I bianchi campani visti da Tom Hyland: la collina di Montefredane


Montefredane – foto di Lello Tornatore

di Tom Hyland

Nella prima parte sui bianchi campani ho scritto di DonnachiaraFeudi di San GregorioMastroberardino.In questo post tratterò di tre artigiani del vino in Irpinia che ho visitato durante il mio recente viaggio.

A Villa Diamante a Montefredane Antoine Gaita, nativo del Belgio, iniziò a produrre un vino nella metà degli anni 90 nella sua minuscola proprietà che prende il nome da sua moglie Diamante nativa americana. Questo vino, diventato leggendario in Campania, è ottenuto da una sola vigna di Fiano di Avellino chiamata Vigna della Congregazione perché una volta era di proprietà della chiesa. Oggi Gaita produce solo circa 6000 bottiglie di questo superbo Fiano che è invecchiato in cisterne di acciaio e non fa passaggi in legno.

Amo la frutta matura e la struttura di questo Fiano; questo vino mostra queste qualità in grande stile. Ma è la ricchezza e la succosità di questo vino che colpiscono davvero; è il Fiano di migliore corpo che ho mai assaggiato. Tuttavia questo non è solo un fatto di intensità ma è un vino che combina una bella concentrazione con una struttura meravigliosa e un potente finale di grande lunghezza. E’ questo il motivo per cui sono così entusiasta dei bianchi campani e dei bianchi italiani in generale; l’assoluta personalità di questo vino è qualcosa di cui stupirsi. E’ un vino che perfino molte pubblicazioni famose sui vini non trattano; posso solo supporre che non lo hanno assaggiato poiché erano troppo occupati a cercare l’ultimo rosso toscano o piemontese. Devo pensare che se lo avessero assaggiato lo avrebbero portato in paradiso.

Ho provato parecchie annate con Gaita e sua moglie; la 2010 mostra grande potenzialità ma è un vino ancora giovanissimo. La 2009 è un vino cinque stelle per me poiché ha una grande intensità e una sorprendente complessità. Descrivo gli aromi come multi dimensionali con note di pesca, mela cotogna, miele e pera mentre c’è un generoso impatto a metà palato e un lungo finale con una eccellente persistenza. Gaita mi ha detto che avremmo provato varie versioni di questo vino, “il Sauvignon Blanc, poi lo Chardonnay e poi il Riesling”. E’ la natura camaleontica di questo vino che lo rende uno dei migliori vini bianchi italiani e del mondo. Una nota conclusiva: per la 2009 ho annotato 7-10 anni per il consumo ma ora sto pensando che potrei fare una valutazione un po’ più prudente.

A Montefredane, meno di un miglio da qui, Raffaele Troisi fa deliziosi Fiano di Avellino e Greco di Tufo nella sua azienda Vadiaperti che fu aperta nel 1984 (Montefredane, a proposito, è nella zona del Fiano di Avellino; Troisi lavora anche con vigne a Prata e Montefusco nella zona del Greco di Tufo).

Troisi è un agricoltore vero proprio come migliaia di altri produttori in Campania e in Italia. E’ molto orgoglioso del suo lavoro nei campi. E’ stato tanto gentile ad organizzare una degustazione di nove bianchi e questo è stato molto di più di quanto ci aspettassimo. Abbiamo apprezzato ogni minuto del nostro incontro poiché Troisi ci ha parlato dei suoi vini – nuovi e vecchi – con grande convinzione.

Insieme al Greco e al Fiano, Troisi lavora anche l’uva Coda di Volpe. Conosciuta per essere la prima varietà con cui si ottiene il Lacryma Christi del Vesuvio, il popolarissimo vino bianco per i turisti che affollano le trattorie di Napoli, l’uva Coda di Volpe di solito non è considerata come una varietà “importante”. Tuttavia nelle mani di alcuni produttori come Troisi, l’uva Coda di Volpe può anche dar vita a un vino abbastanza complesso; l’annata 2011 offre profumi di limone, frutta e mandorla, una buona concentrazione, una leggera mineralità e un finale ricco. Questo vino può essere bevuto nei successivi 2-3 anni ma, piuttosto che con piatti a base di pesci leggeri, si abbina meglio a pesci più grassi o persino a pollame ed è comunque un meraviglioso bianco per iniziare molti pasti.

