Food blogger e giornalisti a sbafo? Cari ristoratori, non lamentatevi su Facebook, la colpa è vostra


Food Blogger

Food Blogger

di Luciano Pignataro

Una chiacchierata con un collega che sta facendo l’inchiesta su cibo e comunicazione in Italia ha centrato l’attenzione su un tema sempre vivo sul web. In passato se ne parlava molto sui blog, ma oggi, con il diffondersi della social-idiozia, è veramente un dilagare generale. Vien da di dire puree pulluce tenen ‘a tosse” (“Anche le pulci hanno la tosse“).
Capita così sempre più spesso di leggere lamentazioni di ristoratori, ma anche di pizzaioli, contro persone che entrano con una macchina fotografica, non vogliono pagare promettendo un articolo di qui e di là, spesso e volentieri ormai semplicemente sulla loro pagina Facebook o una foto su Istragram perché ormai la media di lettura di quasi tutti i loro blog è scesa pesantemente negli ultimi tre quattro anni.

Mettendomi nei panni di un ristoratore alle prime armi, o che si vuol far conoscere, arrivo a comprendere l’atteggiamento, almeno la prima volta. Ma devo dire che ho capito che non c’era più nulla da fare contro il grigio quando ho visto il dilagare di food blogger (e giornalisti) improvvisati anche negli stellati e nei superstellati dove mai li avrei immaginati.

Da quando questo è successo, tutti hanno iniziato a pensare: “Ovviamente se un Tre Stelle accoglie Pinco Pallo, che non è nessuno, gratis,  lo accredita verso noi colleghi. Se lo fa X con 3 Stelle, a maggior ragione conviene farlo a me”.

Ormai ci sono persone che proprio di mestiere fanno questo presentandosi, magari dopo la serata di inaugurazione o la serata stampa, con i propri genitori, con parenti o con il fidanzato/a e marito/a quasi ogni settimana se non di più. Ricordo un pranzo a Ischia con uno di loro, al momento del conto mi disse stupito: “Ma questo che fa, perché dobbiamo pagare?”.

Tutto questo accade perché si è allargata la zona grigia tra promozione pubblicitaria e giornalismo, tra giornalismo e food blogger, tra consenso e informazione per usare una fortunata perifrasi di Vincenzo Pagano.

In soldoni, è il caso di dirlo, non ci sono poi tanti editori in Italia disposti a pagare un recensore rimborsandolo o, meglio, pagandoli uno stipendio. Purtroppo gli editori italiani, quasi tutti, non hanno scelto la strada della qualità ma quella del taglio dei costi e della dequalificazione dei loro dipendenti per poterli pagare di meno con la scusa della crisi del cartaceo.
Se penso, parlando della mia categoria, che trent’anni fa un giovane assunto con tre stipendi comprava un’auto e che oggi con tre mesi di lavoro un giovane precario a stento riesce a sostenersi, si capisce la perdita del potere di acquisto dei giornalisti professionisti.

A maggior ragione per chi è free lance.

In questa zona grigia che si estende c’è praticamente di tutto: il giornalista professionista, l’ispettore delle guide che va a rimborso (parziale) delle spese, l’appassionato che si diverte con il proprio blog o la propria pagina social, coloro che fanno un altro lavoro e che arrotondano proponendosi improvvisati recensori per pochi soldi, i truffatori veri e proprio che promettono mari e monti, consulenti improvvisati in nero, consulenti improvvisati in chiaro  e consulenti preparati e bravi, food blogger che non hanno problemi a dichiarare che scrivono solo se sponsorizzati dal prodotto di lusso e dall’azienda importante. E il ristoratore non riesce a capire la differenza di chi si trova di fronte anche perché se fa paura una recensione negativa su TripAdvisor, figuriamoci l’eventualità di un post negativo, fosse anche scritto da Pinco Pallo. Ma è anche vero che molti ristoratori ci marciano: per un pranzo gratis si garantiscono un pezzo, in fondo è meglio di un annuncio pubblicitario.

Anzi, i mediocri amano questa zona grigia. Lo abbiamo visto con le reazioni alla nostra classifica delle pizzerie sul lungomare e a Caserta dove siamo stati in incognito, pagato e scritto ricevendo reazioni scomposte e incredibili.
I buoni ristoratori, i bravi pizzaioli, dovrebbero invece desiderare che questo sia l’unico metodo di giudizio.
Mi ha molto divertito, apro una parentesi, l’obiezione sui titoli di chi aveva fatto il giro dei locali. Mai sentita una analoga quando si tratta di articoli leccaculo. Come, lì il problema della qualificazione del critico non si poneva?

