De Falco, profumo di Vesuvio nel Lacryma Christi


12 gennaio 2002

La ricerca esasperata e ostentata dei profumi nel bicchiere per molti anni ha allontanato le persone dal vino spaventandole inutilmente perché la complessità dei termini nascondeva spesso la semplicità e la naturezza del bere. Oggi, per fortuna, avviene il contrario: il bicchiere deve essere identificato immediatamente con il territorio. E, ve lo assicuriamo, c’è una bottiglia campana che più di ogni altra è immediatamente riconoscibile. Ficcate il naso in un bicchiere di Lacryma Christi bianco di De Falco (via Figliolia, 91 bis a Somma Vesuviana. Telefono 081 7713755, sito www.defalco.it) e troverete immediatamente la mitica albicocca del Vesuvio, una spremuta di frutta cresciuta baciata dal sole su migliaia di anni di eruzioni. Parliamo di uno dei vini più conosciuti, frutto, secondo la tradizione, delle lacrime di Cristo i cui occhi erano stati abbagliati dalla bellezza del Golfo di Napoli, ancora oggi insuperabile nonostante la speculazione edilizia selvaggia degli anni Cinquanta e il pressapochismo di qualche ristoratore troppo abituato ai turisti del mordi e fuggi sulle soglie del Vulcano sopito. L’azienda, fondata da Angelo De Falco, ha rinnovato completamente la sua linea grazie all’entusiasmo del figlio Gabriele che ha riconvertito la produzione dalla quantità, tipica degli imbottigliatori che operavano alle porte di Napoli nell’Ottocento e nel Novecento, alla qualità. Il bianco, da vendemmia anticipata rispetto al resto della regione per via del gran caldo, è fatto con uve Coda di Volpe e Falanfgina e si sposa con la cucina di mare della costa. Il Lacryma Christi rosso, da Sciascinoso e Piedirosso, avvolge piatti scompensati come il classico ragù. Grazie ad Antonio Mastroberardino il Lacryma ha ritrovato dignità, adesso giovani imprenditori mantengono fermo un principio: impossibile comprendere lo spirito del Vesuvio senza bere un sorso di vino dei suoi vigneti.