Amici di Bevute alla corte di Taurasi


di Angelo Di Costanzo

Una calda giornata ci ha accompagnato lo scorso sabato 17 marzo nel nostro viaggio didattico a Taurasi, in visita alle cantine di Antonio Caggiano. I numerosi amici di bevute accorsi si sono dimostrati particolarmente sensibili e soprattutto motivati nella scoperta di una delle aziende must dell’Avellinese. Professori, dottori, architetti, consulenti, operai di varia occupazione tutti assieme allegramente pimpanti in vista della loro iniziazione all’enoturismo, alla vigna, alla scoperta di un mondo che oltre al fascino che suscitava loro attraverso la bottiglia, l’assaggio, il racconto, rimaneva lontano sempre per una qualche ragione. I filari di aglianico già perfettamente potati e legati in vista della prossima fioritura ci accompagnao lungo la statale 7 che dall’uscita di Benevento ci guida attraverso curve sinuose fino a Taurasi, dove il sole riesce a tenerci caldi anche se si sente a pelle che l’aria è più fresca. Proprio a due passi dal centro storico, in località Sala, ci aspetta Pino Caggiano, figlio del patron Antonio che ci accoglie con affabilità e gentilezza tipica di chi è ben felice di aprire le porte ci casa propria ad amici venuti a trovarli.
La Cantina è cinta da tutto un cantiere in opera che poi capiamo lascerà sorgere un ristorante, delle camere per l’accoglienza, una sala degustazione a completamento di un ampiamento dell’azienda che già ha visto nascere una parte nuova della cantina destinata al ciclo produttivo meccanico, con nuovi impianti di selezione dei grappoli che arrivano in cantina, contenitori termocondizionati, sistemi innovativi per rimontaggio e microossigenazione oltre che per lo stoccaggio delle barriques.
Chi non conosce Antonio Caggiano si limita ad apprezzare la qualità dei suoi vini, la grandeur di tanto prestigio che il suo Taurasi Macchia dei Goti riscuote in giro per il mondo, mondo che davvero l’ha visto in tutte le sue latitudini. Ma chi non conosce don Antonio, settant’anni suonati, impara subito a vederci dell’altro, tanto altro più del viticoltore affermato, il genio di chi ha saputo reinventarsi da operaio edile a costruttore, a viticoltore, con un hobby per la fotografia che si fà molta fatica a credere solo tale, visto le stupende interpretazioni che attraverso le foto riesce a cogliere nei luoghi, nei paesaggi, nelle persone.
La bellissima mostra che accompagna il visitatore lungo le grotte della cantina storica è ricca di colori, contrasti, particolari che rendono bene l’idea di quale animo ci si deve vestire prima di scoprire un mondo unico come quello del vino. Su e giù per i caveaux scavati nella terra ed impreziositi dalla roccia viva, parole sussurrate, toni sibillini per una vera lezione di cultura della terra, della vite e di vita, poi di enologia, di sostenibilità, di microeconomia senza mai vestire i panni del rettore, del sommo, sempre con la semplicità e la naturalezza di chi ha come unico interesse quello di comunicare, di dare, di darsi. Un modo unico, difficile da fraintendere per dire ” questo è se vi pare, null’altro”. La risalita verso la sala degustazione ha smosso tutti, tanta curiosità e fretta per constatare subito se tutto quello che in maniera accademica si era ascoltato riusciva ad avere tangibilità dalla degustazione che ci attendeva. Dapprima un bianco, il Fiagre ’06 assaggiato furtivamente rubandolo alla stabilizzazione dei silos, ricchissimo di profumi primari, tra qualche tempo propriamente godibile. Poi il gioiellino di famiglia, il Bechar, Fiano di Avellino in purezza, 2005: un modo utile per indurre chi si approccia novizio al mondo del vino che è indispensabile per certi vini bianchi, dover attendere, come per alcuni grandi rossi. Il Taurì ’05, aglianico giovane, servitoci per preparare al meglio il palato al Taurasi Macchia dei Goti, e qui il silenzio, assoluto, degna colonna sonora di visi e sguardi che si incrociano quasi a cercare conferma di stupefacente apprezzamento, di emozione condivisibile ma non altrimenti definibile. 1997, 1999, 2001 che millesimi! Lunghe chiacchierate ci riportano all’esterno per apprezzarne il panorama, il vigneto che costeggia l’azienda, le vigne che circondano il paesaggio a perdita d’occhio, lunghi sorrisi e buoni auspici a saldo di due ore immersi in una dimensione bella ed unica che seppur per alcuni rimarrà rifugio di sabato mattina libero da stress per altri è il prossimo hobby da costruire con dedizione maniacale, assoluta. Comunque vada sarà un successo, comunque vada la passione avrà avuto il suo corso.
Ci lasciamo alle spalle il Castello che domina il paese, finalmente degna partenza di tutti i prossimi viaggi del Taurasi, porto sicuro di chi a Taurasi ci arriverà, lunghi anni di travaglio e di duro lavoro hanno un riferimento essenziale, imponente, di prestigio. Così è se vi pare, null’altro.