Le istituzioni locali stanno dando il peggio. Basta! Io sto con i casatielli!!!! E vediamo cosa si può fare e cosa no


Toto articolo sul divieto al casatiello

Foto articolo sul divieto al casatiello

di Marco Contursi

Ci siete riusciti, bravi.

Riusciti a fare cosa? A farmi arrabbiare, nonostante mi sia imposto di non farmi coinvolgere emotivamente dalla situazione odierna causata dal coronavirus, perché fedele seguace del motto “ Se ti accade una cosa brutta e non dipende da te, non ti incazzare”.

Dopo che sono giorni che sento parlare pasticcieri contro panettieri, pasticcieri contro pasticcieri, panettieri contro panettieri, cittadini contro cittadini, dopo l’ennesimo articolo che parla di qualche pubblica autorità  che vieta qualcosa senza uno straccio di riferimento normativo, le mie gonadi hanno iniziato a girare vorticosamente.

Titola un quotidiano “il coronavirus ferma i casatielli”, con tanto di intervista a un comandante di una unità dei vigili di Napoli che ribadisce il concetto, specificando che “ai panifici è concesso di vendere solo il pane”.

Segue a ruota la notizia rimbalzata su facebook che un sindaco in Penisola Sorrentina abbia tuonato ” i panifici devono vendere solo pane, no casatielli”.

Domando:non è concesso da chi? Dove sta scritto questo divieto?????? Voglio vedere carte, non parole vuote che cercano di spiegare qualche presunta motivazione teorica. Una norma si fa con atti scritti, legalmente validi e diretti erga omnes. Il resto sono chiacchiere. E si sa che “Chiacchiere e tabacchere e ligno…..”.

Da nessuna parte è prevista una limitazione alla produzione dei panifici, né nel decreto della Presidenza del Consiglio, né nell’ordinanza regionale di De Luca. Qualche Sindaco l’ha fatto ma a questo punto io inizio a pormi domande circa la legittimità di tutti questi atti, spesso in contrasto tra loro.

Il Governo nazionale consente il delivery anche in zone come Milano o  Brescia ma la regione Campania lo vieta, la Regione Campania non dice nulla circa le limitazioni ai panifici sulla produzione propria ma il sindaco pinco pallo lo vieta. Ma si può gestire con un tale caos normativo una situazione già di per sé caotica. Poi spesso anche da parte delle forze dell’ordine manca una visione univoca della norma e ognuno la interpreta come vuole o come il singolo comandante dispone.

Ma così non si va da nessuna parte.

Proviamo a mettere ordine. A beneficio di tutti.

  • I panifici hanno da sempre, affiancato alla produzione del pane quella dei rustici e dolci da forno: focacce, torte, biscotti, panini napoletani, casatielli, pizze in teglia ecc. La licenza lo prevede. E disquisire se la pizza ha o meno la mozzarella o due funghi è stupidamente ridicolo. Se io posso fare la focaccia, sopra ci metto quello che voglio. PUNTO.
  • Lo possono fare? SI, la licenza lo prevede. E né il decreto di Conte né l’ordinanza regionale n 25 del 28/3/2020 pongono limitazioni alla produzione propria da parte dei panifici.
  • Di pane se ne vende sempre meno, oggi soprattutto che molti consumatori scelgono di non scendere per comprarlo e quindi chiedere a un panificio di stare aperto per vendere solo pane, equivale a dire “CHIUDI”, e quindi verrebbe meno pure la possibilità di comprare il pane, che è il “bene necessario” per antonomasia.
  • La dicitura “beni di prima necessità” non viene usata per porre specifiche limitazioni ma come regola di carattere generale che non avendo specificazioni di cosa lo sia e cosa non, non ha nessuna efficacia legale. Altrimenti i supermercati non potrebbero vendere merendine, cioccolata, tisane, salumi ecc..
  • Sono “inefficaci” tutte le ordinanze dei sindaci in materia di Coronavirus in contrasto con le misure prese dal governo.
  • Alcuni sindaci le hanno motivate con presunti affollamenti che ne sarebbero derivati, ma finora tranne un paio di casi, del tutto trascurabili, non ci sono state evidenze di tal genere, cosa che invece non si può negare avvenga fuori a taluni supermercati o uffici postali. Ma restano comunque casi sporadici.
  • Le pasticcerie aventi codice ateco di industria alimentare, possono produrre e spedire, rispettando le norme sul confezionamento e la consegna, le pasticcerie che non ce l’hanno NO. Questo spiega perché alcune producono, seppur a porte chiuse, e spediscono.
  • Capisco il dolore e la rabbia dei pasticcieri e dei pizzaioli che sono chiusi e credo che debba essere consentito il delivery come in tutta Italia o se vietato, debbano essere prese sostanziali e immediate forme di aiuto alla categoria. Aiuto e non mera carità, perché impedire ad un pasticciere di produrre a Pasqua quando aveva già comprato materia prima per migliaia di euro, deve essere bilanciato da aiuti economici almeno del valore della merce.
  • Premesso ciò, dire “se io sto male devono stare male tutti” è solo infimo e meschino. CAPITE BENE: Non è il panettiere che fa i casatielli o il pasticciere che ha il codice Ateco di industria alimentare, il nemico da abbattere per chi deve stare chiuso. Il soggetto a cui chiedere aiuti economici è lo stato. E si badi bene: CHIEDERE AIUTI ECONOMICI, NON DI DISTRUGGERE CHI STA LEGALMENTE APERTO, adducendo motivazioni pretestuose.
  • Gli italiani sono tutti uguali e devono sottostare tutti alle medesime norme. Non è giusto che un milanese possa produrre o mangiare pizza, dolci o altro e un napoletano no. Questo tranne in casi di particolare gravità della emergenza sanitaria, ma qui si arriva all’assurdo che al nord dove è maggiormente presente il contagio sono più permissivi rispetto al sud. Sono norme giuste ai fini della prevenzione? Bene, lo dica il ministero della salute e siano applicate in tutta Italia. Non lo sono? Bene, siano disapplicate in tutta Italia. Tertium non datur.