C’è una soluzione a questo panorama un po’ deprimente soprattutto per i clienti normali che non conoscono questi benefit?

La prima, di sistema, è che gli editori puntino davvero su questo settore che rappresenta l’unico in forte crescita ed espansione in Italia e all’estero. Ma sinceramente non ho molta speranza perché i media tradizionali cartacei non mostrano di avere visione sulla qualità e sono ossessionati unicamente dal costo del lavoro dei loro dipendenti dei quali non vedono l’ora di liberarsi.

La seconda, in attesa che si realizzi l’utopia della prima, è molto semplice: far pagare i conti.
A tutti.
Solo così si può rompere il meccanismo perverso estorsore-corruttore sapendo che la prima volta che non hai fatto pagare X che non ha alcun titolo, dovrai pagare anche Y, Z, W e chissà quanti altri che stanno sullo stesso livello.

Siccome siamo all’epoca dei social devo parlare anche di me.
Ci sono luoghi dove l’amicizia con i ristoratori è talmente antica che non riesco a pagare, in questi casi porto io il vino o prendo bottiglie fuori carta dimenticate. Con loro, le volte successive, mi regolo di andare ospite di un amico o di qualcuno che alla fine paga il conto. Dove capita che non ho pagato, non torno mai prima di un anno. La maggior parte della volte, ossia parliamo del 90% dei casi, pago. Nel restante 10, si lascia una buona mancia.

Io credo che non ci sia niente che renda più liberi di pagare un conto. Quando ho saputo, dopo aver pagato 400 euro per due in uno stellato, che il giorno prima c’era stato uno di questi Scaramacai “a gratis” non mi sono sentito pigliato per fesso, ma ho misurato la distanza tra un professionista e un dilettante. Pagare i conti, dunque.
Primo, perché toglie ogni imbarazzo, secondo, perché così puoi scegliere il vino che vuoi:-)

E adesso sotto con gli insulti, la pubblicità fa sempre bene:-))))

17 Commenti

  1. Capita di scrivere un post, capita di scrivere due righe di questo tenore al ristoratore, ” giro, per dovere d’informazione, il link relativo al post pubblicato…”, capita, non nell’immediato, ma irrimediabilmente nemmeno più nell’anonimato, di tornare, in questo lasso di tempo, succedono cose, le più disparate, si assiste, ormai disillusi, a maschere smascherate, si scoprono belle persone da semplici e assolutamente non filtrate risposte e persone meno belle e piccate da risposte non date, si ricevono telefonate di ringraziamento con l’invito ad andare ad assaggiare il tacchino, gentilezze inaspettate e scuse per un servizio offerto sotto tono, si ricevono inviti ad inaugurazioni, a cene con gli autori, dei piatti e dei libri presentati, il rischio di diventare come “gli sbafatori” di Camilla Baresani esiste, capita di ricevere, inaspettati e graditi attestati di stima, da ristoratori stellati e non che leggendo un post si sentono ancor più motivati ad andare avanti, avvengono scambi di energia, capita di ricevere e rifiutare proposte di collaborazione che prevedendo rimborsi limitano inevitabilmente la libertà che, come ha scritto recentemente in un post proprio ELLEPI, è la cosa più bella e bene preziosissimo.
    Recentemente mi sono sentito dire, torni e si faccia riconoscere, o passi a trovarci, avremmo piacere…anch’io avrei piacere ma non vorrei perdere la credibilità, chi mi ha introdotto in questo mondo mi aveva dato le indicazioni giuste, qui non ci possiamo andare, mi diceva, non ci farebbero pagare…quando capitava, la mancia doveva compensare l’inaspettata gentilezza.
    Credo sia giusto pagare il conto, sempre, se si ricevono gentilezze si deve trovare l’occasione per ricambiare, da parte mia, torno, porto gli amici più cari da chi con me è stato caro di animo e non nel conto e pago anche per loro.
    Nessuno mi deve nulla, non devo nulla a nessuno, esco a pranzo per passione, ceno fuori per amore, scrivo soprattutto per me stesso e non soffro di aspettative disattese.

