Ciceri e Tria, storia e ricetta del piatto che fa impazzire i salentini


Pasta e ceci in versione salentina

Ciceri e Tria, piatto tipico del Salento

di Monica Caradonna

Il miglior piatto di Ciceri e Tria? È quello che, nel basso Salento, dove ogni anno si ripete con la stessa devozione il rito delle Tavole di San Giuseppe, deve essere ancora una volta preparato dalle donne devote al Santo. La risposta, quindi, si potrà trovare ogni 19 marzo, nell’anno domini privo da Covid, aggirandosi tra i saloni delle case salentine allestiti per onorare il Santo che è stato padre in terra di Gesù Cristo. Quel San Giuseppe che nei comuni in direzione di Otranto viene adorato attraverso una cerimonia che coinvolge intere famiglie e dura diversi giorni. E in queste tavole, tra simbologia e tradizione gastronomica, il piatto principale è senza dubbio la cosiddetta Massa di San Giuseppe o ancora la lajana oppure, scomodando gli Arabi, la più nota Ciceri e Tria, per capirci fettuccine ritorte con ceci cucinati in pignata e pasta fritta. Ed è proprio il termine Tria, che si dice derivi dall’arabo Itriyah, ovvero pasta secca o pasta fritta, coincide con la croccantezza piacevole e tipica di questo piatto simbolo della tradizione salentina. «Si tratta di un piatto frutto di contaminazioni – spiega Massimo Vaglio – che sulla cucina pugliese ha scritto più di una ventina di testi. Siamo nella rotta dei traffici dei mercanti che da Venezia alla Sicilia e viceversa viaggiavano su imbarcazioni che seguivano rotte segnate dagli scogli emergenti. Casualmente si sono fermati da queste parti. Non c’erano mica le strumentazioni di oggi e nelle soste, negli scambi tipici dell’epoca, si pensa ci sia stato quel positivo arricchimento in termini di materie prime tra i diversi popoli dalle diverse culture anche gastronomiche».

E se sulle origini del piatto bisogna riarrotolare il nastro della storia fino ad Orazio, che ne decantava già le qualità, oggi sicuramente i Ciceri e Tria sono il piatto che chiedono i turisti, che tramandano le nonne alle nipoti, ma che non sempre è facile trovare fatto a regola d’arte. Bisogna arrivare fino a Lucugnano alla “Trattoria Iolanda” dove, ancora oggi, con amorevole pazienza, le mani rugose e potenti di donna Iolanda, dall’alto dei suoi ottant’anni di esperienza, riproducono quel particolare formato di pasta. «Una forma caratteristica, unica – spiega ancora Massimo Vaglio. Sono delle sagne ritorte dette incannulate, in sostanza sono delle lasagne ripiegate. Una volta fatta la fettuccina questa viene ritorta con il palmo della mano e ripiegata in due» e anche qui ritorna la simbologia cristiana che, alle sagne incannulate, così le chiamano in dialetto, si associano idealmente i trucioli prodotti dalla pialla di San Giuseppe. Ogni elemento gastronomico delle ben note “Tavole di San Giuseppe” trova un riferimento nell’iconografia cristiana. Il pesce fritto che riporta direttamente all’immagine di Gesù, i lampascioni che invece segnano il passaggio dalla stagione più fredda a quella più tiepida, le cartellate che sono la riproposizione gastronomica delle fasce del figlio di Dio. E infine i ceci che, usati nella preparazione di Ciceri e Tria, riportano al colore dei narcisi, fiori della bella stagione che è alle porte. «E a questa tavola imbandita, che la sera del 18 marzo viene benedetta dal parroco, partecipano i figuranti. Rigorosamente da tre, in rappresentanza della Sacra famiglia, a tredici, con l’accompagnamento dei Santi» spiega Giampiero Pisanello, cultore di tradizioni locali.

Se la tradizione religiosa impone una certa serietà e rigore nella preparazione dei piatti, nell’interpretazione del popolo, la Ciceri e Tria subisce variazioni a seconda del territorio. Ma attenzione, sulla scelta dei ceci i prediletti di Massimo Vaglio, i ceci di Nardò, riconosciuti dal Ministero come PAT.

 

Ricetta di ricetta popolare

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Ingredienti per 4 persone

  • Per la pasta
  • 300 g di semola rimacinata
  • 2 cucchiai di olio evo
  • 160 ml di acqua
  • Per il condimento
  • 400 g di ceci lessati in acqua e alloro
  • 2 spicchi d’aglio
  • 1 cipolla media
  • Olio evo
  • Sale
  • Peperoncino
  • Pepe
  • Olio per friggere

Preparazione

Per la pasta impastare tutti gli ingredienti su una spianatoia, tirare una sfoglia non troppo sottile, ricavare delle tagliatelle, avvolgerle su sé stesse e lasciarle asciugare almeno 1 ora.

Nel frattempo soffriggere in un abbondante giro d’olio aglio, cipolla affettata sottilmente e peperoncino. Togliere l’aglio ed aggiungervi i ceci, salare e lasciar insaporire per circa 15 minuti.

Friggere in olio di semi 1/3 della pasta, scolare e tenere in caldo.
Lessare il resto in acqua bollente salata, scolare ed aggiungere ai ceci. Lasciar insaporire qualche minuto e servire con la pasta fritta, un pizzico di pepe un filo d’olio evo.

Vini abbinati: Fiano della Puglia