Cuomo crede nel rosato a Paestum


22 maggio 2003

Va benissimo la vite, non va bene trasformare tutte le aziende agricole meridionali in strutture monocolturali come è accaduto nelle Langhe. La pensiamo come Carlin Petrini ed ecco dunque perché questa azienda ad un tiro di schioppo dai templi di Paestum ci ha fatto subito simpatia: dei 40 ettari, solo 4 sono vitati. Saranno sicuramente la vetrina dell’ultima nata in Campania, ma intanto c’è foraggio, ortaggi, verdure e frutta a ricordarci la terragna e fertile piana del Sele, quella delle mozzarelle di bufala, dei carciofi pestani, delle fragole, delle scarole, eccetera.
La differenza, tra gli uomini come nelle campagna, fa sempre equilibrio e tutela la biodiversità: non ci piacciono gli imprenditori che fanno business mordi e fuggi, sono quelli che mangiano e bevono sempre la stessa cosa perché non possono fermarsi mai.
Nonno Cuomo lasciò Pompei 40 anni fa per comprare questa proprietà oggi ribattezzata in suo onore dai nipoti Giovanni e Rosaria I Vini del Cavaliere, siamo a Capodifiume nel comune di Capaccio (Via Feudo, 12. Telefono 0828.725376) di fronte all’omonimo caseificio e vicino al ristorante le Trabe.
Un indirizzo sicuro per il rosato, genere assolutamente fuori moda ma che regala grandi soddisfazioni nel bicchiere, vino ermafrodito, mezzo bianco e mezzo rosso, assolutamente decisiva la temperatura di servizio per regolare i toni nell’abbinamento. Questo rosato, tra i migliori della Campania, è fatto da uve aglianico e si chiama Paistom. Noi lo berremo a largo di Punta Licosa, lontano dagli sguardi irritati dei guru del vino-frutto.
L’enologo Sergio Romano lavora a cavallo di due doc: la Sannio e la Cilento. Sicché da Capodifiume escono il Cilento bianco da fiano, malvasia e trebbiano, un bicchiere gentile da aperitivo sui bocconcini di bufala, e la Falanghina Sannio dove vengono acquistate le uve. Quanto ai due rossi che chiudono la proposta, si tratta degli Aglianici Sannio doc e Cilento doc e qui converrebbe sicuramente eliminarne uno per evitare la tipica confusione italiana sulle etichette che irrita gli stranieri.