L’ambasciata di Quistello, Maffi’s Stardust Memories


Romano e Carlo Tamani

Maffi invecchia, oggi è il suo compleanno. Nostalgia per i bei tempi che furono, non per lui, ma per l’Italia. Ed è in questi momenti che questo omone burbero vissuto nei freddi e nelle nebbie del Nord tira fuori il meglio di se, quello che fa innamorare tutte le donne.  Auguri, vecio

di Giancarlo Maffi

Era l’estate del 1986. Calda, come sembrava essere questa. Tornavo da Bologna, rappresentando gli orologi Hermes. Era andata benino, tutto sommato. Guida dell’ Espresso in mano, eh si già allora, ero indeciso fra, mi pare, Soragna e una trattoria nel mantovano. Poi mi cadde l’occhio su un paese dal nome strano, Quistello, e il locale, titolazione pomposa mica poco: Ambasciata. La descrizione del recensore ingolosiva, il prezzo era alto ma mi ero guadagnato la giornata. Pigliai la cartina Michelin, i navigatori al tempo erano nella pancia della madre del loro creatore, e misi rotta a Pegognaga, l’uscita più vicina alla meta , se vieni da sud/ovest. Il locale, da fuori, faceva francamente schifo.

Un omino però ti accoglieva nel parcheggio, generoso di modi. Allora era grasso che colava un parcheggiatore, di giorno poi! Sarà stata l’una e mezza e il sole spaccava anche i maroni. Allora l’Ambasciata non era come oggi. C’era un dentro, boiserie e velluti bordonati, e un fuori, bello, ma poteva capitarti di essere preda di zanzare potenti. Le golene del Po a un tiro di schioppo. Vengo accolto da uno con la faccia da furbo, poi scoprirò chiamarsi Francesco, detto Carlo, il Tamani di sala. Mi scorta nella sala bella, con aria fresca. Quel giorno si aprì un mondo nuovo. Fiori, tanti, perfino troppi. Cassette di vino di lusso, sulla strada del bagno, laggiù a destra. Tavoli lussureggianti, vanesi, ricchi, bicchieri enormi di Riedel, dlibri ammassati, d’epoca. Carlo serve dello champagne, un impeccabile cameriere gira con dei meravigliosi ….., poi del parmigiano, locale, a pezzettoni. Grossi, lussuriosi.

Poi la carta del cibo, non ancora ridondante come quelle successive, degli anni ’90. Poi arriva Romano, il grande Romano, il grosso Romano, il papa Romano. Cadenza stupenda, un po’ in falsetto, con il tempo si scoprirà perché. Chiedo: ma leggo un menù di sole paste? Certo Signore, dice Romano calcando sulla s, noi facciamo anche quello. Ricordo ancora cosa presi quel giorno: commovente frittata di cipollotti all’aceto rosa quistellese, tortelli di zucca, per me i migliori di tutti, principeschi, da Grand Bouffe, agnoli in brodo di cappone, rinascimentali; bigoli al torchio, ancestrali; tagliatelle al pomodoro, melone e menta( sissignori nell ’86); faraona del vicariato come secondo, con melograno e aceto balsamico.

Ambasciata, il piatto

Quel giorno parti’ un innamoramento che non ebbe mai fine, poi tradito ai tempi di una intervista a canale 5, caso Bottura. Quel giorno capii che in quel luogo di perdizione in cui il cibo viveva come pura libidine sessuale, avrei potuto farci di tutto. Carlo mi disse, qualche anno dopo, che quel giorno mi vissero come un ispettore Michelin. Ero troppo serio disse, in realtà fui intimidito dal luogo e dalle persone, giravo con la guida che leggevo a tavola insieme al solito quotidiano, Repubblica, e bevvi mezzo bicchiere di champagne, l’altro fini’ sui tappeti persiani, e acqua. Da allora l ‘Ambasciata divenne la mia perdizione. Ci andavo comunque, anche con le nebbie. C’erano i fossati in quelle maledette stradine. Non ci finii mai. Legai Quistello alle mie storie d ‘amore. Quando venne il grande boom degli orologi, pochi anni dopo quella prima volta, raggiungere i Tamani era una scemata, da Bergamo. Le possenti ma elastiche e giocose Porsche di cui mi dotai in quegli anni di sfarzi e dabbenaggine ci mettevano un’ora e un quarto , su una autostrada che non aveva controlli. Ci portai tutte le storie importanti della mia vita (io ho avuto solo storie importanti, trombare per trombare, come dicono qui in Versilia, non mi è mai piaciuto).

