Erminia Di Meo 2003 Fiano di Avellino docg Di Meo


Erminia Di Meo 2003

Erminia Di Meo 2003

Mettiamola così: Per Erminia 2003 sta al Fiano di Avellino come il Taurasi 1968 di Mastroberardino sta alla prestigiosa docg rossa dell’Irpinia. Appartiene cioé a quella categoria dei vini eterni capaci di accompagnare una intera vita. Per Erminia fu infatti il primo esperimento compiuto d Roberto Di Meo sull’invecchiamento dei bianchi campani, culminato poi in etichette che stanno entrando nella leggenda e che adesso ben volentieri i sommelier propongono agli ospiti quando si tratta di andare oltre il semplice accompagnamento al cibo. In un memorabile pranzo allo Stuzzichino di Sant’Agata dei Due Golfi, in una giornata piena di sole lo abbiamo aperto ormai ventenne e lo abbiamo trovato in splendida forma, fresco, tonico e con la voglia di andare avanti. Una vera chicca per appassionati a cui adesso si accompagnano altre etichette altrettanto buone pensate da Roberto Di Meo. Imperdibile.

Scheda del 18 maggio 2020

Questa Pandemia mi ha restituito il senso di caducità delle cose che, confesso, avevo perso negli ultimi anni. Sarà per questo che le ultime otto domeniche sono state l’occasione per stappare otto vini che avevo ormai da tempo immemorabile nella casa in città  che per motivi misteriosi non avevo mai portato nella cantina in campagna. Vini importanti, che andavano assolutamente stappati senza perdere altro tempo.
Stranamente ho privilegiato i rossi e il primo bianco veramente importante è saltato domenica scorsa su una zuppa di vongole e cozze e un dentice perfettamente cotto in forno. Piatti sapidi, mediterranei, non anemici pesci dell’Atlantico o del Pacifico, che reclamavano la celebrazione di un bianco significativo.
Ed è così che ho preso questo vecchio Fiano, in realtà messo in commercio di recente, realizzato da Roberto e Generoso Di Meo in memoria della sorella Erminia scomparsa prematuramente otto anni fa.

Erminia è stata una delle prime donne del vino in Italia, personalità poliedrica ed espansiva, più vicina caratterialmente a Generoso che a Roberto, l’enologo di famiglia.
Fu proprio all’inizio degli anni ’90 che con lei e con Roberto, in una giornata freddissima come ormai davvero manco in Irpinia è possibile più vivere da quando c’è il global warming provocato da tipi come Trump, capii per la prima volta le potenzialità del Fiano. Mi fecero provare bottiglie vecchie avanzate dalle vendite e le trovai straordinarie. Il valore del tempo.
Dovessi scrivere un epitaffio sul mio operato come giornalista del vino, detterei questa frase: “capì ed aiutò a capire l’importanza di invecchiare i bianchi in Italia”. Diciamo è un messaggio che lentamente nell’ultimo quarto di secolo è passato e adesso davvero non si contano più le aziende che escono con uno, anche due anni di ritardo e alcune con vecchie riserve.

L’annata Duemila fu presentata due anni dopo la scomparsa di Erminia, una tiepida domenica di Primavera 2014 nel corso della quale organizzammo una bella degustazione in azienda con tanti amici. Una di quelle che solo il vino ti sa regalare.

Da tempo Roberto giocava con il tempo in un altra etichetta, Alessandra, questa dedicata a sua figlia. Così lontano solo Mastroberardino si è spinto con la linea Vintage.
Domenica è stata la 2003, annata calda come tutti ricorderete, che però ha riservato bellissime sorprese in territorio freddo come l’Irpinia come ebbe a predire Lucio Mastroberardino in un incontro tecnico qualche anno dopo.
Nel frattempo studi approfonditi della equipe del professore Moio hanno provato che il Fiano di Avellino non solo resiste al tempo ma si eleva, proprio come accade ai grandi bianchi, grazie alle sue virtù di vitigno semiaromatico che nell’arco di una decina d’anni evolve dalla mela verde ai sentori di idrocarburi.
Ed effettivamente è davvero difficile trovare una bottiglia di Fiano che non abbia questa caratteristica.
A tanti giovani appassionati di Borgogna io consiglio di conservare bottiglie di Fiano di Avellino per sei, sette anni. Avranno come premio a questa loro pazienza un appagamento straordinario (quanto il risparmio in euro!)
Ed è così che questa bottiglia, frutto di una lunga sosta sulle fecce e di un semplice pssaggio in acciaio, si è disvelata in tutta la sua potenza olfativa sin dal primo sorso senza alcuna difficoltà. Uno sbuffo potente, autorevole, in cui la frutta evoluta racconta il suo passato in una cornice fumè decisamente marcata, con note di miele di castagno molto precise, zafferano, anche idrocarburo. Un naso cangiante e meraviglioso, un crescendo rossiniano man mano che il bicchiere si riscaldava sino a raggiungere una temperatura quasi ambiente, come devono essere bevuti questi bianchi così vecchi.
Il sorso è stato un passo indietro rispetto al naso e questo è stato evidente man mano che passavano i minuti. Ben sostenuto da una insospettabile freschezza, intendiamoci, senza segni di cedimento o ammiccamenti ossidativi che pure hanno il loro perchè se ben in equilibrio. Ma la beva è stata stirata sino alla fine soprattutto dalla sapidità e dalla conclusione amarognola più che dal corpo del vino.
Complessivamente, però, una bellissima esperienza.
E’ stato bello trascorre l’ultima domenica di questo periodo irreale immergendoci in quella piacevole irrealtà che solo il vino, il grande vino, riesce a donare non con l’alcol, ma con i ricordi degli anni e la potenza dei profumi. Mi sono ritrovato con il cappotto addosso a bere vecchi Fiano con Roberto ed Erminia spiluccando pezzetti di salsiccia secca.
Ho rivissuto tutti i bei momenti trascorsi in queste campagne silenti, un tempo avvolte dalla nebbia, tra viti e noccioleti, querce e ulivi. E mettendo in programma questi giri che ogni bocconiano giudicherebbe perdita di tempo, torna la voglia di sentire il profumo di un territorio, perchè in campagna gli odori sono rimasti, proprio come un tempo erano le città, adesso tutte uguali, perfino Napoli.
In questo viaggio ho trascorso tutta la domenica pomeriggio e quando ho bevuto l’ultimo sorso ho rivisto l’amore della mia vita di fronte sorridermi.

Sede a Salza Irpina, Contrada Coccovoni. Tel. 0825.981419. www.dimeo.it. Enologo: Roberto Di Meo. Ettari: 20 di proprietà e 15 in gestione. Bottiglie prodotte: 300.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, fiano di Avellino, Greco di Tufo, coda di volpe e falanghina.

Un commento

  1. Un’annata che valeva il viaggio di una giornata.Complimenti a chi l’ha stappata e chiaramente bevuta.PS Vini che giocano in un altro campionato!Francesco

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