L'autismo enogastronomico italiano


Una delle prime regole, certo la più sicura, nella scelta dell’abbinamento del vino al cibo è costituita dal parametro della territorialità. Della serie, insomma, moglie e buoi dei paesi tuoi. Il motivo è che nel corso dei secoli il bicchiere e il piatto si sono compensati reciprocamente per trovare nel palato quell’equilibrio che spesso erano incapaci di creare da se stessi. Ecco perché quando ci avviciniamo a cibi e vini locali c’è sempre una forte caratterizzazione che attrae o respinge a seconda della nostra educazione sentimentale.
Questo equilibrio non è stato messo in discussione sino a quando il commercio non ha iniziato a dettare le regole, la prima delle quali è la possibilità di trasferire i prodotti di un luogo in punti di vendita lontani e fino a qualche tempo fa irraggiungibili. Il requisito più importante per essere spendibili è quello di limare le asprezze e lanciare segnali di riconoscibilità anche a chi non ha mai visto quel prodotto o il tal vino. Un po’ come gli uomini con le lingue: se si parlasse dialetto stretto difficilmente si potrebbe essere compresi nello stesso Stato. Ecco dunque che per viaggiare, per diventare merce, è necessario perdere qualcosa per acquistarne altre e il segreto consiste sempre nel trovare il giusto punto di incontro.
La commercializzazione del cibo e del vino, ma soprattutto da un lato l’astrattismo e dall’altro la morbidezza, hanno in pochi anni separato i destini di ciò che per millenni è stato unito. Sicché è possibile bere bicchieri del Nord mangiando roba del Sud e viceversa, magari anche il Fiano sul sushi, perché no.
Questo fenomeno amplia la possibilità di scelta e offre sicuramente più vantaggi al consumatore oltre a far divertire l’appassionato. Ma la cosa davvero curiosa è che in Italia questo processo è stato non solo rapido, bensì si è dipanato secondo direttrici assolutamente opposte.
Mentre il cibo si è alleggerito sino a diventare etereo, quasi impalpabile, il vino si è caricato sino all’inverosimile. Ciò è dovuto al fatto che in entrambi i casi si sono adottati modelli estranei alla cultura tradizionale italiana.
Non sembra essere dunque un caso che i modelli di vini da abbinamento abbiano resistito oltre l’era glaciale delle marmellate solo in zone di forte e radicato conservatorismo papilloso come Napoli (leggi Gragnano e Piedirosso dei Campi Flegrei) e l’Emilia Romagna (Lambrusco).
Modelli di vino tornati ad essere life style.