  2. Concordo sul suo discorso esposto in tutti i minimi particolari, ma non capisco un punto : LEI SI DEFINISCE PROFESSIONISTA NEL CAMPO ( e su questo non ci piove) – LEI È OBIETTIVO ( su questo ” ci piove” invece) -mi spiega perché il 70% dei suoi articoli in merito al MONDO PIZZA parlano SOLO DI GINO SORBILLO?! (Più showman che pizzaiolo, più social -lover che pizza-lover, più marketing che sostanza) Ricordo ancora le mie risate ( e non solo le mie) alla frase di un recente articolo suo in merito I 10 pizzaioli emergenti : SOLO GINO PUÒ SUPERARE GINO.
    Elogio in pompa magna a più non posso.

    1. Non sono condizionato ma non pretendo di essere obiettivo, nessuno lo è. Nemmeno lei quando dice che il 70% dei miei articoli riguardano Sorbillo (che è comunque una delle immagini forti della pizza napoletana in Italia): nel blog sono infatti censite 340 pizzerie e gli articoli sull’argomento sono almeno 700.
      Ecco se io avessi dato questa notizia in questo modo, così poco obiettiva, al mio giornale sarei stato licenziato:-)
      Ah, perché Sorbillo le sta così antipatico?

      1. La ringrazio per la risposta.
        In merito a Sorbillo concordo sulla sua fama nel mondo pizza,ma credo sia solo marketing ed esibizionismo ( doveva fare l’attore non il pizzaiolo ma aihmè è nato in una stirpe di pizzaioli),il suo successo è meritato sl in parte-grz alle sue conoscenze è onnipresente (eventi riviste recensioni blog) grz alle sue arti di oratore grande uomo mediatico e con la faccia da brav’uomo suscita simpatia immediata e si finge umile e disponibile(x il suo tornaconto lo è sempre); clientela solo universitari e turisti la sua pizza è teatrale-Sguazza sui socials 24h su 24 con una martellante condivisione( con chat annesse )giustamente se sei cliente e posti la foto lui si arroga anche la libertá di contattarti e martellarti in prv per finire per bloccarti il suo inutile profilo di pizze dopo il tuo rifiuto.

    2. e io concordo, anche con la punteggiature, le parentesi, i punti interrogativi, con Pignataro e con Daniele Cernilli.
      Domanda: abbiamo tutti e tre i nostri annetti: Daniele, più di Luciano e me. Non é che entrano in gioco anche un fattore generazionale, elementi di educazione, di cultura, di formazione, dell’idea del giornalismo che noi, che siamo giornalisti prima che food o wine blogger, abbiamo e che altri, più giovani di noi, invece considerano come un optional?
      Secondo me ha capito benissimo questo fenomeno di degenerazione, questo démi monde popolato da cialtroni e fafiuché, l’espressione é di Giacomo Bologna, la bravissima (e affascinante) Camilla Baresani, in questo suo piccolo capolavoro, Gli sbafatori, che ho terminato di leggere per la terza volta settimana scorsa a Parigi.. http://www.ilgiorn aledelcibo.it/gli-sbafatori-romanzo-baresani-recensione/
      Se non lo conoscete, leggetelo, é il miglior ritratto di questo mondo di pseudo esperti che viaggiano a ufo, di editori improvvisati, di p.r. spregiudicate pronte a tutto, di chef superstar e di gourmet dalle debolezze incredibili…
      Comunque bravo ancora a Luciano, con cui sono tornato a parlare, al telefono, sabato, dopo circa un anno e mezzo che non ci si parlava più. L’iniziativa l’ho presa io…

  3. Caro Luciano,
    sai gia’ come la penso perche’ sul punto mi sono espresso plurime volte. Ma, in sintesi: tra Wanna Marchi e le sue presunte vittime, io sto con Wanna Marchi. Se il ristoratore babbeo si fa imbambolare dal blogger, sto col blogger e sto col blogger anche se il lettore babbeo si fa imbambolare dalle machette del blogger medesimo. Lo dice uno che vede i blogger come fumo negli occhi, ma loro almeno sono furbi. Il discorso vale anche per certe note manifestazioni che danno spazio ai blogger compiacenti: chi e’ piu’ contento di un becco felice?
    Aggiungo una cosa che e’ impopolarissima: ma non trovi grottesco pagare il conto di un ristorante che recensisci gratis? Cio’ che e’ fatto gratis e’ lavoro? E’ informazione quella fatta gratis? Insomma e’ tutto un cortocircuito.
    La redditivita’ e’ una componente fondamentale di qualunque lavoro, compreso quello del giornalista. E la redditivita’ non consiste nel mangiare gratis, bensi’ nel farsi ricompensare per la recensione. Senno’ si chiama sbarcare il lunario, non lavorare. Il giornalista paga, invece, perche’ con lo sbafo non salda le bollette.
    Scusa lo sfogo…