Oltretutto consentitemi una osservazione finale da semplice cittadino, e per un attimo non da addetto ai lavori. Stare a casa già è difficile, molti stanno pure soli e quindi senza il conforto della famiglia, e soli trascorreranno la Pasqua. Magari non sanno cucinarsi nulla che non sia un uovo fritto o un piatto di pasta al sugo. Devono fare la Pasqua senza neanche il conforto di un dolcino o di un casatiello, quando non c’è una norma che lo vieta? La concorrenza sleale non esiste per tutte le motivazioni di ordine legale addotte sopra, poiché parliamo di produzione che talune attività hanno sempre fatto e che la loro licenza consente di fare. Quindi perché stiamo ancora a parlare e a scrivere titoli a caratteri cubitali sul divieto di fare casatielli. Non è il momento giusto per cercare popolarità e consensi sfruttando la paura della povera gente, non è il momento giusto per farmi girare ulteriormente le palle.

6 Commenti

  1. Sontuoso quest’articolo.poi tutti sti divieti made in Campania non hanno aiutato a contenere nessun contagio.si prospettava il picco entro prossima settimana e siamo ricalcando i numeri previsti dai modelli,anzi qualche positivo in più negli ultimi giorni.

    1. Ringrazio per il “sontuoso”….diciamo che il casatiello è la mia musa ispiratrice (Clio?)

  2. Il problema da risolvere non è il casatiello..o la pastiera..che i panifici sono da sempre autorizzati a produrre e vendere.
    Il problema é gestire gli assembramenti.
    Se il panificio risolve con mezzi adeguati ciò non vedo xché debba esserne vietata la vendìta anche in delivery

  3. Non è il momento giusto per far girare le palle a Marco Contursi e nemmeno quello di farle ulteriormente girare al sottoscritto, ma, dato che le mie parole arrivano dalla regione centro del mondo del contagio, dove il numero di decessi dovrebbe far pensare più che parlare, mi sembra opportuno, volendo fare qualche considerazione, non entrare nel merito delle scelte del comitato scientifico e delle conseguenti decisioni prese dal governo, NESSUNO avrebbe potuto e potrà fare scelte opportune in materia di contenimento del virus che siano da tutti condivisibili.
    Ma…
    Si, c’è un ma.
    O (paradossalmente) distribuite gratuitamente pane e latte a tutti i cittadini diligentemente posizionati in lunghe file a distanziamento sociale imposto, controllato e fatto rispettare, oppure, se la vendita di generi alimentari, come tutti pensiamo, è giusta, inevitabile e a basso rischio contagio, consentite anche ai “piccoli” esercizi alimentari di poter vivere e vendere ogni genere di conforto, imponendo rigide regole di distanziamento e cautela: nei locali di dimensioni ridotte, che siano pasticcerie, panetterie, pizzerie da asporto, rosticcerie, si entra uno alla volta muniti di mascherine e si viene serviti da personale munito di guanti e mascherine, né più né meno di quanto avviene nelle catene della grande distribuzione che sta diventando grandissima (che ringraziamo di esistere) ma che non deve diventare l’unico luogo per il nostro sostentamento.
    Insomma, se la vendita di cibo è consentita, deve essere consentita a tutti, si che ognuno possa ricevere il pane quotidiano, una pizza, una colomba e nella sorpresa dell’uovo un po’ di speranza…

  4. Che ridicolaggine. La norma di contenimento ha bloccato il servizio diretto all’utenza, per evitare gli assembramenti. Tutto quello che è produzione alimentare, anche dei laboratori di pasticceria a porte chiuse, è consentito. Per tutta Italia è così. Ma in certe aree territoriali gli sceriffi non vedono l’ora di essere protagonisti e danzano sulle macerie pensando di avere consensi. I poveri esecutori del loro delirio naturalmente non hanno colpa, ma solo una coscienza.

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