Mancano i camerieri? Non è colpa del reddito di cittadinanza: formateli e pagateli bene!


Camerieri a banchetto

I ricchi vincono quando, anche se rimasti senza camerieri, hanno i servi che ripetono e amplificano i loro concetti. Uno di questi è il mantra che sta girando con la fine della Pandemia, ossia che la fuga dal lavoro dei giovani sia colpa del reddito di cittadinanza. La cosa strabiliante è che in Italia è proprio la sinistra ad essere quella scatenata più a destra, dalla evocazione lettiana di nuove tasse che ha come modello Quintino Sella, esponente della Destra storica che trasferì tutte le ricchezze del Sud al Nord come bottino per pagare le spese di guerra, alla critica appunto, del reddito di cittadinanza che è qualcosa che può sicuramente essere perfezionato ma che corrisponde al principio che lo Stato è una Comunità e non una società per azioni e che ciascuno di noi è un cittadino e non un consumatore.

Ma ci sono domande molto semplici da fare a ciascuno di voi, noi. C’è persona che resterebbe al proprio posto di lavoro dopo essere stata abbandonata durante la Pandemia dai datori di lavoro e dallo Stato perché invisibile al Fisco?
E chi non andrebbe al mare quando per la stessa cifra, sarebbe costretto a lavorare senza orario anche nei giorni di festa?

Ma la verità è che è assolutamente sbagliato mettere in correlazione le due cose perché in realtà non hanno alcuna relazione fra loro. Altrimenti dovremmo parlare dei pescatori che stanno davanti al bar per il blocco della pesca, degli agricoltori che ricevono i sussidi dopo una calamità naturale. Cosa c’entra tutto questo con la professione?

La verità è un altra. Ed è che nonostante gli sforzi fatti nell’alta ristorazione per restituire dignità alla sala, la partita per il momento è persa, perché si considera l’impresa ristorativa solo attorno ai fornelli, come se si comprasse solo il motore di un auto e non anche la carrozzeria. Eppure, scorrendo TripAdvisor, la stragrande maggioranza delle lamentele dei clienti riguardano proprio il servizio.

Il mestiere di cameriere è sempre stato sottopagato, anche le zone più ricche di turismo vivono con il trucco della disoccupazione invernale e pochi investirebbero il proprio futuro in un mestiere che non è considerato nemmeno dai datori di lavoro preferendo andare a lavare i piatti all’estero perché c’è almeno il vantaggio di imparare una lingua.

Inoltre dobbiamo dire che trasmissioni come Masterchef hanno reso personaggi grandi e piccoli cuochi, ma essere un grande maitre al massimo può riservare stima nella ristretta cerchia degli addetti ai lavori. E in un’epoca di narcisismo sfrenato questo vale tanto.

Il rimedio è uno solo, quello di sempre, quello antico, quello che ha fatto grande l’Italia nella storia. Dare valore massimo a un mestiere artigianale sia con la formazione sia con la paga. Qualche segnale incoraggiante c’è: la pizzeria Martucci ha approfittato della pausa forzata per far fare un corso di sommelier a tutti i camerieri; dopo aver investito tanto nella cantina se non c’è chi conosce i vini che senso ha?

Il divario si avverte particolarmente perché la cultura media del cliente è enormemente cresciuta in questi anni grazie ai corsi Ais, Fisar, Onav Bibenda, Slow Food e chi più ne ha più ne metta. Sul web sono disponibili all’istante tutte le informazioni, compresi i prezzi di quello che ti portano a tavola. Dunque non è più un mestiere che si può improvvisare come trent’anni fa, o che si faceva per racimolare i sodi per un viaggio d’estate o per pagarsi gli studi d’inverno.

