Nasce il Polo Enologico di Avellino
Dal 27 ottobre 1879 al 6 giugno 2025. Ossia dalla nascita dell’Istituto Tecnico Agrario voluto dall’allora ministro Francesco De Sanctis (e poi a lui intitolato) alla inaugurazione venerdì del Polo Enologico del Dipartimento di Agraria della Federico II sostenuto da ben cinque presidenti e un commissario della Provincia di Avellino.
Il rettore Lorito: è l’unica offerta quinquennale in Italia
Non si è trattato di un taglio del nastro qualunque, ma davvero di un punto di arrivo che fa la differenza in Italia sul piano didattico come ha spiegato il rettore Matteo Lorito: “L’importanza del polo enologico è nell’essere il solo nel nostro paese dove gli studenti possono fare un percorso di cinque anni nello stesso luogo. Nelle altre università, spesso troviamo solo la triennale o la magistrale o il dottorato, in questa struttura c’è tutto, con la potenzialità di creare un ecosistema dell’innovazione enologica legato alla ricerca e alla formazione”.
Il Polo Enologico non nasce a caso, non è un coniglio dal cilindro cacciato fuori dal politico di turno in uno show televisivo, ma è la sintesi della storia secolare e straordinaria della viticultura irpina il cui livello qualitativo ormai non teme confronti con le altre zone vitivinicole nel mondo, soprattutto quando parliamo di vini bianchi. Non è una nostra opinione, ma quello che si evince dai giudizi delle guide specializzate e del quinto posto che il Taurasi Riserva 2016 di Mastroberardino ha ottenuto nella classifica mondiale del guru americano Robert Parker, quello che più di ogni altro fa mercato.
Senza andare troppo indietro nei secoli, dove pure sono reperibili infinite tracce di viticultura sannita, greca e romana, basti pensare che cento anni fa durante la crisi della fillossera che aveva azzerato le vigne europee (poi risolta con l’innesto su un piede di vite americana, tutto il vino italiano veniva dall’Irpinia oltre dalla Lucania, territori che in primo momento erano sembrati immuni alla malattia grazie alle condizioni particolari del suolo vulcanico.
Ma al di là della malattia, il fatto che l’Irpinia sia un territorio vocato grazie, in estrema sintesi, alla luminosità, alle condizioni del suolo, alle escursioni termiche, all’altezza e al clima dipendente dai massicci del Terminio e del Partenio, era talmente acclarato in quel 1879 da cui inizia la storia istituzionale, che Francesco De Santis riuscì ad ottenere la istituzione dell’Istituto Agrario, ancora oggi in ottima forma didattica, unico sotto il Po.
C’è infine il tema politico-culturale sottolineato anni fa dal professore Luigi Moio rientrato in Campania dopo i suoi studi a Bordeaux nel 1994: i nostri ragazzi, spiegava nei convegni, imparano l’enologia del Nord dove i sistemi di potatura, di allevamento delle viti, di protocolli di produzione sono adeguati a quei climi dove l’uva aveva, e in parte ha, difficoltà a maturare.
Il Sapere è potere: anche nel vino
Ma non stava scritto da nessuna parte che si dovesse fare la stessa cosa al Sud, culla della enologia europea dai tempi dei Romani i cui migliori vini erano sul Vesuvio e sull’Etna. Era necessario creare un sapere del vino al Sud, studiare le uve locali, i sistemi di allevamento, capire come coltivare le viti, sfruttare la luminosità e il suolo vulcanico. Fino a venti anni fa non sapevamo quasi nulla di scientifico sulle uve autoctone campane e non c’erano studi sui sistemi di allevamento, si importavano solo i modelli vincenti della Francia, pensati però per altri climi e altre uve. Per fare un esempio pratico a chi non è dentro la materia: c’è un motivo per cui le persiane si usano al Sud per coprirsi dai raggi mentre al Nord spesso non vengono applicate. Qui bisogna difendersi dall’eccesso di luminosità, sopra dalla mancanza. Vale per gli uomini come per l’uva. Per questo da noi si usavano soprattutto le pergole che proteggono dall’eccesso dei raggi mentre nello Champagne si usa la spalliera. Sistemi diversi per territori diversi e dunque la necessità di applicare criteri scientifici consoni alla situazione. Questo il senso profondo della decisione di De Sanctis nel 1879 e della Provincia di Avellino, sostenuta ovviamente dall’Università, o viceversa se preferite, per creare il Polo inaugurato ieri superando le difficoltà bibliche della nostra burocrazia, prima nel mondo capace di complicare le cose semplici sino a creare veri e propri rompicapi logici.
