Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini Doc 2016 – Colli di Lapio Clelia Romano


Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini Doc 2016 - Colli di Lapio Clelia Romano

Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini Doc 2016 – Colli di Lapio Clelia Romano

di Enrico Malgi

Non solo un grande Fiano all’azienda Colli di Lapio di Clelia Romano e famiglia ma, come manna dal cielo, tutto quello che in Irpinia è considerato il meglio del meglio: Taurasi, Greco di Tufo ed anche Campi Taurasini. Una produzione di assoluta eccellenza che trova pochi emuli sul territorio irpino, specialmente se si tiene conto delle ridotte dimensioni aziendali, che può contare su appena cinque ettari vitati. Mano felice si rileva poi quella dell’esperto enologo sannita Angelo Pizzi, che da tempo segue l’azienda.

Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini Doc 2016 - Colli di Lapio Clelia Romano

Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini Doc 2016 – Colli di Lapio Clelia Romano

Dopo aver degustato pochi giorni fa la batteria del Fiano in verticale, ecco che ho avuto l’occasione di assaggiare anche il Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini Doc 2016.

Maturazione ed affinamento in acciaio e barriques e poi elevazione in vetro. Tasso alcolico di quattordici gradi. Prezzo finale di 12,00 euro. Un vero affare!

Veste cromatica connotata da un bel colore rosso rubino concentrato, schizzato appena di porpora. Il bouquet si esalta subito attirando l’attenzione del naso proponendogli corposi profumi di sottobosco, di prugna, di amarena e di viola. Dopo un poco entrano in gioco ricordi olfattivi speziati di pepe nero, di chiodi di garofano e di noce moscata. E poi ancora umori vegetali, minerali, balsamici e tabaccosi. Sorso caldo, generoso e sensuale. Frutto fresco, sostanzioso e materico. Palato consenzientemente complice, che analizza morbidezza, equilibrio, armonia, profondità ed un’ottima intensità gustativa. Trama tannica bene ordita, fitta e carnosa. Chiusura su toni evoluti, persistenti e godibili. Ancora molta strada davanti a sé. Su piatti di carne e pecorino laticauda. Come dicevo all’inizio quindi, non solo l’eccellente Fiano, oppure l’ottimo Greco di Tufo Alexandros, ma anche i pregevoli rossi, come il Taurasi Andrea e questo splendido Campi Taurasini. Chapeau!

Sede a Lapio (Av) – Contrada Arianiello, 47
Tel. e Fax 0825 982184 – Cell. 348 7626010
Enologo: Angelo Pizzi
Ettari vitati di proprietà: 5 – Bottiglie prodotte: 65.000
Vitigni: aglianico, fiano e greco.

2 Commenti

  1. Campania:terra da bianchi anche se riesce a far Rossi da concorsi.Cosi sentenziò tanti anni fa Giampaolo Gravina;lezione per me tutt’oggi valida.Popolo anarchico quello irpino come pochi riesce a fare grandissimi Taurasi ma senza nessun tratto d’unione tra i vari produttori.Ancor di più mi sconcerta la denominazione Campi Taruasini(un Aglianico base?)al punto che ogni volta che ne assaggio(come il buon esempio in questione)non ne riesco ancora a capirne la ragion d’essere sopratutto economica visti gli esigui numeri di bottiglie prodotte.Ma tant’è .Se degli amici Irpinin dei grandi bianchi vogliamo godere anche pegno per qualche opinabile tipologia rossa dobbiamo pagare.Ma ora vi devo lasciare È domenica ed in cantina devo andare perché una grande annata di Fiano in tavola ho deciso di portare.FM.

  2. Caro Francesco, rispondo subito alla tua pertinente domanda a riguardo della denominazione Campi Taurasini.
    La denominazione Irpinia Doc Sottozona Campi Taurasini è abbastanza recente e prevede l’impiego di aglianico con almeno l’85% prodotto in un territorio limitato della provincia di Avellino che comprende ventiquattro comuni, di cui diciassette ricadenti nella zona del Taurasi Docg. Il Disciplinare è naturalmente più permissivo rispetto al Taurasi, il quale deve maturare minimo tre anni di cui uno in legno (la Riserva un anno in più), mentre il Campi Taurasini può essere messo in commercio già a partire dal primo settembre dell’anno successivo a quello della produzione.
    Ne viene fuori, quindi, un vino subito approcciabile, anche perché molte aziende preferiscono farlo maturare in contenitori di acciaio. Non si tratta di un sottoprodotto del Taurasi, ma soltanto di un vino alternativo e già pronto alla beva e comunque connotato da una sua spiccata personalità che per certi aspetti va a colmare un vuoto del precedente Disciplinare, così com’è successo in altri territori d’Italia come nelle Langhe ed a Montalcino. Il vino che se ne ricava è comunque di alto spessore e venduto ad un prezzo molto conveniente.

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