Anteprima Amarone Opera Prima: l’annata 2020 e la rivoluzione dell’ Amarone 3.0


Amarone Opera Prima - Foto Consorzio Valpolicella

Amarone Opera Prima – Foto Consorzio Valpolicella

di Raffaele Mosca

“L’Amarone è quanto più simile ci sia allo Champagne”. È l’idea provocatoria che il master of wine Andrea Lonardi lancia dal palco di Amarone Opera Prima. Una maniera molto efficace per sintetizzare il paradosso del più anomalo dei grandi rossi, legato esattamente come il più celebre degli spumanti ad un processo produttivo ancor prima che a un territorio. L’appassimento lo rende inevitabilmente un vino di metodo ed è croce e delizia per chi lo produce: fonte di grande appeal in certi paesi e  in alcune fasce di mercato, volano per la Valpolicella nell’epoca in cui l’abbondanza era un valore cardine; un potenziale limite, invece, in un momento di stravolgimento in cui il mondo del vino va in direzione contraria rispetto al passato, premiando tutto ciò che è essenziale,  trasparente al luogo e, soprattutto, poco alcolico. Il rischio di pagare l’inversione a caro prezzo è davanti agli occhi di tutti. Eppure i produttori di Amarone sembrano meno pessimisti rispetto ai colleghi di altre zone: di certo possono ancora contare su di un brand forte anche al di fuori della cerchia dei consumatori esperti; ma la vera fonte della loro relativa serenità è la capacità di adattarsi – e reinventarsi all’occorrenza – tipica di chi ha a che fare con processi particolarmente complessi e con un prodotto che, per sua natura, è un eterno work in progress.

L’Amarone non è mai stato un vino fedele a sé stesso: è cambiato tantissimo nel corso degli anni, anche più di Barolo, Brunello e altri competitors chiave. Una strada univoca per renderlo per quanto possibile contemporaneo non esiste, ma in tanti ne stanno cercando una personale. L’accorciamento degli appassimenti, la riduzione del tempo in legno o l’utilizzo di contenitori alternativi, l’aggiustamento del blend per far forza su uve che diano naturalmente più freschezza sono solo alcuni dei metodi menzionati da chi, in quest’occasione, ha presentato vini che guardano al futuro: sicuramente non leggeri, ma più sobri ed eleganti rispetto a tanti altri prodotti nell’ultimo ventennio. Prototipi di una terza ondata che viene dopo quella originale e più austera, durata all’incirca dagli anni 50’ ai primi anni 80’,  e l’altra modernista e “muscolare” che ha dato il là al boom commerciale dell’Amarone nell’ultimo trentennio.

La buona notizia è che gli Amarone 3.0 non sono pochi. Dei circa 90 vini assaggiati tra en primeur 2020 in sala stampa e banchi, più o meno la metà evidenziano un tentativo di alleggerimento, già messo in mostra da volumi alcolici che oscillano tra i 15 e i 16 gradi, con meno punte sopra quella soglia rispetto a qualche anno fa. Ma ancor più che l’alcol è l’espressione del frutto a fare la differenza:  meno legata agli stereotipi dell’appassimento rispetto al passato.

Amarone - Opera Prima

Amarone – Opera Prima

Chiaramente i risultati dello stile “in levare” non sono sempre ottimali: il rischio di tirar fuori vini che, a fronte di una struttura meno  piena, sfoggiano scodate amare, vegetali o tannini sbilanciati è dietro l’angolo. Con l’appassimento si concentra tutto, anche i difetti legati a una gestione non impeccabile dell’uva, che magari in passato potevano essere parzialmente camuffati da quel paio di grammi di zucchero residuo in più. Ma i vini “sottrattivi” e già compiuti sono diversi e alcuni appartengono ad aziende di recente fondazione o semi-sconosciute. La 2020 è l’annata dalla quale, al netto dei molti campioni non finiti che devono ancora prendere una direzione precisa, emerge più chiaramente il cambio di passo. Alcuni vini non usciranno prima di 3-4 anni e quindi il cambiamento sul mercato lo si vedrà in maniera graduale. Di certo, però, è un millesimo che, a prescindere dall’andamento climatico a tratti bizzarro, fresco e piovoso in primavera ma poi caldo a luglio e di nuovo fresco a fine stagione, incarna un’evoluzione stilistica su scala sufficientemente ampia per essere ottimisti sugli sviluppi futuri.

