Invecchiato IGP/Ricordando Enrico: Barolo Bric dël Fiasc 1996 Scavino


Enrico Scavino

di Roberto Giuliani

Meno di due anni fa, proprio per la nostra rubrica “Invecchiato IGP”, vi raccontai di uno splendido Barolo Rocche dell’Annunziata 1990, ma lo scorso 25 febbraio Enrico Scavino ci ha lasciato all’età di 82 anni per complicanze dovute a un intervento chirurgico. Ho sentito naturale ricordarlo con un altro suo grande vino, questa volta classe ’96; potevo scegliere anche il ’95 o il ’94, ma quest’annata ha sempre avuto molte più frecce al suo arco, nonostante i primi anni fosse estremamente chiusa, austera e poco incline a compiacere i nostri palati.

Enrico, come certamente saprete, è stato uno dei principali esponenti dei “Barolo Boys”, quel drappello di vignaioli langhetti che decisero di rivoluzionare il modo di fare vino e che, tra apprezzamenti e critiche, di fatto hanno permesso al Barolo di conquistare una fama assoluta negli States e in molti altri Paesi esteri.

L’azienda Scavino nasce nel 1921 ad opera del nonno Lorenzo e del padre Paolo (da cui ha poi preso il nome), ma Enrico già negli anni ’50 era entrato a farne parte, a soli 10 anni, tanto da poter vantare ben 72 vendemmie.

Oggi sono le figlie Enrica ed Elisa a portare avanti l’azienda, ma il Bric dël Fiasc 1996 è tutto opera del papà Enrico.

Ho avuto il piacere di conoscerlo nel 2003, ricordo i suoi occhi, il suo sguardo timido e riservato, era certamente un uomo d’altri tempi ma con una sensibilità spiccata, dalle sue parole trapelava chiaro il suo amore per la vigna e la sua terra.

Barolo bric del fiasc 1996 Scavino

Devo dire che tra gli anni ’90 e il successivo decennio, ho assaggiato di frequente i Barolo di Elio Altare (l’ideatore del gruppo), Roberto Voerzio, Elio Grasso, Giorgio Rivetti, Lorenzo Accomasso, Chiara Boschis e gli altri che poco alla volta hanno abbracciato la visione dei Barolo Boys, ma raramente mi sono emozionato; continuavo a sentire una naturale preferenza per i colori scarichi, i legni non invasivi, una tannicità sincera, tratti distintivi del nebbiolo di Langa, mentre non condividevo la scelta di rendere il Barolo un vino più “addomesticato”, più pronto al consumo per palati che non erano in grado di comprendere un vino inizialmente “ostile”.

C’è da dire, però, che non tutti spingevano allo stesso modo in quella direzione, certo la barrique, certo le rese basse, certo la ricerca di una maggiore concentrazione del colore e dei sapori (con appositi concentratori), ma la mano era diversa da produttore a produttore. Inoltre, l’esperienza acquisita con le prime vendemmie e vinificazioni, ha permesso ai più di trovare un maggiore equilibrio nel tempo, sia nell’uso dei legni che nella concentrazione e struttura dei vini. Così, già dalla metà degli anni ’90, si poteva cominciare a notare una mano più felice e consapevole.

Il Bric dël Fiasc 1996 ha queste caratteristiche, oltre al vantaggio di venire da una vigna prestigiosa che dimora nel comune di Castiglione Falletto (oggi MGA Fiasco), il cui suolo è caratterizzato dalle famose Marne di Sant’Agata Fossili, qui composte in prevalenza da limo e argilla (tipiche).

Il lavoro di estrazione del colore fatto in quel periodo ha consentito oggi di avere di fronte una tinta tutt’altro che scarica e stanca, siamo ancora sul granato pieno e di buona profondità, c’è luminosità nel calice, segno che il vino non se la passa affatto male.

E infatti i profumi sono sorprendenti, trovare qualcosa di evoluto è impresa fallimentare, si percepisce ancora uno straordinario frutto, vivo, maturo ma senza alcun cedimento ossidativo; aleggiano menta, cacao e liquirizia, un alito di humus, leggerissimo chiodo di garofano. Ma è all’assaggio che lascia davvero sorpresi: c’è una materia ricca, intensa, con una speziatura finissima e un’eleganza che sa tanto di Castiglione Falletto, grande nerbo e una freschezza esemplare, un vino privo di qualsiasi stanchezza, vivissimo e di grande carattere, arioso e austero allo stesso tempo, lunghissimo e sapido nel finale. Era l’ultima bottiglia a mia disposizione, purtroppo…

Chiudo contento di avere scelto la bottiglia giusta per onorare Enrico; spero, attraverso il racconto di questo vino, di avere lasciato ad Enrica ed Elisa un bel ricordo del loro caro papà.

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