Contrade dell’Etna, exploit dei vini del vulcano


Francesco Cambria, presidente del Consorzio Etna Doc

Francesco Cambria, presidente del Consorzio Etna Doc

di Adele Elisabetta Granieri

Oltre 7 mila visitatori e 4 mila bottiglie stappate a Contrade dell’Etna, la tre giorni caratterizzata da un’impronta fortemente conviviale, che riunisce i produttori locali nel rituale dell’”en primeur” , l’anteprima delle nuove annate. L’edizione 2022 è stata la prima organizzata senza l’ideatore dell’evento, Andrea Franchetti, scomparso pochi mesi fa. Imprenditore illuminato, già produttore in Val d’Orcia, Franchetti ha segnato il rinascimento enologico dell’Etna quando nel 2000 ha scelto di investire sul territorio restaurando un antico baglio con cantina che sarà il fulcro di Passopisciaro.

Assieme a Franchetti c’è Marco De Grazia che, dopo aver fatto fortuna negli Stati Uniti come importatore di vini italiani di qualità, ha investito nella sua personale avventura produttiva sul versante nord dell’Etna, con Tenuta delle Terre Nere e, ancora, Frank Cornelissen, il cui viaggio di sola andata dalle Fiandre a Castiglione di Sicilia risale al 2001, quando ha dismesso gli abiti eleganti da broker internazionale per dedicarsi al suo progetto di fare vino seguendo i principi della biodinamica.

I vigneti di Passopisciaro

I vigneti di Passopisciaro

Negli anni si sono moltiplicate le aziende siciliane che hanno messo piede sull’Etna: ai big, tra cui Tasca d’Almerita, Planeta, Firriato e Donnafugata, anno dopo anno si aggiungo grandi nomi della produzione vitivinicola siciliana, come Alessandro di Camporeale, con il progetto Generazione Alessandro, e Marco de Bartoli, con una recentissima acquisizione. Hanno investito sul vulcano anche aziende blasonate fuori regione, come la toscana Torre Mora, Oscar Farinetti, in società con l’imprenditore Francesco Tornatore, il piemontese Angelo Gaja, in società con l’imprenditore catanese Alberto Graci, ma anche la famiglia Nodi, il grande barolista Giovanni Rosso e Federico Graziani, che sulla Montagna ha trovato lo spazio creativo per fare il suo vino. Ma la corsa al vulcano supera anche i confini nazionali: l’ultimo in ordine di tempo è Stefano Yim, importatore di vini ad Hong Kong, che ha scelto di cimentarsi con Nerello Mascalese e altri vitigni autoctoni in quel di Passopisciaro, ma nel 2005 era già arrivata l’australiana Anna Martens, con il suo palmento a Solicchiata.

Contrade dell’Etna

Contrade dell’Etna

Il fascino del vulcano continua ad attirare grandi investimenti e oggi un ettaro vitato nelle zone più vocate alla produzione supera i 150 mila euro. Importanti per le valutazioni di chi vuole investire sono anche le contrade e le esposizioni: i versanti più richiesti sono quelli di Nord e Nord Est, con diverse altimetrie importanti.

La frammentazione delle aree produttive è impressionante: il disciplinare di produzione della Doc Etna elenca 133 contrade che dal 2011 sono menzioni geografiche aggiuntive in etichetta, di cui  46 nel comune di Castiglione di Sicilia, 10 nel comune di Linguaglossa, 8 nel comune di Milo, 25 a Randazzo, 1 a Santa Maria di Licodia, 9 a Trecastagni, 9 a Viagrande, 5 a Biancavilla, 20 a Zafferana. Una straordinaria biodiversità, figlia di un territorio estremo, con latitudini africane e altitudini vertiginose, capace ad ogni colata lavica di ridisegnarsi e creare nuove sfumature. I vigneti, principalmente sviluppati ad alberello, sono tra i più vecchi d’Europa, e sono nati dalle colate di lava del 1646, 1879, 1911 e nell’ultima, del 1981. Nerello Mascalese (per i rossi) e Carricante (per i bianchi) sono protagonisti indiscussi della produzione, accompagnati da Nerello Cappuccio e Minnella; non mancano, però, esperimenti ben riusciti con altre varietà, anche internazionali, come Pinot Nero e Riesling, a completare il melting pot etneo.

Vecchie viti di Nerello Mascalese

Vecchie viti di Nerello Mascalese

Risalendo i versanti del vulcano i terrazzamenti di pietra lavica assecondano l’irregolare profilo della montagna, con le vecchie viti sinuose e contorte che affondano le profonde radici facendosi spazio tra sabbie e pietre, intervallate qua e là da piante di fichi d’India e olivi, e gli antichi plamenti, testimonianza preziosa di una cultura millenaria del vino.

È questo il fascino magnetico e tenebroso del vulcano, dove la natura ribelle vince ogni tentativo di addomesticazione. Un territorio da salvaguardare e valorizzare, come ha ricordato il Presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, in visita alla manifestazione. “Abbinare il vino di qualità ad un contesto di architettura rurale così originale, diventa un binomio di identità perfetta per la regione”- ha dichiarato Musumeci. La creazione della Docg e progetti di zonazione, sostenibilità e promozione saranno i punti su cui lavorerà il Consorzio di Tutela nei prossimi anni, come ha sostenuto il presidente Francesco Cambria: “la nostra forza sta proprio in questa biodiversità spiccata e unica al mondo e il nostro obiettivo è quello di rimarcare ulteriormente l’unicità e l’esclusività del nostro territorio. I tempi sono maturi per scrivere pagine importanti”.

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