LETTERA APERTA DI GIUSTINO CATALANO | Controlli a tappeto durante gli orari di afflusso e inutili obblighi burocrtici: così si rischia di chiudere prima di aprire, cari Conte e De Luca dopo la chiusura la beffa


 

Egregio Presidente Conte, Egregio Governatore de Luca,

scrivo a Voi, ciascuno per la propria competenza territoriale e per le proprie funzioni, affinché interveniate in maniera incisiva e logica su quella che si potrebbe tradurre in un’ulteriore beffa ai danni di un settore martoriato già dal fermo forzato ma indispensabile.

Premetto che non mi soffermerò su cassa integrazione non ancora pervenuta, aiuti alle imprese solo al momento sulla carta e molto altro non ancora percepito perché so essere problemi quotidianamente trattati sulla Vostra agenda e figli di una burocrazia pre-unitaria che è sicuramente la prima cosa che dovremo rimuovere dal nostro paese.

Mi chiamo Giustino Catalano e sono titolare di un’Agenzia di Strategia e Comunicazione in enogastronomia. Per dirla più semplice offriamo servizi di varia natura (informatici, fotografici, mediatici, di comunicazione e altro) ad aziende che operano solo nel campo “food”.

Tra i nostri clienti figurano moltissimi ristoranti, pizzerie e pub che sono operanti con la consegna a domicilio da qualche settimana o pochi giorni, e ciò a seconda della vigente normativa nelle regioni di appartenenza.

In ossequio a quanto previsto dalle direttive dei DPCM e dalle Ordinanze Regionali ci siamo adoperati affinché tutto fosse predisposto e organizzato nel pieno e incondizionato rispetto della Legge, fornendo anche formazione a distanza laddove servisse.

Dobbiamo però rilevare che lo Stato (inteso in nostro unico punto di riferimento) continua a rendere impraticabile, con un minimo di serenità che servirebbe, l’attività d’impresa.

All’assenza di fondi e sostanze economiche ci si sono aggiunti i controlli delle Forze dell’Ordine.

Prima di proseguire, giusto per fugare ogni potenziale dubbio, vale la pena di affermare con forza che siamo molto felici che le nostre Forze dell’Ordine verifichino, controllino e vigilino sulla sicurezza pubblica sia da un punto di vista sociale che della salute.

Detto ciò però ci resta incomprensibile come sia possibile che questi controlli debbano svolgersi durante l’orario di servizio (non di lavoro!), ossia quello che in alcune regioni occupa le fasce orarie 12-14 e 19-22 ed in altre come la Campania solo la mentovata fascia serale, anzi a voler essere precisi che si concentri proprio “nell’ora di punta” paralizzando l’attività economica con un totale fermo di ogni reparto in attesa delle dovute verifiche.

Detti fermi forzati si traducono in annullamenti di ordini, ritardi nell’evasione degli stessi, perdita di clientela, ecc.

In poche parole solo un danno che peraltro si potrebbe evitare con controlli in fasce orarie diverse non caratterizzate dal normale ed ovvio servizio (ora di pranzo e cena).

Invero non si comprende perché questi accessi avvengano all’interno delle strutture con gli stessi abiti adoperati esternamente, privi di camici sterili, e muniti solo di guanti e mascherine. A quel punto che necessità c’era di sanificare se il personale deve seguire i rigidi protocolli Haccp combinati con quelli anti Covid 19 e chi controlla non ha l’obbligo di nessuno di questi?

Inoltre non si comprende perché dette verifiche debbano sistematicamente essere svolte in un clima da ricerca di latitante trentennale e non di piena collaborazione con dei lavoratori che fanno impresa con il proprio tempo e risorse, rischiando in proprio.

In aggiunta, ma è notizia al momento valida solo per la Regione Campania, per i rider in alcuni casi il fermo comporta l’apertura dei box, anche solo per un secondo, al fine di verificare che vi siano solo cartoni delle pizze o da cibo o altro.

Nel comprendere che la criminalità organizzata potrebbe cogliere l’opportunità per traffici illeciti anche qui torna assolutamente attuale l’inutilità della sanificazione se il consumatore non ha la possibilità di alcuna garanzia che il prodotto esca da un locale sanificato e giunga a lui, come è partito, anzichè tra controlli in divisa o pullover e verifiche con apertura su strada.

Che come per il distanziamento (mia personale convinzione) questa “ipersanificazione” non sia un’inutile ulteriore dispendio di danaro e forze perché vanificabile in un secondo o con un gesto sconsiderato sebbene giustificato?

Le risposte noi non le abbiamo. Ma so dire per certo che, atteso che detti controlli, per il clima nel quale si svolgono, lo stop delle attività con la totale paralisi durante gli stessi, le precauzioni adoperate per la sanificazione cui parrebbero immuni i controllori, stanno nel loro insieme determinando molti dei miei clienti ad optare per la chiusura dei locali sino alla normalizzazione delle cose lasciandosi sostenere da eventuali aiuti sociali e bloccando ogni sorta di onere (fitto, acqua, luce, gas, tasse, ecc).

Io credo che una Nazione come la nostra abbia necessità assoluta anche di questa quota di lavoratori (e tra essi mi ci inserisco anche io con i miei collaboratori che ne rappresento l’indotto), della loro dignità umana e del loro reddito che è danaro che va a sostenere altri costi come gli stipendi statali, le pensioni, gli ammortizzatori sociali, ecc.

Se, per un eccesso di zelo e un clima dal “linguaggio e comportamenti tossici”, lascerete che accada ciò presto ci sbricioleremo e raccoglieremo solo la polvere di questa nostra Italia.

Fiducioso in un Vostro fattivo intervento vi chiedo di voler monitorare meglio la situazione e, soprattutto, sostituire alla eccessiva preoccupazione anche un minimo coraggio politico.

A sentire i medici dovremmo limitare ogni cosa per vivere a lungo ma non si può vivere da malati per morire sani.

Distinti saluti
Giustino Catalano