  4. vedo con piacere che il Tesi, già “amico” con il quale non parlo più da anni (eppure siamo tutti e due interisti, come Luciano, e abbiamo più o meno le stesse idee politiche) é arrivato alle conclusioni cui sono arrivato io, qualche tempo fa, con amarezza, in questo post: http://www.vinoalvino.org/blog/2017/01/blog-non-dant-panem-ma-nemmeno-i-giornali.html
    Mala tempora currunt ed i marchettari imperversano. Anche perché ristoratori e produttori di vino accettano di pagare il pizzo o le marchette che sono loro proposti, non imposti, da “colleghi” con tanto di pelo sullo stomaco…
    O no, Tesi?

  5. …che poi basta organizzare un trenino per mangiare a sbafo senza essere né giornalista accreditato, né anonimo food blogger…

  6. Stefano Tesi scrive
    “La redditivita’ e’ una componente fondamentale di qualunque lavoro, compreso quello del giornalista. E la redditivita’ non consiste nel mangiare gratis, bensi’ nel farsi ricompensare per la recensione”(S T)

    Non conosco Tesi, ma queste parole sono da interpretare: in che senso una recensione va ricompensata?
    Cioè ci si mette d’accordo sul prezzo che va pagato dal ristoratore al giornalista per una recensione?

    Spero che non sia così che vadano interpretate le parole di Tesi perché usciamo fuori dal giornalismo vero e entriamo nel mondo della comunicazione e delle markette.

  7. E’ chiaro che Tesi si rifeririva all’editore per cui lavora un giornalista e che dovrebbe pagare giustamente il lavoro di recensione.
    Ma nel mondo dei blog penso che, invece, il fenomeno delle markette sia molto diffuso.

  8. Non è così chiaro caro Luca, oppure fin troppo chiaro…
    “Aggiungo una cosa che è impopolarissima: ma non trovi grottesco pagare il conto di un ristorante che recensisci gratis?”
    Queste le parole esatte della provocazione di Tesi, che da toscano, conosce fin troppo bene l’uso della parola e anche quello della libertà della stessa.
    Visto che pago i miei conti, mi permetto una riflessione, col massimo rispetto per le parole di Tesi ma anche per me stesso, chissà se sarà consentito, lecito ed eticamente corretto, una volta pagato il conto, segnalare col passaparola ai propri amici le impressioni di Settembre di una cena di fine estate senza correre il rischio di apparire grotteschi…ne parliamo a casa, sembra stia per piovere, chi sei per dirlo, un colonnello dell’aereonautica…no, ma basta che non mi spacci per lui mentre lo affermo.
    Santi bevitori o food blogger sbafatori ?
    La risposta al servizio o un servizietto in risposta, la questione è spinosa, ma come un fico d’india, invita all’assaggio.
    Chi si nutre di parole, mangia meno, ma il mondo sta cambiando e un venditore di segnali di fumo non può prendersela con la Apple.
    Il solo confronto di opinioni ben pagate e qualificate porta certamente a giudizi tecnici, più centrati ma anche un po’ noiosi, come le inaugurazioni o le cene ad invito.
    Difficile capacitarsi ci sia gente mossa unicamente da passione, forte il rischio di non poter nemmeno dire davanti ad un caffè sospeso, a meno di aver superato il corso a Coverciano, rivorrei Quagliarella a Napoli

  9. E’ molto interessante la replica di Marco Galletti.
    Le problematiche che il post ha trattato sono di non facile soluzione.
    A livello personale potrei esprimere stima(e l’ho fatto anche) verso M Contursi, D Cernilli, F Ziliani, M Galletti (e anche altri che scrivono su giornali o blog) ma, da lettore appassionato, nel corso del tempo, ho sviluppato un forte scetticismo sulla blogosfera (e l’ho detto più volte in questo blog)
    Purtroppo, in questa situazione ambientale, vengono danneggiati un po’ tutti.
    E i ripetuti post di Luciano Pignataro sull’argomento sono il tentativo legittimo di fare chiarezza, di offrire al pubblico elementi di riflessione.

    Cosa si può fare? E’ difficile dirlo.

    Da lettore potrei fare un elenco di atteggiamenti e comportamenti che riducano il mio scetticismo e aumentino la fiducia dei lettori verso chi scrive.
    Ma ne ho accennato in altri post e ci saranno altri momenti per parlarne.

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