Da quando è stato creato il corso in Enologia del Dipartimento di Agraria oggi diretto dalla professoressa Angelita Gambuti, sono ben 300 i ragazzi che si sono laureati qui invece che al Nord studiando aglianico, greco, falanghina, fiano. Significa 300 tesi di laurea su argomenti di viticultura locale, senza contare le ricerche nei laboratori, i libri, gli studi scientifici. Oggi sappiamo molto di più sul comportamento delle nostre uve e questo ha conseguenze importanti nella produzione e dunque nella commercializzazione. Non c’è economia senza ricerca scientifica e il Polo Enologico di Avellino chiude questo cerchio.
La scelta di Avellino, ripetiamo non è casuale: la provincia vanta la docg Taurasi dal 1993, prima e unica Denominazione di Origine Controllata e Garantita per molti anni, a cui si sono affiancate nel 2003 quelle del Fiano di Avellino e del Greco di Tufo. Tre delle quattro docg della Campania sono in questo piccolo territorio popolato da poco più del 7% dei residenti regionali. Tutte e tre basate sulle uve salvate da Antonio Mastroberardino nel Dopoguerra e oggi valorizzate dal figlio Piero, dal 2 giugno cavaliere della Repubblica, e da numerosi viticultori tra cui lo stesso Moio che ha stabilito qui la sua residenza. Ecco perché il presidente della provincia Rizieri Buonoparte ha parlato senza tema di esagerare, “di un momento storico per l’intera Irpinia. Un percorso cominciato nel 2015 da chi mi ha preceduto e che nel corso del tempo è stato portato avanti dalle varie amministrazioni. Noi ci abbiamo creduto e abbiamo investito oltre otto milioni di euro straordinari per restaurare complesso immobiliare nella ex Regia Scuola Enologica, oltre a costruire il centro di microvinificazione di 700 metri quadrati e la grande sala auditorium per i convegni.
Ercolini: le novità del polo enologico
Spiega il direttore del Dipartimeno di Agraria Danilo Ercolini: “Oltre ad aule didattiche, abbiamo nuovi laboratori per la viticoltura, per l’enologia e per microbiologia enologica, una grande cantina che utilizzeremo per le fermentazioni sperimentali, per le vinificazioni sperimentali e per consentire agli studenti di cimentarsi nelle vere e proprie vinificazioni fatte internamente da noi, seguite in tutto il processo dall’inizio alla fine. Abbiamo una nuova sala per gli assaggi, di analisi sensoriale del vino destinata da essere fiore all’occhiello in Campania e sulla quale il Dipartimento ha già investito per gli arredi e che sarà utilizzata non solo per le attività di ricerca e di didattica per gli studenti, ma anche e soprattutto per fare corsi di addestramento esterni, per avvicinare anche i cultori della materia e gli appassionati all’analisi sensoriale del vino, alla degustazione del vino. E’ dunque una struttura che si presta benissimo alle nostre attività ma anche ad essere vissuta dal cittadino.”
Insomma, finalmente ci siamo e aprire un nuovo capitolo di una storia che negli ultimi anni è stata davvero esaltante per l’Irpinia, la Camania e per il Sud.