Ambasciata, il menu

Inaugurai la stagioni delle sveltine consumate nei bagni, all’Ambasciata. Quando poi chiusero la terrazza e ci fecero la sala principale, anche i bagni diventarono due e gli amoreggiamenti più agevoli. Ché poi il problema erano quelle dannate vetrine nell’antibagno. Mostravano l’intimo della Christies, affermata ditta con sede in paese, che a volte firmava cosette non proprio per educande. Saliva l’ormone e il gigantesco tortello restava in attesa nel piatto. Che poi si pensava di non dare nell’occhio, noi ingenui.

Ci penso’ il malefico Romano, una sera di pienone ma tutti di amici, bloccandomi in mezzo alla sala mentre, con fare di nulla, seguivo la mia donzella al bagno. “Forse ha dimenticato questo, SSignore”, mi disse sventolando il più classico dei profilattici in mezzo ai sorrisi di tutti. Me la cavai, togliendo da una tasca una cosa qualsiasi e rispondendo: ho il mio, SSignore lasciandolo in tralice.

Giuro parti un applauso! Ma il pensiero più bello corre alle mattine di certe domeniche invernali. Ci andavo per il fine settimana. Chiudevo a Bergamo la baracca, in anticipo alle 19. Borsoni pronti e auto con il pieno. A rotta di collo verso Mantova. Ci si strafogava di risotti ai tartufi delle golene e di quella mitica anatra cotta in un litro di sherry, con certe patate arrosto mai trovate da nessuna altra parte al mondo, con quei dodici piatti di biscotti e tortelli dolci ripieni di crema pasticcera ancora calda.

Ambasciata, l’anatra allo sherry

 

Ambasciata, Anatra, servita …e riverita!

Per non parlare dello zabaione servito al tavolo dal paiolo di rame da Romano in persona, calato sopra un pezzo di salame al cioccolato da brividi.

Ambasciata, zabaione al Marsala De Bortoli…durante

 

Ambasciata, salame al cioccolato

Poi si riparava in un hotellino a 100 metri, a volte andandoci mentre nevicava grosso così. Ma la mattina, la mattina dopo era la mia libidine. Facevo colazione con la mamma dei Tamani, una signora minuta che parlava il suo dialetto in modo tenero. La aiutavo a sollevare la claire e si prendeva il caffè insieme, ai tavoli sparecchiati. Si chiacchierava mezz’ora del più e del meno poi lei mi congedava, ché aveva da preparare la zucca per i tortelli.

Ambasciata, i tortelli di zucca

 

Qui davvero, oggi, mi viene da piangere…. A quei momenti perduti nel tempo, volati via…via. Ci avevo pure prenotato il matrimonio. Ma non era la donna giusta e io non ero l’uomo giusto per lei. Carlo signorilmente mi restituì l’abbondante acconto in bottiglie di Gaja. Erano gli anni in cui si battevano per la terza stella con i cugini del Pescatore di Canneto. Io preferivo i Tamani, vinsero gli altri. Iniziò, molto dopo un lentissimo declino, perché Romano non volle figli, schifandogli il mondo femminile. Già mal tollerava le mogli e compagne dei clienti amici, figurati il solo pensare di coricarsi con una esponente del sesso a lui decisamente opposto. Carlo di figli ne ha fatti ma non ci sono portati, a quella professione fatta di sottigliezze acute. L’Ambasciata forse chiuderà, quando qualcuno farà capire a Romano che è venuta l’ora di non calcare più le scene di quel grande teatro dove lui e’ stato, semplicemente, il più grande di tutti, in quei tempi, per la cucina, lo sfarzo e il servizio, che per lunghissimo tempo e’ stato il migliore d’Italia.

