Olio Jannìa, due fratelli lasciano Napoli per coltivare gli ulivi in Calabria
di Mariangela Barberisi
Ci sono storie che hanno radici profonde, altre che sono come tesori nascosti e ritrovati solo con il tempo. E’ nato così il progetto di Angelo e Francesca Oliverio due fratelli napoletani che decidono di realizzare Jannìa e produrre un olio extra vergine di oliva – estratto a freddo – di una cultivar recuperata, la Pennulara, che si trova nel cuore della Calabria,a. San Giovanni in Fiore.. «Quando abbiamo perso nostro padre – ha raccontato la Oliverio – abbiamo riscoperto questa terra a cui erano legati i nostri ricordi di bambini e abbiamo deciso di investire su questi terreni che accolgono ulivi centenari». La famiglia di Angelo e Francesca chiamavano l’olio prodotto in questa zona Jannìa perché era, ed è ancora oggi, molto pregiato. I due fratelli, lui avvocato, lei sommelier impegnata in una importante azienda vitivinicola campana, decidono di rivoluzionare le proprie vite. Si impegnano anima e corpo in
questa avventura e si affidano immediatamente ad una squadra di esperti composta da un agronomo, un frantoiano e un conduttore del terreno.
L’olio è ottenuto attraverso un processo di estrazione a freddo, con la molitura che comincia entro 4 ore dopo la raccolta delle olive, così da preservarne tutte le proprietà organolettiche. La raccolta viene effettuata intorno alla metà di ottobre, con un sistema volto a proteggere le olive dal sole sistemandole in piccole cassette tenute all’ombra per evitare che si riscaldino. Prima della produzione vera e propria, si è reso però necessario un lungo lavoro di recupero. «I primi step sono stati faticosi perchè l’area era abbandonata da tempo. Quando ci siamo resi conto che la produzione era abbondante e non era destinata soltanto alla famiglia ci siamo affidati anche all’Università di Catanzaro per eseguire analisi specifiche». Così
la leggenda si è trasformata in scienza. I risultati effettuati hanno evidenziato un elevato livello di polifenoli, molto importanti
nell’ambito della nutrizione per le loro caratteristiche salutistiche.
I fratelli partenopei, già con la prima annata nel 2021, conquistano il premio come migliore monocultivar italiano e ottengono “Tre foglie” con il Gambero Rosso, riconoscimento riconfermato nel 2025.
L’uliveto Jannìa si trova nella preSila su un’area di confine: si tramanda che a portare la Pennulara in Calabria sarebbero stati i monaci Basiliani, di rito greco bizantino, che arrivarono dall’Oriente per stabilirsi nella vallata nei pressi del fiume Neto. «Ci siamo rimboccati le maniche – ha spiegato Francesca – né io né mio fratello avevamo conoscenze specifiche ma abbiamo studiato e dedicato tutto il nostro tempo investendo in questa nostra particolare cultivar che possiede grandi caratteristiche nutraceutiche. Inoltre i primi riconoscimenti ci hanno permesso di raccontare luoghi bellissimi ma quasi dimenticati. Ci
sono moltissimi ulivi non curati da anni che al contrario possono trasformarsi in straordinaria ricchezza». Il terreno dell’azienda dei fratelli Oliverio ha una estensione di otto ettari e si compone di circa cinquecento alberi di ulivo centenari che si collegano attraverso un sentiero fatto di querce, abeti e pini, al centro principale della Sila, San Giovanni in Fiore. L’olio, che alla vista è limpido, di colore verde smeraldo e al naso ha sentori di erba tagliata con note di buccia di lime, foglia di pomodoro e cardo, alternandosi a carciofo, salvia, mentuccia e buccia di mandorla amara, partecipa a numerosi eventi internazionali e conquista la Gold Medal per il concorso London International Olive Oil Competition nel 2024. Ottiene “platino” nella categoria Oli Gourmet nella classifica stilata da Olio Officina 2025.
Oltre alla produzione, sono numerose le degustazioni che coinvolgono un pubblico di appassionati ed esperti del settore, come quella dell’11 aprile presso Nero&Oro a Napoli che fonde insieme olio extravergine, vino e cibo. Grazie all’impegno di Claudia Ranieli che ha organizzato un evento per far assaggiare non solo l’olio Jannìa, ma un calice di vino, tre finger in abbinamento e un primo realizzato dallo chef del locale che ha ospitato l’evento.