Il colore del vino: Fiano di Avellino e Greco di Tufo


Il colore dei mosti: il Fiano e il Greco (Foto di Lello Tornatore)

Le cose hanno un colore e in linea di massima faremmo bene a prenderne atto e ad accettarlo . A maggior ragione quando si tratta di cibo e di vino visto che i coloranti fanno sempre molto male alla salute.

Ma è anche un elemento per capire il grando di alfabetizzazione del mercato. Solo pochi coraggiosi che hanno abbracciato una coerenza produttiva, ad esempio Antonio Di Gruttola di Cantina Giardino, possono affrontare i loro clienti con il Greco aranciato.

Già perché quello che vedete a destra è il colore naturale del mosto del Greco di Tufo, di Bambinuto per la precisione, affiancato al Fiano di Avellino di Lello Tornatore.

Da questo momento in poi il vino sarà sottoposto ai filtri e alle chiarifiche, ossia all’impoverimento di gusto, per andare incontro all’estetica della vista e ai luoghi comuni del palato imposti da una visione industriale del cibo imposta ormai da una quarantina d’anni.

Ora se è vero che non bisogna esagerare sulla neutralità del ruolo dell’uomo rispetto al processo di vinificazione, è pur vero il contrario e io starei ben lontano dai Greco bianco carta, anche se per fortuna non se ne vedono più tanti in giro.

In ogni caso lo scopo di questa foto non è dire come si deve fare il vino, ma in modo didattico cercare di spiegare che le cose in partenza come stanno e che tutto quello che viene dopo è questione di scelta.

 

7 Commenti

  1. Al di la del colore, aspetto già di per sè molto significativo didatticamente parlando, ” il naso” di pera che si sente già nel mosto di Fiano e l’agrumato-albicoccoso evidentissimo nel mosto di Greco, costituiscono un’ ulteriore conferma della “franchezza” di questi vitigni!!!

  2. Mi piacerebbe sapere che colore prevede il disciplinare per il Greco: per caso “giallo paglierino più o meno intenso”? Per caso così come quasi tutti i bianchi italiani?

  3. Si, in effetti le cose stanno così dott. Pignataro,lo sanno bene gli studenti che in questi ultimi 20 anni hanno frequentato i corsi di enologia con il prof Moio: nello studio delle varietà nostrane, ci è sempre stato detto e ridetto di stare attenti all’ossidazione della maggiore quantità di catechine e leucoantociani che generalmente si ritrova nelle uve greco (beninteso, in funzione delle numerose variabili agronomiche che influiscono sulla sintesi di questi composti). Un’interessante e scorrevole lettura di questi aspetti si trova nella monografia Colori, odori ed enologia del Fiano (https://www.lucianopignataro.it/a/lintroduzione-di-luigi-moio-al-libro-colori-odori-ed- enologia-del-fiano/39618/) di cui il professore è curatore (sottolineo curatore per elogiare il lavoro del
    gruppo di ricerca!).
    Devo poi segnalare, ed il termine “didattico” è stato galeotto, che il premiato Giallo D’Arles riporta in retro etichetta degli stessi concetti, volendo essere il vino “un’interpretazione estrema e rigorosa..”..in sintesi un vino “didattico”. Mi compiaccio, del fatto che spesso il suo blog diventa un’importante occasione di approfondimento di elementi di tipicità, la nostra incommensurabile ricchezza.

I commenti sono chiusi.