Greco di Tufo 2006 docg Feudi di San Gregorio


Uva: greco di Tufo
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

Tra pochi giorni la Feudi si presenta sul mercato con il tridente che l’ha resa famosa: Falanghina, Greco di Tufo e Fiano di Avellino. Si tratta di un banco di prova importante per l’azienda di Sorbo Serpico dopo la clamorosa svolta gestionale di questa estate che ha portato al rinnovamento dei vertici societari e dopo la positiva parentesi autunnale dei due spumanti preparati da Anselme Selosse. I tre bianchi, tutti insieme viaggiano tra 1,5 e 2 milioni di bottiglie, sono il banco di prova più importante, anche perché stranamente la precedente gestione non ha mai creduto fino in fondo nelle possibilità del Taurasi come dimostra l’inutile esistenza del Patrimo e l’indefinito Serpico il cui blend è continuamente cambiato. In una filosofia coerente con la storia del territorio avellinese, la scala gerarchica dovrebbe essere infatti Taurasi docg, Serpico Aglianico Irpinia doc e Rubrato Campania igt e credo che alla fine questo sarà nel prossimo futuro anche se niente a questo proposito è stato già deciso. Ma torniamo ai bianchi, presentati alla squadra degli agenti lunedì scorso e che ho avuto l’occasione di testare in anteprima com l’amministratore delegato Marco Gallone e Riccardo Cotarella nella splendida struttura coccolato da un paio di piatti di Paolo Barrale. Ho tre osservazioni da fare molto semplici: nel 2006 il naso ritrova dopo gli ultimi due anni una precisa definizione varietale per Fiano e Greco, quelle che tutti conosciamo, mentre la Falanghina, che queste note non le ha ancora acquisite in Campania a causa delle confusione produttiva e commerciale da cui non si riesce a liberare, si libera comunque dall’opprimente cappa resinosa per recuperare sentori floreali e fruttati freschi. La seconda nota, la più positiva di tutte al mio punto di vista, è il recuperato carattere minerale e di freschezza in bocca, tipico dei bianchi irpini e campani senza la preoccupazione di ammorbidirli e nasconderli. Il terzo aspetto è l’entusiasmante rapporto tra qualità e prezzo, il listino resta invariato senza alcun aumento per cui un ristoratore onesto può proporre al consumo la Falanghina sui 10 euro e gli altri due tra i 13 e i 15 euro. L’azienda punta ad instaurare un rapporto di chiarezza con gli appassionati restando saldamente ancorata ai vini base come propria vetrina, riservandosi di uscire, finalmente, con una riserva di Fiano nelle annate più importanti e con un cru di Greco alla fine di quest’anno anche attraverso un restyling delle etichette troppo omologate, capaci di trasformare tutti i vini nello stesso prodotto in una notte, per dirla con Hegel, in cui tutte le vacche sono nere. Non a caso il mercato americano ha chiesto perentoriamente bottiglie trasparenti per i bianchi, e così sarà per il futuro ovunque. In una parola, come del resto annunciato nel comunicato estivo, la Feudi torna allo spirito originario che ha portato alla sua nascita,  la creazione di prodotti coerenti con il territorio, non più interpretato come un taxi da prendere solo quando fa comodo per poi lasciarlo a fine corsa: c’è la ferma convizione che una grande azienda non può fare prodotti banali e non distinguibili, che la rincorsa al basso alla fine non paga né in termini di immagine e tanto meno in termini di reddito. La mission filosofico-economica consiste nel presentare la propria terra non come una curiosità esotica ad annoiati borghesi di Milano impegnati a fare beneficenza dickensiana per poter andare a messa la domenica a testa alta, ma come uno dei grandi territori del vino italiano ai consumatori alfabetizzati dai corsi Ais, Slow Food, Go Wine, eccetera. L’interlocutore finale è il pubblico consapevole e acculturato non quello ignorante occasionale. Dei tre bianchi,  in queste prime settimane di vita in bottiglia maggiormente mi ha impressionato il Greco, i cui estratti, mi ha detto Riccardo Cotarella, sono a quota 28, per capirci quasi come un Piedirosso: si tratta di un bianco imponente, ricco, minerale, naturalmente strutturato, destinato ad avere una evoluzione lunghissima e coerente con le proprie caratteristiche, abbinabile a quasi tutti i piatti della cucina moderna, a quella di mare e a quelli della tradizione contadina, già verificato con un podolico stagionato 14 mesi e sul pecorino di Carmasciano. Una bianco da bere, per intenderci, anche nelle grandi occasioni e che risponde alle tendenza del mercato in cui vincono prodotti tipici, di qualità, presentati a buon prezzo: buono, pulito e giusto per capirci. Un Greco dunque che pur dall’alto dei suoi volumi, può competere, come sicuramente vedremo nelle degustazioni coperte, anche con i cru delle piccole cantine. Insomma, devo dire che rivedere le note verdoline naturali dei vini appena imbottigliati mi ha riempito di gioia e di speranze per il futuro della viticoltura campana:  il fascino del vino è la sua irregolarità, la sua capacità di sfidare condizioni diverse, il kit del piccolo chimico lasciamolo agli australiani e a chi disprezza l’intelligenza dei consumatori.

Sede a Sorbo Serpico, Località Cerza Grossa. Tel. 0825.986266. [email protected] www.feudi.it. Enologo: Riccardo Cotarella. Ettari: 250 di proprietà. Bottiglie prodotte: 3.000.000 Vitigni: aglianico, piedirosso, merlot, fiano, greco, falanghina, coda di volpe.