Berrete il superlatte della Coca Cola?


latte nobile – immagine tratta da www.lattenobile.it

di Roberto Rubino*

Gran parte dei giornali di giovedì 27 novembre ha dato molto risalto, spesso in prima pagina, alla notizia che la Coca Cola a breve metterà in vendita il Superlatte. Naturalmente la stampa generalista si è limitata a informare noi consumatori onnivori e teledipendenti che sul mercato mondiale una ditta che finora si è occupata di offrire al mondo una bibita fra le più controverse e acquistate, un prodotto nuovo che è l’esatto contrario di quello finora offerto. Tutti i denigratori hanno raccontato verità e leggende sugli effetti negativi della Coca Cola, e oggi la stessa azienda ci dice che metterà in vendita, a livello mondiale, un latte di migliore qualità, senza lattosio, meno zuccheri e con una quantità più elevata, il doppio, di proteine. E che, per questo, costerà il doppio.

Questa notizia mi stimola almeno tre domande.

Perché proprio la Coca Cola, un’azienda che non si è mai occupata di prodotti alimentari e perché proprio il latte, l’alimento principe della dieta mondiale? Ma soprattutto, perché un’azienda di questo tipo pensa a un latte di migliore qualità? Nel mondo ci sono gruppi alimentari potenti che sono impegnati nel settore caseario. Perchè è stata un’azienda esterna a proporre al mondo un latte di migliore qualità?

La risposta la possiamo trovare nel mito della caverna di Platone. Chi sta nel profondo della grotta vede sempre e solo le ombre che si aggirano intorno all’apertura della grotta. Il settore caseario ha inseguito sempre il modello unico che voleva e imponeva alte produzioni, costi bassi e prezzi bassi. Solo chi era fuori dalla grotta e, nello stesso tempo, aveva il polso delle ambizioni dei consumatori, poteva pensare che non  tutti potessero accontentarsi di una qualità sempre più in discesa.  Niente da dire, felice intuizione!

L’altra domanda riguarda il superlatte: sarà davvero di qualità superiore? Naturalmente le notizie a disposizione sono ancora poca cosa per esprimere un giudizio, ma sono anche troppe che capire qual è la logica alla base di questo progetto e, quindi, cosa ci possiamo aspettare. Una grande azienda che vuole vendere a livello mondiale si sarà chiesta: cosa si aspettano i consumatori? La risposta è semplice: meno lattosio e più proteine. Il lattosio si elimina aggiungendo l’enzima lipasi e le proteine, basta aggiungerle, probabilmente saranno caseine. Il latte avrà una qualità superiore?   Non si capisce perché, visto che se elimini il lattosio e riduci quindi gli zuccheri, sarai costretto a mettere lo zucchero se vuoi bere il latte. E poi che te ne fai di una maggiore quantità di proteine, visto che ce ne sono già a sufficienza. E soprattutto, il latte è un sistema in equilibrio, qualunque intervento o manomissione facciamo ne abbassiamo la qualità, ne riduciamo gli effetti positivi. E comunque molto dipende molto dal latte di partenza. Le cronache dicono che il latte sarà conferito da piccoli produttori. Si fa un po’ fatica a pensare come piccoli produttori possano rifornire un progetto enorme come quello annunciato. E poi anche le piccole aziende potrebbero produrre un latte modesto. La qualità non si fa aggiungendo o sottraendo qualcosa a una latte a sua volta modesto, si fa, semplicemente alimentando bene, benissimo le vacche. Tutto qui? Sì! Di qui la terza domanda.

E’ proprio una novità il superlatte? Naturalmente no! Sei- sette anni fa stavo pensando a un modello diverso di latte alimentare. Contemporaneamente in Argentina un’azienda privata in collaborazione con l’INTA, un Istituto di Ricerca, stava lavorando sulla Superleche, un latte però prodotto da vacche alimentate con razioni arricchite con olio di semi di soia. Quindi l’approccio era sempre lo stesso: non un latte naturale ed equilibrato, bensì uno prodotto con un’alimentazione forzata e sbilanciata verso gli acidi grassi insaturi. E comunque si trattava di una ricerca che poi non ha avuto seguito. Invece, in Italia e primi al mondo, abbiamo concepito il Latte Nobile, un modello che voleva offrire, ai consumatori, un latte di qualità elevata, riconoscibile e certificabile, senza aggiunta di niente e senza forzature per l’animale e, agli allevatori, un prezzo giusto per il lavoro che facevano.  Di qui il disciplinare del Latte Nobile, molta erba e molte erbe, e poi, prati polifiti, fieni di buona qualità, benessere animale e dei suoli, latte certamente diverso.

Benvenuta Coca Cola nel mondo di chi vorrebbe offrire ai consumatori un latte certamente migliore. Noi ci siamo riusciti. Abbiamo dubbi non sulla tua riuscita, ma sul tuo superlatte.

www.lattenobile.it

* Presidente ANFOSC – Associazione Nazionale Formaggio Sotto il Cielo

2 Commenti

  1. La scelta di Coca Cola è tanto sorprendente quanto mai azzeccata, almeno da un punto di vista commerciale.

    L’America stà scindendo la sua alimentazione sempre più, tra chi vive a fast food e chi si alimenta “healthy and wealthy”. Tuttavia, anche nel consumatore che cerca l’alimentazione sana, difficilmente c’è la consapevolezza per scegliere tra un prodotto veramente di qualità, come il Latte Nobile, ed un prodotto industriale studiato a tavolino, travestito da “qualità superiore”.

    L’hanno già fatto con la Smart Water, sempre di proprietà Coca Cola.
    http://www.drinksmartwater.com/
    Ho occasione di andare negli USA per lavoro almeno una volta all’anno, due anni fa ho visto diffondersi le prime bottiglie di quest’acqua, a Novembre aveva surclassato tutte le altre (addirittura Fiji e Polar Spring) nei supermercati e nei ristoranti.
    Cos’è la Smart Water? Acqua ottenuta per vaporizzazione, distillata, a cui vengono successivamente aggiunti i sali minerali. Con la comunicazione della bottiglia che decanta qualcosa del tipo “Ancora bevi l’acqua che viene fuori dalla sporca terra? La nostra è più sana e più buona, ispirata alle nuvole, e come se non bastasse ha gli elettroliti aggiunti (i sali minerali)”. La prima volta che ho visto queste bottiglie mi sono messo a ridere, ma ora mi spavento, la bevono tutti la dall’oceano.

    Mi conforta che da noi questi meccanismi funzionano con più fatica. Il nostro substrato culturale alimentare è più solido, anche se stanno facendo di tutto per scardinarlo, e su molti ormai questi prodotti fanno presa.

    Il Superlatte funzionerà? Negli Usa, sicuramente si. In Italia, il suo eventuale successo sarà la misura della cultura di una generazione. Staremo a vedere. Certo che sentire alcuni bambini dell’asilo rispondere alla domanda “di che colore è una mucca?” “viola!” non è molto confortante…

    Cosa possiamo fare? Continuare ad informarci su quello che mangiamo, assorbire e fare cultura, scegliere e premiare i produttori che a loro volta, giorno dopo giorno e con fatica, fanno cultura. Sforzarci di diventare consumatori evoluti.

    Illuminante la visione della caverna di Platone e del modello unico (quantità, costi bassi e prezzi bassi), imposto dai grandi gruppi, e che i piccoli produttori si intestardiscono a seguire, senza riuscirci (si chiama economia di scala). Una strada diversa è possibile, bisogna osare, sforzarsi. Ma alla fine paga, ed è un principio applicabile a quasi tutti i settori.

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