Io ho i lucciconi veri….Spero che facciano una settimana di bagordi, per finire tutto quello che avranno in dispensa, in grande felicità. E spero si ricordino di me. Oggi non ho più il coraggio di andarci, e non perché non si mangi ancora bene o perché sia costoso.E’ che proprio mi si spezza il cuore…. E, in fondo in fondo, il ricordo più bello è legato a una domenica mattina nebbiosissima di gennaio: raggiungevo l’Ambasciata a piedi per la solita colazione e incontrai Romano che andava verso il bar dei locali su una bicicletta scassatissima, in pantaloni a quadrettini da chef, tabarro pesante e sciarpona annodata alla moda di Montenapoleone. Vedendomi bofonchiò’ urlando nel suo dialetto comunque comprensibile ; “brutto bergamasco, vai da mia madre a arruffianarti i tortelli da portare a casa, vè “. Ma rideva, allontanandosi nelle brume… Dissolvenza. Fine.

 

Ristorante Ambasciata
Via Martiri di Belfiore, 33
Quistello (Mn)
Tel. 0376.618255 – 619003
www.ristoranteambasciata.com
Chiuso la domenica sera e il lunedì

20 Commenti

  1. Gola, senso, sesso, olfatto, guasconeria, testa, pancia, storia, lusso, cultura, semplicità…..che bello! Questa è la gastronomia, non un gioco per giovani raccontatori di storie di terza mano o di blogghettari prezzolati. Grazie.

  2. questo sarebbe il Maffi che mi piace, poi c’è un” Muffin” ma quello è roba x gente golosa. ciao vecio. Auguri.

  3. Hai presente l’amica di Debra Winger in Ufficiale e Gentiluomo? L’amica cretina che applaude al passaggio di Mayo con la sua donna in braccio, dicendo “brava, è così che si fa”, quando lei aveva fatto tutto l’opposto con esiti devastanti. Ecco io sono Lynette: non avrei potuto né voluto fare nulla di quanto Giancarlo (e sottolineo Giancarlo) ha scritto. Ma oggi sono qui a dirgli “bravo, è così che si fa” e questo cazzo di schermo che ho davanti non riesce a trattenere l’onda, la tracimazione luccicante, nebbiosa, opulenta, eccessiva di brandelli di vita. Altrui. Il tempo è una merda, ma su un orologio quel salame di cioccolato con lo zabaione ce lo vedrei. Così da guardarlo ogni tanto e riuscire a fermare il tempo che passa, per gustarselo come si fa con le cose belle, con le cose che non si dimenticano, e che sono solo tue. Tanto c’è sempre un amico che non ha capito un cazzo che ti dice “bravo, è così che si fa”. Auguri, Giancarlo.

  4. Bello. Caldo e pure romantico se leggete bene. Tutto quello che avrei voluto fare anch’io ma, ahimé, non ho mai avuto il coraggio di fare (e in questo, caro Fabrizio, siamo accomunati)… e non parlo naturalmente delle mangiate pantagrueliche in luoghi di così alta perdizione ! ;-)

  5. C’è un sentimento vorace in noi
    Nelle pieghe nascosto
    Di un pudore bambino
    Che lascia alla luce
    Il poco di se
    Che non fa vergogna
    Di essere nudi
    Avere paura
    Che non sia sorriso
    Ma gocce di sale
    Nel tiepido sonno
    Che sgorga improvviso
    e non so da quando
    Ti vedo vicino
    Così tanto al cuore
    Da averne paura
    Del nome da dare
    e allora lo scrivi
    Che parole son poco
    e allora ti segni
    Per dirlo col tempo
    i piccoli segni
    Le lacrime dentro
    Qual tanto di te
    Che vuole davvero
    Venire, che bello
    Per senso di te.

  6. Allora, tanti auguri di Buon Compleanno e cento di queste toilettes, ma solo perchè ci sono altri modi più comodi :-D

  7. Ragazzi, sono basito e non so come ringraziarvi. Tutti. Belle cose. E mi fa piacere che Leo abbia capito davvero. Non avevo dubbi. Fabrizio sei fantastico lo sai…. Per quanto riguarda Alessia, mi stupisce ogni giorno che passa…In fondo grazie a me per aver trovato il coraggio di scriverla, questa cosa.. Esporsi al mondo nudo non è’ mai facile, nemmeno per me . Io sono timido.

  8. Nell’estate del 1986, calda come sa essere questa,ahimè avevo solo 8 anni. Confesso che mi sarebbe piaciuto quel posto, mi sarebbe piaciuto viverlo. Tutto sommato, ora che ho raggiunto un’età che si può definire “adulta”, spero sia arrivato il momento di tornarci. Magari per festeggiare la tua nuova, indef. giovinezza. E perché no, il mio tanto atteso turno. Coraggio.

