Gennaro Ponziani, il direttore del Gran Caffè Gambrinus va in pensione e ci lascia i suoi incredibili ricordi


Ponziani con proprietà

di Emanuela Sorrentino

I bar sono stati la sua vita per 59 anni. Gennaro Ponziani, direttore del Gran Caffè Gambrinus, è andato in pensione. Classe 1958, aveva 8 anni quando cominciò a portare i caffè nei negozi e nel teatro “Esse” di via Martucci, zona bene della città. Sua zia Anna aveva il Bar Pino, il piccolo Gennaro andava da lei per mangiare. «Non circolavano troppi soldi in famiglia, mi arrangiavo», racconta l’orgoglioso ragazzo dei Quartieri spagnoli, un “faticatore” – come dicevano i suoi colleghi più anziani – che amava poco studiare e molto lavorare. «Una volta mi trovai coinvolto in una rissa tra due attori al teatro “Esse”. Amavano la stessa donna, ci finii io di mezzo: tutti i caffè rovesciati sulla camicia bianca. Zia Anna non se la prese, per fortuna».

direttore ponziani

Tornando una sera a casa, fu colpito dalle luci e dal viavai del Bar del Sole che si affacciava su piazza Trieste e Trento, a un passo dal Gambrinus, quella che sarebbe stata la sua casa per 32 anni. «Ero un bambino affascinato da quel mondo: i baristi, i camerieri, i clienti… La cosa più bella era lo spruzzo di seltz con la pistola nel bicchiere. Il direttore Peppino mi offrì 90 lire al giorno. Accettai. Contribuivo alle spese familiari: mia madre riuscì a comprare i mobili per la casa anche grazie ai miei guadagni», ricorda nel libro “Una vita al sapore di caffè” scritto con Rosario Bianco per Rogiosi Editore. Gianni Rumolo e Giuseppe Carandente i maestri del caffè, Giovanni Fummo – il barista dei 12 milioni di caffè poi ritrovato al Gambrinus – un modello di professione e vita, sorridente e infaticabile dietro a quella macchina. Quando Ponziani iniziò a lavorare nei bar un caffè costava 20 lire. Di giorno, andava in negozi e uffici con il vassoio, anche al Salone Margherita. E, di notte, c’erano altri clienti. «Quello delle prostitute e dei travestiti nella zona del teatro San Carlo. Una sera Coccinella, un noto travestito, mi diede 10 mila lire per un toast e una coca cola. Una volta arrivò la buoncostume e io mi disperai: e mo’ chi mi paga?».

Gennaro Ponziani con i titolari del Gambrinus

A 12 anni – ricorda Gennaro – «avevo già una discreta carriera alle spalle». E cominciò il giro dei bar, dopo aver incontrato Elisabetta, quella che sarebbe diventata la moglie della sua vita. «Io ho studiato poco, mi sono dedicato subito al lavoro. Ma i nostri figli sì e sono orgoglioso di dove sono riusciti ad arrivare Anna, Veronica e Daniele». Bar Lucia, Bar Tulipano, Bar Mosca, La Buca, Bar Crystal, Casina dei fiori, Bar Imperatore, Caflisch, la caffetteria della Standa. Passaggi significativi di una carriera partita da piazza Trieste e Trento e conclusa qui, al Gambrinus, dove Ponziani è arrivato dopo l’esperienza al Bar Riviera. «Dove mi dedicai ancor di più al caffé, alle miscele quanto alla preparazione. Quando i due azionisti d’Abundo e Lauro uscirono dalla società, mi proposero di lavorare sulle loro navi. Ma rifiutai». Perché il ragazzino Gennaro aveva un sogno: il Gambrinus, che ora lo ha premiato con una medaglia alla carriera donata dalla proprietà con lo staff. «Ne parlai con il direttore Antonio Cucciniello, che abitava come me ai Quartieri spagnoli. Entrai in una famiglia, quella dei Sergio e dei Rosati, e nella storia di Napoli».

Napolitano, direttore Ponziani e Arturo Sergio

Trentadue anni di lavoro nel locale che aprì i battenti nel 1860, con tanti personaggi ed eventi da ricordare. «Ho avuto la fortuna di incontrare i Presidenti della Repubblica, da Cossiga a Mattarella. E i Pontefici. Quando Papa Francesco venne in piazza Plebiscito gli servii il caffè. Lui voleva allungarlo con l’acqua. E io mi permisi di fare una battuta: “Santità, questo non si può fare”.

ponziani e papa francesco

Lui sorrise promettendo che non lo avrebbe fatto mai più…». E poi scrittori come de Giovanni che scelse un angolo del Gambrinus per i racconti della sua serie più celebre, “Il commissario Ricciardi”», artisti di tutto il mondo, personaggi dello sport, dai campioni del Napoli agli olimpionici. Cinquantanove anni nei bar di Napoli. E ora? «Vorrei continuare a insegnare l’arte della caffetteria. Che non è un gesto ma una cultura. Il bancone di un bar come il Gambrinus è il palcoscenico di un teatro».

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