Le sue versioni di Greco di Tufo e Fiano di Avellino sono così ammirevoli per la loro purezza varietale e lo stile delicato. La loro naturale acidità è una caratteristica dominante, il che significa che ti viene subito voglia di un altro bicchiere. Troisi fa due vini che sono tra i migliori della regione; il primo, il Fiano Aiperti che ha meravigliosi aromi di miele, mango, pera e magnolia, un finale seducente con un leggero tocco di mandorla. Il secondo vino è il Greco di Tufo Tornanate che ha profumi invitanti di buccia di limone, lime e camomilla, eccellente concentrazione e vivace acidità così come una distinta mineralità. Questo è un puro Greco per i profumi e stuzzica con la promessa di grandi cose per i prossimi 5 – 7 anni. Mentre penso sempre che sia il Fiano il più grande tra i due vini, è il Greco che tende a rivelare di più di se stesso col tempo, una qualità piuttosto bella di questa varietà.

Troisi ci ha fatto assaggiare anche alcune vecchie bottiglie di Fiano di Avellino e se avevo dubbi sulla potenzialità di invecchiamento di questo vino (che comunque non avevo), questi sono stati spazzati via con questi vini. La 2004 ha aromi di pera essiccata, tè aromatico e sassafrasso, un notevole livello di maturazione e un’eccellente persistenza. E’ ancora un vino giovane, davvero delizioso e non mi aspetto sia al massimo per altri 3 o 5 anni.

Poi c’era il Fiano di Avellino 1994, un vino che ha dimostrato di essere la promessa di questa grande area. Colore giallo intenso (tuttavia non così carico come ci si potrebbe aspettare da un vino bianco di 18 anni), questo combina aromi di pera essiccata e miele con note di caramello e fiori gialli essiccati. Di medio corpo questo vino è più fresco del 2004 sebbene un po’ più leggero al palato. Il finale ha note sottili di miele; nel complesso mostra una deliziosa finezza ed eleganza – che tocco leggero si evidenzia nella produzione di Troisi. Penso che raggiungerà il punto massimo nei prossimi 2-3 anni, il che significa che avremo un Fiano di Avellino di 20 anni al massimo della condizione!

Naturalmente qualsiasi bianco che invecchia così a lungo deve essere costoso, giusto? Bene, questo non è un bianco di Borgogna così non dovete fare un prestito; l’attuale vendemmia 2011 costa 25 dollari sugli scaffali americani al dettaglio. Questo è un vino che i Parker e i Suckling del mondo ignorano troppo spesso – forse perché non lo capiscono o perché pensano che ai loro lettori non importa – credetemi, ci sono abbastanza di noi che lo fanno invece. E’ un grande vino, grazie Raffaele per una degustazione così deliziosa!

La mia ultima visita è stata da Sabino Loffredo, il proprietario di Pietracupa che è anche situato a Montefredane. Loffredo viene in America ogni anno a Febbraio per la degustazione Tre Bicchieri del Gambero Rosso (ha avuto l’onore di essere stato premiato molte volte e lo ha molto meritato) ma non ha un importatore a Chicago, non riesce mai a incontrarlo durante la sua permanenza in America.

Quasi quasi anche io perdevo l’occasione di incontrarlo in Campania poiché non era in azienda il giorno in cui ero a Montefredane e avevo programmato di lasciare la zona il giorno successivo. E’ stato cosi gentile da incontrarmi per qualche minuto così ha potuto presentare se stesso e i suoi vini. Mentre la nostra conversazione è stata concisa ho potuto assaggiare sia il suo Fiano di Avellino che il suo Greco di Tufo 2010 e sono stato contento di aver avuto questa opportunità!

Il suo Fiano è un brillante giallo chiaro con aroma interessanti di pera Bosc, sassafrasso e cannella (!); non ho mai trovato un tale ventaglio di aromi in un altro Fiano. Invece il Greco di Tufo presenta profumi di mango, melone, menta e fiori di acacia. Certamente il fascino di questi bianchi di Pietracupa consiste nella loro unicità che deriva dai suoli in cui crescono le uve. Questi sono vini di veri terroir e mentre questo termine è usato piuttosto a caso in questi tempi, questi vini sono la prova evidente di come il clima e il suolo influenzino un vino. Entrambi i vini sono dei must secondo me e raggiungeranno la massima espressione nei prossimi 5-7 anni.

Sabino mi ha detto che vorrebbe sempre incontrare qualcuno come me nella sua azienda così può spiegare i suoi vini e il suo territorio. Grazie a questi prodotti con una forte identità so che quando mi siederò a parlare con Sabino durante il mio prossimo viaggio in Campania capirò molto bene cosa rende eccellenti un Greco di Tufo e un Fiano di Avellino. So che ciò non avverrà fra molti mesi e onestamente non vedo l’ora!

Traduzione di Novella Talamo


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