La “Dolce Vita” felliniana nella grazia del menu 2020 dell’Enoteca Pinchiorri


Enoteca Pinchiorri Firenze
Via Ghibellina, 87
Tel.055.242777
www.enotecapinchiorri.com
Chiuso domenica, lunedì, martedì e mercoledì a pranzo
Ferie a Natale e in agosto

Riccardo Monco e Alessandro della Tommasina

di Albert Sapere

La Dolce Vita è il film capolavoro di quel genio di Federico Fellini, fonte di ispirazione per gli anni a venire (La grande bellezza di Paolo Sorrentino, l’omaggio più recente), e icona del Made in Italy, quasi un brand: dici La dolce vita e pensi all’Italia, al bagno seducente di Anita Ekberg “Marcello come here” nella Fontana di Trevi, a Mastroianni indolente e tenebroso. E lo pensano in tutto il mondo. Il film di Federico Fellini vinse la Palma d’oro al festival di Cannes nella giuria presieduta da un altro mito, George Simenon, Oscar per i costumi (Piero Gherardi) e decine di altri premi internazionali.

Parto da un monumento della filmografia italiana e al paragone con l’Enoteca Pinchiorri (23° award per 50 top Italy 2019). La sensazione incredibile che mi è venuta uscendo dal palazzo rinascimentale del Settecento (palazzo Jacometti Ciofi), nel cuore del centro storico di Firenze a due passi da piazza della Signoria, è stata quella di essere catapultato per una sera in quello che è un vero e proprio monumento della ristorazione italiana d’autore, icona e fonte d’ispirazione per tanti, proprio come il film culto.

Fellini con la sua geniale alchimia è riuscito a lasciare delle immagini tanto nitide, quanto universali, basti pensare alla donna, gaudente, procace e allo stesso tempo misteriosa. Ma anche la meravigliosa caricatura del maschio italiano, godereccio e piacione, una tenera canaglia, battezzato poi con il termine “Vitellone”, che non sai bene se odiare o amare. Così il ristorante di via Ghibellina è entrato nell’immaginario collettivo, dentro e fuori i confini nazionali, come icona di stile, segno distintivo di quel savoir-faire tutto italiano, ammirato e copiato in tutto il mondo.

Se poi aggiungiamo due elementi assolutamente onirici, il paragone è assolutamente calzante. Il primo elemento è quello di aver avuto una visione, quella di Giorgio Pinchiorri che nel corso degli anni ha messo insieme una delle cantine più importanti del Mondo: Non solo ha cercato ed acquistato le etichette di vino più ricercate dagli appassionati, ma è stato esempio di charme fino a diventare il riferimento assoluto di tutte le donne e gli uomini di sala che ho conosciuto in questi anni.

Il secondo elemento è un’elegante e fascinosa signora di origini nizzarde Annie Féolde, che comincia a cucinare per accompagnare i vini serviti dal marito Giorgio, fino a prendere il massimo riconoscimento possibile per un ristorante, le tre Stelle Michelin.

In questo spaccato Giorgio e Annie hanno avuto un altro grande merito che è quello di rinnovarsi sempre in cucina, pur restando fedele allo stile Pinchiorri. Negli anni si sono susseguiti cuochi di vario ordine e grado, da Carlo Cracco a Anthony Genevose, solo per citarne alcuni.

Le redini della cucina adesso sono affidate a Riccardo Monco con Alessandro della Tommasina. In sala svetta Alessandro Tomberli, eleganza, discrezione e professionalità da vendere.

La partenza è tutt’altro che scontata, pomodori e ricci di mare. Fresco, sapido, acido, un inzio basato sulla materia. Carpaccio di cernia bianca con maionese di baccalà, ravanelli, olio di peperone rosso. Un piatto dalle note aromatiche delicate, giocato sulle sfumature della golosità che il mare riesce a donare.

Sandwich di acciughe, estratto di rucola, misticanza campestre al limone e gelato alle olive taggiasche. Un piatto pensato per accompagnare un grande chardonnay, magari della Borgogna. Lumache al verde, con taccole, avocado leggermente piccante e salsa alla noce di cocco, il piatto più nelle mie corde di tutte la serata. Come dare modernità, attraverso l’alleggerimento dei grassi di un grande classico della cucina le lumache al verde. Veramente delizioso.

I due primi i ravioli di bietole, arrostiti e non bolliti con caviale e spuma di aringa affumicata e il riso, pomodoro, capperi e peperone arrosto e gamberi rossi sono diametralmente opposti. Il primo richiama sapori e gusti nordici, mentre il riso è un vero e proprio inno al Mediterraneo.

Perfetta la cottura di astice e mora, tra i secondi. Abbinamento rassicurante per la mora, mentre gioco sul grasso vegetale delle arachidi abbinato all’astice. Solidità, tecnica e nessuna voglia di stupire, ma di regalare un piacere goloso ed elegante all’ospite.

Il comparto dei dolci è chiuso dagli spettacolari cioccolatini finali. Avere un’area dedicato al cioccolato è molto dispendiosa e impegnativa nella gestione, ma se non può Pinchiorri, chi può?

Conclusioni
Ogni volta che mangio in un grande ristorante imparo qualcosa. La grande lezione di Pinchiorri è che per restare ai vertici, per così tanti anni, bisogna sempre e comunque rinnovarsi, restando però fedeli a se stessi. Monco e della Tommasina sono due cuochi che hanno come obiettivo far stare bene gli ospiti del ristorante, si percepisce chiaramente e apprezzerete questo aspetto davvero tanto. Una seria ricerca sulla materia, una rete di fornitori davvero importante, tanto spazio a piccoli produttori locali. Una sala con sei sommelier l’ho vista solo a New York a Eleven Madison Park, diretta magistralmente da Alessandro Tomberli. Lusso, quello vero, degli arazzi, degli arredi e delle meravigliose boiserie e dei surglass in argento. Ma badate bene non il lusso eccentrico, quello che richiama il rinascimento fiorentino, chic e noti per la finezza, che ha fatto scuola nel mondo. Esperienza da fare almeno una volta nella vita, forse banale come conclusione, ma assolutamente vera, se si vuol parlare di alta ristorazione d’autore, altrimenti desistete.

Enoteca Pinchiorri Firenze
Via Ghibellina, 87
Tel.055.242777
www.enotecapinchiorri.com
Chiuso domenica, lunedì, martedì e mercoledì a pranzo
Ferie a Natale e in agosto