    PARTE PRIMA DI UNA LUNGA SERIE

    Mi alzo lentamente e prima di andare ti guardo negli occhi, cerco il tuo sguardo complice. Impassibile tu, nella tua figura mascolina mi guardi mentre mi eccito in preda al potere del tuo gioco. Mi risiedo al tavolo e leccandomi le labbra ti chiedo: stavolta la tua risata si fa sentire
    Sento il cuore pulsare. E non solo. Un cenno al cameriere per un altro bicchiere di champagne. Abbandono il tovagliolo e mi dirigo verso la toilette.
    La mia mano ad aprire la porta dei bagni dei maschi è l’ultima cosa che faccio prima di cadere sotto il tuo dominio. Mi guardi dal riflesso dello specchio, in uno scatto fulmineo blocchi la porta e ti getti su di me.
    Mi ritrovo seduta sul lavello mentre il gusto del tuo sapore mi arriva alle tonsille e una tua mano si fa subito strada. Pervasa dal tuo odore che sa di terra, legno e menta, vedo il mio fermaglio volare oltre la mia testa mentre la camicetta è già stata tutta slacciata e la mia gonna sfilata via.
    La tua voce continua a vibrarmi nello stomaco nel momento in cui ti afferri a me. Perfetto, proporzionato, mi fai gemere di piacere. La tua mano mi copre la bocca per contenere le mie urla.
    Lo specchio ti riflette completamente vestito con la sola zip dei pantaloni abbassata, mentre stai facendo innamorare una giovane donna, seminuda.
    Il tuo respiro si accorcia e senza nemmeno rendermene conto trabocchi d’avorio. Mi rivesto e dopo questo scambio di idee penso sia arrivato il momento di brindare.

    Alla donna giusta e magari all’ uomo giusto per lei.

    EVA THE SIN.

  9. Ehm… io stasera avrei voluto telefonare al Maffi, per fargli gli auguri direttamente e dirgli di un piccolissimo regalo… ma mi sa che ha da fare… ;-))

  10. grazie Giancarlo, per aver voluto condividere questi ricordi… non dev’essere stato facile per un timidone come te… ;-)

  11. Accidenti. Altro che spegnere candeline! Bello bello. Tanti auguri Giancarlo.

  12. assolutamente geniale…..potrebbe tranquillamente funzionare da redazionale su playboy…una intrigante e elegante guida ai piaceri della tavola e non solo…sorprendente Giancarlo!
    ottimo poi lo stile di scrittura….10 con lode

  13. Non vorrei che fosse solo un augurio, ma già il pensiero …è di buon auspicio!!! Auguri, amico mio…:D

  14. invidia, se c’è un posto dove pensare di rincorrersi in bagno presi dalle pulsioni della carne, quella è l’ambasciata… sotto lo sguardo sornione di Romano, che conosce la carne in ogni risvolto, uomo di mondo e grande cuoco. Sempre più cerco cose semplici, un tortello fragranze, un vino beverino, uno sguardo complice e il conforto di luoghi cari… Grande Maffi! vita e passione…
    Ciao A

  15. Ho un amico come te che non si ferma, anche lui, dice, ha avuto solo storie importanti, trova il tempo per tutto dando gas in autostrada e nella vita, la precedenza a nessuno se non alla prossima conquista.
    Auguri
    Lynette

  16. Sono lontana miglia da quel mondo, da quel modo di fare e da quel tipo di cibo. Eppure mi ha emozionato leggere questo pezzo. Complimenti.

  17. bellissimo articolo, però io ci continuo ad andare all’Ambasiata e a volte Romano, come i grandissimi cantanti (ma grandissimi…capite a chi mi riferisco eh?) imbrocca recite straordinarie. Io spero che con Carlo/Francesco continui a tenere aperta l’Ambasciata ed esorto i giovani e tutti quelli che non ci sono mai stati a recarsi in pellegrinaggio!
    Come é successo per Cantarelli di Samboseto (che la mia generazione non potè provare) anche l’Ambasciata un brutto giorno chiuderà e allora sarà nostalgia e retorica in dosi industriali.

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