L’importanza di dare un nome alle valli

Storicamente la Valpolicella Classica è considerata la zona dove si concentrano i vini più eleganti, mentre quella cosiddetta “allargata” ha fatto spesso forza su di uno stile più potente. Questo principio oramai è vero solo in parte: se da un lato l’area classica è ancora quella in cui i prodotti totalmente fuori scala in termini di concentrazione e alcol sono più rari, dall’altro nei territori minori si trovano tante referenze di vignaioli che hanno intrapreso la strada giusta. Penso per esempio nella Valle di Mezzane, dove c’è un evidente fermento “indie” che va anche oltre l’Amarone e si estende alle altre categorie (Valpolicella Superiore in primis). Forse sarebbe ora di dare la possibilità di riportare i nomi di quelle valli in etichetta per fare capire meglio al solito metodo si può abbinare un’espressione molto specifica di un luogo… un po’ come in Champagne.

 

I migliori Amarone di nuova generazione dall’ Anteprima Amarone Opera Prima:

 

Il Monte Caro – Amarone della Valpolicella Fogo 2019

Cominciamo dal vino più “estremo” tra quelli di nuova generazione: da vigna su suoli calcarei in Val di Mezzane, è certificato Vinnatur e fa affinamento solo in acciaio. Ha un profumo appena riduttivo all’esordio e poi elegante di ciliegia candita, pot-pourri, lavanda, con un pizzico di erbe aromatiche a dare brio. Sorprendentemente energico, con un accenno vegetale che smorza il frutto ricco al punto giusto, tannini soffici e un finale pepato che chiama il secondo sorso. Agli amanti dello stile classico potrebbe apparire fin troppo semplice, ma in tavola non lo batte nessuno!

Contrada Palui – Amarone della Valpolicella 2020

Altro vino sorprendente di una piccola azienda tra Grezzana e Ilasi che ha debuttato nel 2018. Questa è la prima annata in cui parte della massa ha fatto un passaggio in anfora e, per quanto ancora austera al naso, mostra un equilibrio gustativo fuori dal comune, con una sferzata di arancia sanguinella che smorza il solito frutto, scolpendo una progressione di trascinante energia.

Ca’ Rugate – Amarone della Valpolicella Punta 470 2020

15 gradi alcolici in etichetta e un naso di finezza stupefacente, con un frutto più giallo che rosso spolverato di toni balsamici e speziati. Coerente in bocca: goloso di frutto rosso maturo all’ingresso e poi agile, pepato e garbatamente vegetale, anche floreale nella chiusura notevole per pulizia e scorrevolezza.

Roccolo Callisto – Amarone della Valpolicella 2017

Altra realtà emergente che si trova a pochi chilometri da Verona e proprio ai margini della zona classica. Qui l’uscita è ritardata di alcuni anni per avere più equilibrio, ma non c’è traccia di evoluzione nel naso, che trasuda freschezza balsamica e floreale. Il tannino appena asciutto svetta sulla polpa fruttata molto misurata, restituendo un sorso tonico, perfetto per bilanciare la succulenza di un bollito veronese con la salsa pearà e con buon potenziale d’invecchiamento.

Villa della Torre – Amarone della Valpolicella Classico 2020

Il colore del vino di Marilisa Allegrini, affiancata nell’ultimo anno da Andrea Leonardi alla guida dell’azienda, la dice già lunga: trasparente al pari di quello di un grande Nebbiolo. Fa da preludio ad un naso ammaliante in cui la dolcezza della frutta sotto spirito si fonde a toni di acqua di rose, cannella e una parte di erbe officinali che ricorda un Vermouth. Simile per impostazione al palato, con giusto un pelino di rovere da digerire, ma anche frutto integro e acidità guizzante, finale di rara delicatezza: quasi “barolesco”.

Secondo Marco – Amarone della Valpolicella Classico 2016

Marco Speri ha cominciato a ricercare la “sottrazione” in tempi non sospetti e oggi è il massimo ambasciatore dello stile 3.0. Che il suo Amarone 2016 sarebbe stato grandioso lo avevamo già capito da un assaggio del Valpolicella Classico di pari annata nella scorsa edizione di Vinitaly. E in effetti è un vino fenomenale: profondo e cangiante al naso. Non privo di sostanza fruttata, ma con acidità spazzatutto che rende un senso di leggerezza quasi ingannevole, è un bimbo con almeno quindicennio di vita davanti a sè.

 

Gli altri Amarone della Valpolicella dell’ annata 2020 da non perdere:

 

Albino Armani – Classico 

Naso allettante, vegetale e di fiori rossi. Sorso sullo stesso stile, tendente alla sottrazione e appena ammandorlato, ma di ottima scorrevolezza.

Bertani – Valpantena

Soave di fragola ed erbe officinali. Elegante, decisamente in “sottrazione”, con un tannino appena ruvido che incalza il frutto, finale in via di assestamento. Molto contemporaneo.

