Ocone, il nostro Aglianico quotidiano


7 aprile 2001

A pochi chilometri dalla egizia, romana, papalina, adriatica Benevento inizia il regno dell’Aglianico del Taburno di cui abbiamo già avuto modo di parlare e su cui vale sicuramente la pena di insistere. È un grande vino accessibile a tutte le tasche, prodotto in buona quantità per competere senza problemi con i prodotti della stessa fascia. Insistiamo, insistiamo, insistiamo: è su questo terreno che si gioca la partita decisiva per il futuro della maggior parte delle aziende. Molti rischiano di ripetere l’amara esperienza dei friulani di qualche anno fa quando, inebriati dal successo, alzarono talmente i prezzi sino a trovarsi da una vendemmia all’altra completamente fuori mercato. Per fortuna il nostro Aglianico del Taburno non corre questo rischio, almeno per ora. Domenico Ocone, prossimo a festeggiare il secolo dell’azienda fondata dal nonno (via Monte, Ponte. Telefono 0824 – 87404) fermenta le uve in tini di rovere verticali, segue l’invecchiamento in botte e in barriques e l’affinamento in bottiglia. È pronta per il Vinitaly la fantastica annata 1998, considerata da molti la migliore del secolo e la differenza nel bicchiere si sente davvero tutta. Vale la pena di farne incetta, conservarla e riparlarne tra qualche anno. Ma non possiamo tralasciare di ricordare uno dei vigneti campani ai quali siamo più affezionati: il Vigna Pezza La Corte da cui l’omonimo vino, cru di Aglianico eccellente, che ha mietuto successi sulle guide specializzate. Prima la sosta di un anno in serbatoi d’acciaio, poi l’affinamento in botte, segue la barrique e infine c’è l’imbottigliamento. L’ennesima dimostrazione dei vertici ai quali può arrivare il re dei vitigni meridionali, una bottiglia che può far compagnia tutta una vita. Più intenso e complesso di un amore, molto più sensuale di un Cabernet popputo al silicone.