il più presto possibile.

Parlare con lui era un arricchimento continuo. Dovevi solo lasciarti trasportare dalle onde di un mare di riferimenti storici, di aneddoti, di collegamenti e connessioni con la grande storia della cucina napoletana, da quella dei maestri, Vincenzo Corrado, Ippolito Cavalcanti, Jeanne Caròla Francesconi, a quella delle storie minime, il lessico familiare di ognuno di noi.

Era un vero Maestro, capace di prendere da chiunque e insegnare a chiunque. Senza far pesare neanche per un momento la profondità della sua formazione intellettuale.

Il mestiere di chef di cucina se lo era scelto provenendo dalla professione di architetto ma soprattutto di studioso delle tradizioni e delle culture popolari. Un mestiere che viene vissuto dai più come gravoso, pervasivo, quasi opprimente. Per lui era solo leggerezza, ricerca, creatività allo stato puro, l’ambito in cui si esprimeva a pieno il suo genio creativo.

Se ne va un pezzo della nostra storia e della nostra vita.

Addio fratello mio. Anzi… arrivederci. Dovunque tu sia…

 

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