Ca’ La Bionda – Ravazzol Classico Superiore 

E’ un campione di botte e il naso sembra ancora poco leggibile. La bocca, però, convince per equilibrio, energia e trama tannica fitta ma ben gestita. Non uscirà prima di 6-7 anni e quindi ha tutto il tempo per distendersi. Ma le premesse sono buone.

Carlo Alberto

Frutti rossi dolci, fiori in appassimento ed erbe officinali definiscono un naso di eleganza tutto meno che scontata. Ottimo l’equilibrio tra tostature sottili da rovere, acidità rinfrescante, tannino ben dosato che calibra il frutto carnoso al punto giusto. Finale lungo.

Corte Saibante – Classico Superiore 

Ciliegia sotto spirito, acqua di rose, qualche accenno etereo. Ricco, neoclassico, non esattamente in “sottrazione”, ma comunque dotato di equilibrio superiore alla media, dato dall’acidità ben dosata e da un accenno pepato che ravviva il finale caldo, ma senza eccessi.

Corte Figaretto – Valpantena Brolo del Figaretto

Elegante di ciliegia sciroppata, acqua di rose, cannella e liquirizia. Sorso abbastanza ricco, con residuo zuccherino un po’ più evidente del previsto, ma anche giusta freschezza e tannino che bilancia e ravviva la progressione. Finale preciso.

Gerardo Cesari – Classico 

Riduttivo, affumicato, poco espressivo sulle prime. In bocca, invece, sorprende con una progressione energica, composta, appena asciutta sul finale, ma di buona scorrevolezza. Molto valido, soprattutto se rapportato alla tiratura importante.

Ilatium Morini – Leon

Potente, scuro, con accenti cioccolatosi che incorniciano prugna e mirtilli. Ricco, avvolgente, non esattamente “sottrattivo”, ma dotato di equilibrio superiore alla media, con energia acida e tannica di fondo che gli permette di scongiurare la pesantezza.

La Collina dei Ciliegi – Classico 

Esotico, speziato e balsamico, con frutto mediamente maturo sul fondo. Energico, salino, complessivamente abbastanza snello. Tannini maturi e freschezza anche vegetale scandiscono il finale elegante. Neoclassico.

Manara – Corte Manara Classico 

Fiori rossi, maraschino e qualche accenno di erbe aromatiche. Sorso in via di assestamento, con la parte vegetale che rinfresca e tannini vellutati che accompagnano il frutto. Semplice, ma abbastanza equilibrato.

Marion – Classico 

Ciliegia sotto spirito, liquirizia e qualche accenno speziato. Abbastanza pieno con un tannino un po’ ruvido, ma anche acidità adeguata che calibra il finale di buon equilibrio.

Monte del Frà – Tenuta Lena di Mezzo Classico 

Profumi golosi di confettura frutti rossi, pot-pourri, radici e una punta di sottobosco. Lievemente contratto all’ingresso ma con equilibrio ed energia notevoli, frutto ricco al punto giusto, finale lungo e ben definito.

Stefano Accordini – Acinatico Classico

Dolce di gelatina di more, pot-pourri, vaniglia, liquirizia, con qualche accenno boschivo a completare un naso classico e allettante. Coerente in bocca, equilibrato anche se abbastanza potente, con tannino serico che accarezza il frutto, chiusura rinfrescata da un accenno vegetale. Solido.

Roccolo Callisto

E’ un campione di botte e non ha la definizione aromatica del ‘17 in commercio al momento. Ma si distingue già per energia, scorrevolezza ed equilibrio d’insieme.

Roccolo Grassi

Delicato, profumato di fiori e frutti rossi mediamente dolci, con soffi pepati e un che di iodio a completare. Sorso goloso, saporito, con freschezza e tannino serioso che smorzano il frutto ricco, erbe aromatiche e pepe che vivacizzano una chiusura calda, ma non eccessiva. Equilibrato.

Santa Sofia – Classico 

Pepe, incenso e confettura di frutti rossi. Sorso relativamente semplice, di buon equilibrio e scorrevolezza, con finale pepato e appena vegetale.

Secondo Marco – Classico 

Naso un po’ timido da campione di botte. Conquista in bocca con la solita acidità guizzante che traina una progressione di grande energia e piacevolezza, con finale salino. Peccato che non lo vedremo in giro per altri quattro anni.

Tenuta Santa Maria Valverde

Ciliegia candita e spezie. Sorso pieno ma equilibrato con tannino deciso che bilancia il frutto, acidità giusta e rimandi pepati che ravvivano la chiusura. Già ben definito, anche se uscirà tra diversi anni.

Torre di Terzolan

Un accenno tostato da rovere incornicia frutta sotto spirito e fiori. Il rovere si avverte anche in bocca, ma non sciupa la buon materia di un sorso in equilibrio tra frutto, acidità e tannino ben estratto. Promettente.

 

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