Coronavirus: intervista alla Cantina Polito dal Cilento


Coronavirus - Cantina Polito

Coronavirus – Cantina Polito

di Bruno Sodano

Quello a cui stiamo assistendo è sicuramente la situazione più brutta dai tempi della seconda guerra mondiale. Un virus che ha messo in ginocchio un intero globo terrestre. La vera drammaticità è in questo periodo di quarantena forzata ma non sarà da meno tutto quello che ne conseguirà dopo. Una crisi che sta toccando e toccherà tutti, chi più chi meno, comprese le piccole aziende che producono prodotti di nicchia nelle zone più incontaminate dello stivale. Nel Cilento, ad Agropoli, esiste una cantina molto rinomata che da anni produce un vino davvero molto buono, La Cantina Polito. Abbiamo fatto una interessante chiacchierata con Carlo, proprietario e primo lavoratore dell’azienda. La situazione non è delle migliori ma, sicuramente, ci ha dato un punto di vista molto equilibrato.

Ricordiamo che, per chi volesse, la cantina è regolarmente aperta per poter acquistare in loco. Inoltre si sta rafforzando la vendita online.

Carlo, come stai affrontando questa pandemia?

«Da fine febbraio, come puoi immaginare, il lavoro è diminuito drasticamente in seguito alla chiusura di ristoranti, enoteche, bar e quant’altro. Abbiamo dovuto necessariamente spostarci su altri canali vendita e abbiamo rafforzato ancora di più le vendite online. Stiamo usando e potenziando i social in modo da veicolare quante più persone sul nostro sito e sul nostro shop. Inoltre, stiamo cercando di rafforzare un po’ di più il marchio a livello locale. Quando finirà questo periodo inevitabilmente ci sarà un blocco circa i viaggi. Non solo degli stranieri ma anche degli italiani. Quindi stiamo fortificando di più il brand in modo locale e regionale perché, secondo me, saranno le persone delle province vicine che popoleranno di più il nostro territorio».

A quali eventi avete dovuto rinunciare?

«Quest’anno eravamo stati selezionati dalla Regione Campania per “Prowine”. Eravamo in procinto di partire ma non abbiamo potuto».

Che danno state riscontrando voi piccole aziende locali di nicchia?

«In questa fase sono difficilmente calcolabili. Il danno non è la mancata vendita di questi due mesi, se saranno solo due, ma è la contrazione che poi si avrà nei mesi successivi. Già abbiamo visto che alcuni ristoratori, purtroppo, hanno chiuso e cessato le loro attività. Non sappiamo da qui ad un mese quante altre chiuderanno ed ovviamente tutti avranno problemi. Per le attività come le nostre, che hanno il prodotto disponibile all’interno, è una questione, attualmente, di mancato guadagno per questo periodo. Per altre attività, tipo ristoranti, è diverso. Oppure considera il settore ho.re.ca, che hanno fatto acquisti grandi con prodotti a scadenza, pensa ai tanti problemi in più. Adesso andare a lavorare con queste persone sarà difficile perché avranno difficoltà a pagarti. Di conseguenza, indirettamente, verremo colpiti noi. Ci sono più fronti in ballo. Per quanto mi riguarda, è la prima volta che mi trovo in una situazione del genere. Noi il dopo guerra non lo abbiamo vissuto. Quindi non saprei ben calcolare. La paura c’è perché quando non sai è peggio. Sicuramente chi aveva le spalle più forti riuscirà a tirare avanti. Calcoliamo comunque che veniamo da dieci anni di crisi e non è che le cose stavano benissimo a gennaio».

Come hai spiegato ai tuoi figli quello che sta succedendo?

«Al più grande, di tre anni, fortunatamente avevamo comprato un po’ di colori ed altre cose per l’asilo, prima del lockdown. Diciamo che abbiamo un po’ di materiale ma le giornate sono lunghe e i giorni sono tanti. Inventi scuse per provare a fargli capire che non si può uscire ma non è facile».

In generale, che conseguenze pensi avrà il mondo vino?

«Secondo me ci saranno delle conseguenze sia positive che negative. Le positive: i produttori come me dovranno reinventarsi ed ampliare gli scenari di vendita, al di fuori dei tradizionali, come ad esempio l’online che deve essere strutturato in modo migliore. Gli sviluppi negativi sono per quelle aziende che non ce la faranno. Poi ci sarà un’invasione di prodotti a basso costo  perché le aziende dovranno smaltire tutto quello che hanno anche in vista della vendemmia nuova che avverrà fra qualche mese. Se uno ha le vasche piene è un problema abbastanza importante. Alcune cantine sociali hanno deciso di mandare in distillazione il vino per farci liquori o disinfettanti. Tu pensa a quelle grandi cantine che fanno milioni di bottiglie ed ora ce le hanno dentro. Il tutto si tradurrà che, giustamente, la maggior parte dei ristoratori in difficoltà andranno a cercare questi prodotti a prezzi concorrenziali. Ci sarà un bel po’ di casino sul mercato».

Quale è la prima cosa che farai quando si potrà uscire di nuovo?

«Una passeggiata con la mia famiglia – dice sorridendo – una bella passeggiata su lungomare o su un prato. È questo quello che sta aspettando mio figlio».

Che Cilento riesci ad immaginare quando tutto sarà finito?

«Il Cilento, come abbiamo visto negli anni, riuscirà pian piano (o lentamente come dice la parola Ci-Lento) a trovare una via con tutte le difficoltà del caso. Qui si sentirà molto la crisi visto ci sono tante piccole aziende a conduzione familiare con possibilità economiche differenti rispetto alle aziende delle grandi città. Per di più, come dicevo prima, il turismo avrà una bella contrazione. Dobbiamo solo incrociare le dita, stringere i denti e andare avanti come hanno sempre fatto i nostri genitori ed i nostri nonni».