Nino Di Costanzo: inutile piangerci addosso, io resto ottimista e il Covid sarà solo un brutto ricordo. La nuova tendenza: le cene-regalo


Lo chef bistellato Nino Di Costanzo

Lo chef bistellato Nino Di Costanzo

di Santa Di Salvo

La cucina post-pandemica lascerà di sicuro molti feriti sul campo. Ma si farà notare perché ha un volto nuovo. Che non arriva dai fornelli ma dalla strada, letteralmente. Così almeno la pensa Nino Di Costanzo, ex “enfant prodige” della tavola, oggi talento internazionale con il suo Danì Maison di Ischia eletto da Forbes tra i dieci luoghi più cool del mondo.

Bella pubblicità, no?

“Certo non me l’aspettavo, confesso di averne tratto vantaggio. Le prenotazioni sono fioccate in modo evidente”.

Torniamo alla strada. In che senso è un esempio di ripartenza?

“Dopo la fase più dura del lockdown mi sono guardato intorno e ho visto tanto abbandono. La gente è sconfortata, capisco. Ma dobbiamo cominciare da noi stessi a dare segnali positivi. Inutile piangere per ciò che si è perduto, questo è il momento di rimboccarsi le maniche e agire facendo rete. Il governo non può risolvere tutti i nostri problemi. Chiediamoci invece, come diceva Kennedy, in che modo noi possiamo fare qualcosa per gli altri”.

In che modo?

“Io ho cominciato rifacendo un bel tratto di strada a mie spese e adottando una bellissima aiuola vicina al mio locale. Sono privilegiato, certo, la casa dove lavoro era di mia madre e non ho affitto da pagare. Ma questo è lo spirito giusto per ripartire. Se ognuno di noi mette una pianta fuori dalla porta  qualcosa cambierà, ne sono certo. Il territorio è nostro, dobbiamo valorizzarlo. E la più grande azienda italiana è il turismo. Come nel dopoguerra, sforziamoci di ritrovare il giusto slancio”.

Potrei obiettare che è molto più facile ripartire se si ha una clientela di altissima gamma che non ha problemi a spostarsi con aerei privati e megayacht…

“Verissimo. Ma io voglio far valere il principio che in tempi di crisi profonda non bisogna arrendersi ma investire per migliorare. Durante la chiusura abbiamo arricchito la cantina con complessive 1400 etichette dei migliori vini del mondo, ho curato la formazione del personale e perfezionato la cucina con attrezzature tecnologiche all’avanguardia. Perché la chiave, la vera chiave di volta del futuro del nostro settore si riduce a due parole: qualità e sostenibilità. Alla trattoria, alla pizzeria, ai ristoranti più costosi la gente chiede questo, ne sono certo”.

Ma la qualità si paga cara.

“Senza dubbio. Ed è vero anche che tutto è aumentato, dal costo del lavoro alle materie prime. Però io appartengo alla scuola di quelli che fanno una vacanza corta pur di scegliere il meglio”.

Usciremo dalla pandemia se sapremo valorizzare i prodotti italiani, insistono in molti.

“Non è neanche il caso di sottolinearlo. Io uso al 99% materie prime della Campania, la filiera di prossimità deve essere la regola. Uno dei miei piatti che ha più successo è a base di pesce azzurro”.

Le regole di questa fase sono ancora nebulose.

“Necessariamente sì. Danì Maison non ha problemi di distanziamento, da sempre i nostri tavoli sono pochi e ben distribuiti. Ma la limitazione del coperto all’esterno crea difficoltà a molti ristoratori e in fondo ha poco senso, se si rispettano le regole. Si vedrà lungo la strada, ora tocca ripartire”.

Dall’osservatorio privilegiato del tuo ristorante che stagione estiva prevedi?

“Io sono ottimista, anche se è evidente che qui a Sud non siamo ancora pronti. In Costa Smeralda, in Costa Azzurra ho trovato molta più organizzazione e tanta voglia di ricominciare. Spero che la nomination di Procida a capitale della cultura faccia da volano a tutte le isole del Golfo. Da parte mia, da una ventina di giorni siamo ripartiti bene con le prenotazioni. Ho notato che tanta gente compra una cena-regalo, è una nuova tendenza che mi piace molto”.