Coda di Volpe 1995 Irpinia igt


VADIAPERTI

Uva: coda di volpe
Fascia di prezzo: fuori commercio
Fermentazione e maturazione: acciaio

Sì, avete letto bene, non è un errore di battuta: questo bianco è del 1995 ed è stato aperto al termine di una degustazione mozzafiato organizzata da Raffaele Troisi nella sua azienda Vadiaperti a Montefredane nel corso della quale sono stati assaggiati dodici Greco di Tufo dal 2005 sino al 1989 (annate coperte), quando cioé il nostro amico ancora non lavorava con il padre Antonio. Una serata unica, nel corso della quale la discussione si è fatta accesa, densa, ma ben lontana dai toni a cui purtroppo la rete ci sta abituando dove dalle considerazioni sui vini si passa direttamente agli insulti personali in puro stile tv spazzatura imposto ormai ovunque nel paese di Vallettopoli. Non poteva essere diversamente visto il livello culturale del parterre. Lo snodo concettuale è costituito dalla constatata imprevedibilità olfattiva del Greco che, come ha ben spiegato l’enologo Enzo Mercurio, bisogna essere molto attenti a <fotografare> al momento giusto, a questo va aggiunto il dato che una azienda di piccole dimensioni impegnata ad interpretare le proprie uve risente dell’andamento generale dell’annata e dunque per questo la <storia> del Greco non è stata coerente come quella del Fiano lo scorso anno per il quale le difficoltà sono di gran lunga minori. Questa impossibilità a scrivere una trama coerente vendemmia dopo vendemmia ha creato forti perplessità in alcuni mentre altri, tra cui il sottoscritto, vi hanno invece visto l’autenticità e la magia stessa del Greco che appassiona proprio perché non può sempre essere eguale a se stesso. In fondo, in una immaginifica navigazione, ieri siamo arrivati alle colonne d’Ercole perché mai prima nessuno aveva avuto la possibilità di fare un viaggio così lontano nel tempo con il Greco, ed è qui, dicevo, che si è toccato con mano il dibattito che dilania il mondo del vino in questo momento perché la domanda successiva è: ma davvero tutti vogliono arrivare così lontano? Si può comunicare un vino palesemente diseguale? E, ancora, quando si fa un vino e quando lo si giudica non si deve piuttosto tenere conto della maggior parte dei consumatori e degli appassionati senza per questo togliere valore ad esperienze uniche e irripetibili come questa o tipica della maggior parte dei vini campani? Disegnata la mappa, laicamente, ognuno sceglie il suo percorso, possibilmente senza pretendere di interpretare il vino perfetto. Ma, questo è il punto di domanda decisivo, quale valore bisogna tendenzialmente privilegiare, la morbidezza o la freschezza, il consenso a tavola o l’autenticità del terroir? La verità è che molto dipende, come ha ben scritto Roberto Cipresso nel suo ultimo libro, dallo stadio evolutivo del bevitore perché quanto più si è assaggiato tanto più si cerca la complessità, dunque il terroir sapientemente espresso dal produttore. Personalmente credo che il futuro dei vini campani, forse italiani, sia questo perché l’attualità di tante esperienze ormai scavalca la popputa modernità già abbandonata di fatto da tutti quelli che hanno raggiunto un certo livello gustativo. In un mercato globale e banalizzante non c’è spazio per chi corre ad omologarsi, ma solo per chi si smarca. Per questo con il passare del tempo i vini di Vadiaperti diventano sempre più grandi e, dunque, sicuramente più moderni e ricercati, proprio come nell’arredamento sono tornati materiali naturali come la pietra e il cotto. Inoltre bisogna considerare sempre l’abbinabilità dei vini, perchè i territori esprimono caratteristiche uniche e complementari nel bicchiere come nel piatto, così come il panino Mc Donald’s invoca la Coca Cola e il vino truciolato, la spettacolare zuppa di cipolle di Valleverde della serata si sposava con questi bianchi minerali, sapidi, freschi. Già, perché il filo conduttore c’era e come, non nel naso dove tutti noi eravamo portati naturalmente a cercarlo subito, bensì al palato, costituito proprio dalla incredibile freschezza che ha portato molti a preferire il 1992 che ha stupito per la longevità e altri, tra cui io, il 1989. Anche in questo caso si penava ad un millesimo più recente prima di scoprire l’etichetta. Questo discorso torna con la nostra brava Coda di Volpe, un vitigno che proprio il papà di Raffaele, insieme a Domenico Ocone, decise di imbottigliare in purezza mentre in precedenza veniva utilizzata solo per tagliare Fiano e Greco considerati, anche per i palati del tempo, cioé dell’era pre-omogenizzati, eccessivamente acidi. Sinora avevo viaggiato nel tempo sino a cinque anni indietro con una Coda di Ocone del 2000, e mai avrei immaginato si potesse arrivare sino a dodici anni, un record di immersione che testimonia ancora una volta come la Campania abbia la possibilità di fare grandi bianchi di invecchiamento. Dunque comprateli e conservateli bene, vi potranno dare molta soddisfazione nella vita. Anche la Coda di Volpe.

Sede a Montefredane, Contrada Vadiaperti. Tel e fax 0825.607270. www.vadiaperti.it. Enologo: Raffaele Troisi. Ettari: 7,5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 80.000. Vitigni: aglianico, fiano di Avellino, greco di Tufo, coda di volpe.