Oggi avere una sala qualificata e ben pagata vale quanto, se non più della cucina. E se non trovate personale può darsi che il motivo sia che offrite paghe più basse del reddito di cittadinanza, altro che storie. Se non trovo una donna che vuol stare con me il problema sono io, non le donne che sono cattive :-)

Questa riflessione deve servire per la ripartenza, ormai per me il discrimine per entrare in un luogo di cibo deve essere la capacità di farmi trovare materia prima eccezionale, non importa come interpretata, e con una sala al massimo livello.
Diversamente parliamo di aspiranti ristoratori, ristoratori da turismo che nel gergo italiano è diventata una diminutio mentre, al contrario, dovrebbe essere il massimo, ossia servire e far da mangiare bene a chi ci visita. Non a caso le zone che più stanno in difficoltà sono quelle che hanno snobbato la clientela italiana, ritenendola più esigente, a favore delle comitive allineate e coperte che però torneranno non prima del 2022.

Si dice che le leggi italiane sono complicate per gli oneri che comportano quando si vuole assumere. Verissimo, allora si tratta di adeguare le leggi alla realtà del lavoro senza derogare da alcuni principi base, il diritto a non avere paura di ammalarsi, il diritto al riposo. Quando si parla di investire nel capitale umano significa capire che i margini di profitto devono essere conciliabili ad una forza lavoro qualificate e che sta bene al proprio posto. Magari con incentivi legati ai risultati mensili, magari adottando il sistema anglosassone di una percentuale fissa al servizio. Insomma, non mancano gli strumenti per intervenire, purché si capisca che oggi un cameriere, per il cliente, vale quanto lo chef e il pizzaiolo.

Il sistema Italia ha rivelato la sua debolezza proprio nel settore che ha corso di più. Aprire una pizzeria in meno e pagare di più chi porta le pizze al tavolo, ridurre il profitto per fidelizzare la forza lavoro, chiedere leggi più elastiche che non lascino margine al nero e alle furbastrate all’italiana è la vera ricetta per costruire un sistema food solido e capace di affrontare ogni Pandemia.
Anche perché fare il cameriere è uno dei mestieri più belli del mondo perché significa far star bene chi si siede al tavolo o si avvicina al banco.
Montanelli avrebbe chiosato: in Italia mancano i camerieri ma non mancano i servi.
Ecco basta mettersi in testa che sono due sostantivi che insieme fanno un ossimoro.

Ps: la mancanza poi di chef è di altra natura, si tratta di un deficit culturale tra chi è andato ai fornelli pensando a Masterchef e chi invece fa il mestiere vero e proprio. Ma di questo riparleremo.

5 Commenti

  1. La cosa più assurda che la sx non cavalca l’argomento attaccando come in parte fai tu. Questo PD mi sembra un grande Atlante con sulle spalle il mondo intero….si presenta attribuendosi grandi responsabilità di stabilità, ma alla solidarietà, all’equità, alla transizione ecologia, al lavoro chi ci pensa ?

  2. Pezzo magistrale.unico appunto è che magari Letta avesse proposto una tassa per redistribuire ma in realtà voleva mettere una tassa di scopo per una cavolata come la dote ai diciottenni

  3. Ripeto quello che scrissi, posso sorvolare su un piatto riuscito male ma non transigo su un servizio di sala approssimativo, non a caso quelli che per primi hanno rimesso fuori la testa scrollandosi di dosso residui di pandemia sono imprenditori seri che hanno da sempre creato un gruppo di lavoro motivato, che hanno anticipato la cassa integrazione e che hanno da sempre un familiare o un socio sia in sala che in cucina.
    Formare significa anche poter delegare, potersi fidare, poter riprendere fiato, supervisionare senza ansia, non farlo è un rischio calcolato (male) che può produrre danni incalcolabili.
    Grande pezzo di LP.

  4. Pagare. questo è il quid. Ma è pur vero che oggi le tasse riducono di molto il margine di un imprenditore. Le tasse vanno ridotte e poi si deve pretendere stipendi adeguati.

  5. Siamo di fronte ad un cambiamento nella professione del cameriere ma in generale nella ristorazione. Non si trova personale e dunque i datori devono sottostare alle regole. Sta scomparendo il “non vieni tu, ne troviamo
    un altro al posto tuo”. Non è quello a cui aspiravamo? Condizioni contrattuali migliori, o meglio rispettate, e poter “vivere” anche al di fuori del lavoro, cosa che non è stata permessa a chi come il sottoscritto ha iniziato a 15. In tutti i lavori c’è passione, ma no schiavitù.

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