Franciacorta Cuvée Prestige / Ca’ del Bosco


Franciacorta Cuvée Prestige


di Fabrizio Scarpato

Bella è bella. La bottiglia. La incartano come una caramella al limone e sinceramente non lo meriterebbe, anzi come accadeva per quei torroncini degli anni settanta il Cuvée Prestige non si dovrebbe incartare mai. Un privilegio da dividere con poche altre bottiglie, sotto il segno ruffiano e acchiappante di liquide trasparenze dorate.

E la bellezza si manifesta persino esagerata nelle sfaccettature adamantine dell’oro nel bicchiere, adornato di una spuma schiumosa, bianca come una stola, ma subito evanescente, per lasciare posto a un perlaggio fitto, fine, prorompente. Ne avverti il vento sulla faccia se accosti il bicchiere: frustata fisica, essenzialmente carbonica, che lascia poco spazio alle suggestioni.

E poi sono profumi tropicali, densi, di pesca gialla appena matura e mandarancio, di ananas bromelinico che allevia tutti gli affanni in un abbraccio caldo e intenso, tra nostrane fragranze lievitate, dolcemente punteggiate di mela golden e cannella.

Tabriz, particolare

Tutto si veste di misteri orientali, di ori, spezie e broccati: la stessa etichetta richiama i fini motivi floreali di un tappeto Tabriz o le lucenti redingote sherwani, indossate dagli antichi maharaja di Jaipur. Misteriosa sensualità che ti avvolge subito con un sorso rotondo e morbido, che ti blandisce con la pienezza vellutata dell’effervescenza minuta e insistente, che ti intriga con sfumature agrumate fino al primo confine della dolcezza: un richiamo alla pasticceria inzuppata di alcol, può essere all’alkermes dei diplomatici. Un corteggiamento al limite della vanità, narciso, che non indulge nel ricordo di sé. Un taglio d’amaro in fin di bocca, netto e definitivo. Laggiù in fondo, l’illusione di una vaga, sospesa affumicatura.

Ma la bottiglia è vuota, e tutta la bellezza era nel vino che piace, in quella morbida carezza orientale, intensa, per quanto fuggevole. E in fondo non potrebbe essere altrimenti. Da provare lentamente, assecondandone l’indole avvolgente, comprendendone la splendida caducità, senza sperperarne a casaccio le gocce, come un Cassano qualunque, qualche tempo fa, giulivo e insensibile sul prato scudettato dell’Olimpico.

8 Commenti

  1. No riesco assolutamente a capire come faccia Fabrizio a sprecare tutta la sua poesia per quello che ritengo essere uno dei meno azzeccati( eufemismo) prodotti della meritevole azienda di Erbusco. C’e di molto meglio, in Franciacorta, caro mio, anche nella stessa maison. Non e’ che hai ancora addosso gli effetti clamorosi da acido lisergico di tutte le meraviglie bevute lunedì:-)

    1. Beh, richiamare la dolcezza alcolica dei diplomatici, definirlo narciso e non particolarmente persistente, mi sembra in linea con la vostra valutazione. Tuttavia, nei limiti, può piacere, come non va sottovalutata l’operazione di marketing ed estetica. Certo è che non credo vada demonizzato e tantomeno sprecato solo per i brindisi dei milanisti ;-)
      (ah il pezzo è stato scritto a settembre, quindi senza fumi e senza postumi… per quanto, il DP Vintage 2000 qualche dolcezza…)

  2. So benissimo che non l’hai scritto ieri, ma volevo fornirti un alibi. Gesto d’affetto:-). Comunque il prestige mi ricorda il blange’: bello da vedere in bottiglia, scarso nel bicchiere e la bottiglia, ormai finita, diventa brutta pure essa. Un mix perfetto per avere successo:-)

  3. ………………fino a qualche tempo fa andava solo a champagne, ora nemmeno ad acqua…………………

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