Mauro Mori: grano, nuovi concimi per terreni salubri ma produttivi
di Mariangela Barberisi
Potenziare le rese, salvaguardare la salubrità dei suoli realizzando metodi di coltivazione in grado di far fronte ai cambiamenti climatici
che minacciano il nostro futuro. Sono questi gli obiettivi di Mauro Mori, docente di Agronomia che insieme al Mulino Caputo, fondato nel
1924 a Napoli, ha avviato una collaborazione per eseguire una serie di ricerche e sperimentazioni sui terreni del casertano, in particolare a
Frignano, nell’azienda agricola di Francesco D’Amore, dove ogni anno si celebra il Capodanno del Mugnaio in occasione della trebbiatura di uno
tra i Campi Caputo. Mori professore del dipartimento di agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II ed è a responsabile scientifico di numerosi progetti in collaborazione con la Regione Campania.
Ci racconta come nasce questo progetto?
«Gli antichi Indiani ci insegnano che ‘la terra non è nostra’, abbiamo il dovere di lasciarla ai nostri figli nelle migliori condizioni possibili. Preservare dunque il suolo e gestire le coltivazioni a impatto zero sono i nostri obiettivi».
Si tratta di studi destinati alle generazioni future?
«Si, ma non solo. Migliorare la sostenibilità ambientale è il mantra di chiunque faccia ricerca oggi. Noi abbiamo una doppia mission: da una
parte coltivare la terra tutelandone la salubrità; dall’altra garantire all’agricoltore una buona produzione».
Qual’è la spina dorsale della sua ricerca?
«Abbiamo avviato, da qualche anno, ricerche che hanno prodotto risultati interessanti».
Qual è l’oggetto degli studi condotti da lei e dal suo gruppo di lavoro?
«Abbiamo analizzato la risposta di diverse varietà di grano in base alla sostenibilità, alla resistenza ai cambiamenti climatici, all’ altitudine
e alla tipologia di suolo».
Qual era il cuore delle indagini di quest’anno?
«Abbiamo testato l’utilizzo di diverse combinazioni di concimi organici e minerali per valutarne l’effetto sia sulla resa sia sulla qualità del
raccolto. Salvaguardare il suolo e garantire la produttività devono procedere di pari passo».
Dove e in che modo avete avviato la ricerca?
«I suoli scelti sono quelli di Frignano. Abbiamo suddiviso il suolo in diverse parcelle per testare l’effetto delle combinazioni di concimi.
Una parte è stata coltivata senza alcun apporto di concime. Su altre aree, invece, abbiamo applicato diverse proporzioni: 25% concime
organico e 75% minerale; 50% organico e 50% minerale; 75% organico e 25% minerale; fino ad arrivare al 100% di concime organico.».
Avete già un report?
«E’ troppo presto. Bisogna aspettare per avere conclusioni certe. Al momento mi sono basato sulle mie osservazioni e la mia esperienza, ma
preferisco non anticipare nulla».
Perché è importante l’utilizzo di concime organico?
«Migliora la struttura del suolo e lo arricchisce di sostanza organica, favorendo la fertilità. È una delle risorse più efficaci in agricoltura.
Si tratta di un metodo antico, che oggi può essere applicato con tecniche innovative. Sempre più aziende producono utilizzando concime
organico».
Come mai viene utilizzato poco?
«Bisogna tenere presente le caratterizzazioni del suolo, l’ambiente, il clima. L’agricoltore teme che prediligendo il concime organico rischi di
diminuire la produzione».
Una soluzione sicura esiste?
«Si certo. L’ideale sarebbe eseguire dei test, valutando prima di tutto il tipo di terreno, le temperature e le condizioni climatiche. Tutti questi dati, una volta classificati, potrebbero essere raccolti e inseriti in un database regionale, utile per guidare le scelte agronomiche e ottimizzare le pratiche colturali in base alle caratteristiche specifiche del territorio».
Come sono andate invece le ricerche precedenti?
«I risultati degli ultimi anni sono stati interessanti. Abbiamo utilizzato elementi naturali come i biostimolanti; abbiamo svolto due tipi di sperimentazione: una semina a novembre e una a febbraio, con l’obiettivo di minimizzare i rischi della coltivazione. Questo ci ha permesso di utilizzare il suolo fino a gennaio per coltivare altri tipi di piante e poi destinare il terreno al frumento».
Le sue sono conclusioni ottimistiche?
«Nel settore agricolo c’è stata una straordinaria evoluzione in questi anni dal punto di vista scientifico. Con tanto studio e un gruppo di lavoro preparato tutto è possibile».