Le virtù del Maiale (nero e grasso): come riconoscere quando conviene mangiarlo spiegato da Marco Contursi


“Vorrei che attorno a me ci fossero degli uomini piuttosto grassi, e con la testa ben pettinata, e tali, insomma, che dormano la notte. Quel Cassio laggiù ha un aspetto troppo magro e affamato: pensa troppo, e uomini del genere sono pericolosi. (Shakespeare. Cesare ad Antonio: atto I, scena II)
Se vale per gli uomini, figuriamoci per i maiali, come ci spiega bene Marco Contursi

Agrimar - allevamento libero Bioagrimar maiale nero lucano

Agrimar – allevamento libero Bioagrimar maiale nero lucano

di Marco Contursi

Il maiale è da sempre l’animale simbolo di ricchezza e lussuria. Il suo nome deriva dalla dea Maia a cui spesso era sacrificato, è stato il primo animale allevato dall’uomo quando da nomade è divenuto stanziale, e nei secoli ha sfamato milioni di persone, per cui era, spesso, l’unica fonte di proteine animali, insieme alle uova. Non c’è regione in Italia che non abbia una antica tradizione norcina, fatta di preparazioni a base di carne, sangue e frattaglie suine, la cui laboriosa lavorazione viene tramandata gelosamente di padre in figlio. Ovviamente le diverse caratteristiche climatiche delle varie zone d’Italia hanno influito nello sviluppo di differenti specialità di salumeria.

Così nella umida Pianura Padana avremo il culatello, che necessita della nebbia per arrivare a una perfetta maturazione, sulle fresche colline friulane il famoso prosciutto San Daniele. Al Sud il caldo non permetterebbe la stagionatura lunga di pezzi interi così grandi, e quindi le cosce posteriori diventano soppressate e salami pregiati. Ma quanti sanno che i maiali rosa che vediamo oggi in Italia in realtà li abbiamo importati dall’estero e che invece le razze autoctone nostre sono quelle nere, e che soprattutto al Sud abbiamo la maggiore concentrazione di questi suini dal mantello scuro? Procediamo con ordine. Nell’800 in Italia esistevano solo suini dal mantello scuro, con colori che variavano dal nero, al rosso, al grigio ardesia. Le razze autoctone erano di taglia medio-piccola, con una spiccata tendenza all’accumulo di grasso, che a quel tempo era considerato una risorsa, poiché dava molta energia con poca spesa e la maggior parte della popolazione era impegnata nei lavori agricoli, che comportano un dispendio energetico assai alto.

Agrimar Guanciale maiale nero

Queste razze nere sono state via via sostituite con quelle rosa, più prolifiche, ma soprattutto con caratteristiche genetiche diverse che permettono loro di sviluppare masse muscolari maggiori a discapito di quelle adipose. In parole povere, più carne e meno grasso, quello che richiedeva una società che da agricola diventava industriale e che quindi necessitava di una alimentazione diversa. Oggi le razze nere sono tornate in auge, grazie a un sapore nettamente superiore delle carni e del grasso, che studi universitari hanno dimostrato contenere una alta percentuale di grassi insaturi, simile all’olio extravergine di oliva. Ma quali sono le razze autoctone? Partendo dal nord abbiamo iscritte all’ANAS (Associazione Nazionale Allevamenti Suini) la mora romagnola in Emilia, la cinta senese in Toscana, la casertana in Campania, l’apulo calabrese in Calabria, il nero siciliano e il nero sardo.

La casertana è sicuramente, tra le razze, una delle migliori, grazie alla taglia media e allo scheletro gentile. Non presenta setole, di qui il nome “pelatello”, mentre caratteristiche sono due protuberanze cartilaginee ai lati della testa, dette “sciucquaglie”. Si presta ad un allevamento semibrado, dove i suini possono muoversi liberamente e alimentarsi con ghiande e prodotti del sottobosco, che conferiscono alle carni, ma ancora di più al grasso, quelle peculiarità uniche di scioglievolezza e sapore. Purtroppo, oggi c’è una invasione di carne di suino nero sul mercato di assai dubbia provenienza, e il cui prezzo, spesso molto basso, dovrebbe far sorgere dubbi sull’autenticità di quello che stiamo comprando. La carne di un suino casertano allevato allo stato semibrado non può costare meno di 15 euro al kg e deve presentarsi, se parliamo della costoletta ossia la bistecca di lombo, di calibro medio piccolo e con un bel bordo marmoreo di grasso profumato. Costolette molto grandi e senza grasso, non sono quasi mai di suino nero casertano, a meno che non stiamo comprando un animale di 4-5 anni, magari una scrofa.

Comprare carne fresca e salumi di suino nero, qualsiasi razza autoctona sia, e lamentarsi dell’alta quantità di grasso è indice di poca avvedutezza, poiché chi si avvicina a queste razze, deve sapere che la loro caratteristica è proprio l’alta percentuale di grasso scioglievole e gustoso. Altra cosa che deve essere considerata quando il consumatore si approccia all’acquisto di salumi è che devono essere ben stagionati, ossia devono perdere l’odore e il sapore di carne fresca a favore di note che vanno verso la nocciola (tipico marcatore olfattivo del grasso ben maturo), e verso un piacevole sentore di carne stagionata. Altri odori, spesso sgradevoli, come muffa, cantina, rancido, sono da considerarsi dei difetti. La carne fresca suina va cotta bene e mai mangiata al sangue, poiché potrebbe contenere parassiti quali la tenia.

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