L’arte di conservare il cibo senza chimica


Il disastro alimentare moderno è iniziato esattamente quando non abbiamo più avuto la necessità di saper conservare il cibo. Quella che è stata una ossessione nel corso dei millenni di tutte le generazioni umane dalle origini, è improvvisamente sparita grazie a due aiuti inaspettati: la catena del freddo, in soldoni la possibilità di avere frigoriferi a casa accesi tutto il giorno e la chimica.
L’arrivo del frigorifero, un oggetto che noi oggi diamo per scontato ma con il quale torniamo a fare i conti visti i rincari spaventosi dell’energia elettrica di questi ultimi mesi, ci ha liberato dagli affanni della spesa quotidiana e consentito di farne una settimanale. Con due conseguenze catastrofiche: da un lato spesso e volentieri acquistiamo molto più di quello che consumiamo e dunque sprechiamo tantissimo, soprattutto nei paesi occidentali. Dall’altro abbiamo perso la percezione della stagionalità degli alimenti e della loro deperibilità.
Discorso ancora più disastroso, il freddo almeno è un metodo naturale anche se costoso e diseducativo, è l’uso della chimica per conservare i cibi. Parliamo dei solfiti, soprattutto, il nemico numero uno degli amanti del vino naturale, decisamente tossici per il nostro organismo, ma che consentono al cibo di viaggiare da un capo all’altro del mondo, resistere rinchiuso in una busta di plastica. In una parola, aver lunghissima scadenza.
Sapere è potere si diceva nel ‘68. Saper conservare gli alimenti significa conoscerli nel profondo delle loro fibre, gestirli per garantirsi le provvigioni nei mesi difficili eal tempo stesso evitare danni alla salute. La catena del freddo e la chimica ci ha affrancato da questa schiavitù ma così facendo abbiamo segato il ramo della conoscenza del cibo, e dunque di noi stessi, su cui siamo stati seduti per secoli. Oggi l’arte di conservare il cibo è ancora tramandata nelle famiglie del Sud, ma si sta perdendo sotto i colpi dei diktat della burocrazia che esegue leggi scritte dalle grandi multinazionali. Per esempio un ristoratore corre meno rischi spacciando cocaina che servono a tavola un tonno sottolio preparato da lui stesso. O, altro paradosso, è vietato dare da mangiare agli animali gli avanzi del proprio locale.
Per fortuna le aziende conserviere, anche grazie alla tecnologia, stano migliorando sempre più lo standard qualitativo anche se la ricchezza di un tempo si sta perdendo per motivazioni economiche. Eppure si tratta di una tradizione radicata in tutta l’Italia e in particolare al Sud: pomodori, frutta, legumi, ortaggi sono solo un esempio di come queste antiche usanze familiari abbiano trovato nuovi e autorevoli interpreti.
Anche su questo terreno si gioca la battaglia globale del cibo: sapere è potere, vince chi saprà conservare i cibi in modo sano.