Appunti testamentari. Pizzaiolo, non pizza chef e men che mai chef!
Quest’anno vogliamo festeggiare Sant’Antuono con questa bella foto scattata da Emanuele De Cesare che ritrae un momento storico della pizza napoletana. Nel giugno 2014 Oliviero Toscani venne a Napoli presso la sede dell’Associazione Verace Pizza per realizzare un progetto di Terre Moretti seguito in città da Teresa Caniato: il libro “Tu vuò fa il Napoletano”. 80 Pizzaioli vennero fotografati in modo elegante e divertente, sarcastico ed autentico a contatto con le loro pizze, i loro ingredienti ed i loro strumenti di lavoro abbinandoli alla Franciacorta. Emanuele ebbe l’occasione unica di assistere e fotografare Oliviero, in divisa da Pizzaiolo.
L’esperienza di questa operazione viene raccontata in questo inserto da Santa Di Salvo, noi possiamo aggiungere che fu uno degli elementi di svolta nella percezione della figura del pizzaiolo. Toscani, in stile pasoliniano, trovò in questi lavoratori una verità che già allora nelle cucine dei grandi chef si andava perdendo. Il senso di una cultura profonda, di comunità, una trasmissione orale del sapere che ancora non si era avvitata sulle percentuali di idratazione e sulle tecniche di lievitazione.
Per carità, lungi da noi voler fare populismo gastronomico. Ci fa davvero piacere che oggi tanti ragazzi sanno perfettamente raccontare cosa fanno e trasmettere la passione di questo che resta un lavoro durissimo ma finalmente ben retribuito, accompagnato da una generazione social che è stata la fortuna della pizza napoletana nel mondo. Però la riflessione che vi offriamo è che la pizza continuerà ad essere forte solo se non seguirà il percorso suicida di una parte dell’alta ristorazione che ha finito per dimenticare i clienti. La pizza resta gioia, golosità e condivisione sia quando è mangiata sugli ultimi banchi di marmo nei quartieri antichi di Partenope sia che venga tagliata con coltello e forchetta in un albergo di lusso di una capitale europea. La pizza è semplicità e il pizzaiolo che si fa chiamare pizzachef, o peggio ancora solo chef (magari senza neanche essere stato mai in un cucina), ha tradito il suo spirito, mette se stesso e il proprio ego davanti ad un cibo che ha tre secoli e che sarà sempre più forte di chi lo propone perché espressione di una memoria storica metropolitana e non della ricerca del singolo.
La pizza sta evolvendo velocemente, oggi la pizzeria moderna offre tanti servizi che prima non aveva, il suo successo è anticiclico perché è un lusso accessibile anche in un momento difficile come questo che stiamo attraversando. In questo inserto cerchiamo di dare conto e di affrontare il tema per una celebrazione non rituale di Sant’Antuono di cui vi raccontiamo comunque, è il caso di dirlo, vita e miracoli.
L’aspetto che più vogliamo sottolineare, in questo nuovo anno, è l’importanza fondamentale che ha la pizza per l’artigianato gastronomico, lo stile produttivo sartoriale che fa grande il nostro paese e che proprio grazie alla pizza ha rilanciato grandi prodotti che stavano in estinzione come il pomodorino del piennolo, il pomodoro San Marzano e il fior di latte, tanto per citare i più importanti. Nel suo vitalismo quotidiano, in città si progetta poco ma si vive alla giornata questo successo mondiale. Il Vesuvio, una metafora del Fato, ci guarda apparentemente distratto ma la sua presenza si sente e la pizza è una metafora di una situazione al tempo stesso precaria ma affascinante. Nulla di mare succederà finchè continueremo ad onorare il nostro caro Sant’Antuono, l’eremita del deserto protettore della comunità più chiassosa del mondo.
Anche questa è Napoli.