Paolo Marchi e Daniel Young: quando Identità Golose scoprì la pizza
La fake News: nessun boicotaggio a Phaidon, solo l’incapacità di Daniel Young di organizzare la presentazione a Napoli
Da giovanissimo ho lavorato alla cattedra di Storia Contemporanea con il professore Mozzillo, successivamente, dal 1988 al 1993 per l’esattezza, ho fatto il cronista giudiziario diventando così professionista, elenco a cui si accede non solo per la fonte di reddito editoriale ma anche dopo aver fatto un esame di Stato (cit.).
Tutto torna nella vita, queste due attività mi hanno lasciato la passione per la memoria del passato e la precisione delle cose attraverso la raccolta di fatti concreti.
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Confesso che quando ho letto il resoconto di Identità Golose che ci prendeva in giro per l’errore nell’assegnazione del premio alla pizzeria Bob Alchimia a spicchi sono rimasto basito: come è possibile trattare una serata di quel genere, ripresa da oltre 200 articoli di media italiani, focalizzandosi su un errore e soprattutto senza ascoltare la versione di chi ha sbagliato secondo una regola elementare di chi fa il giornalista? Tutta pubblicità per noi comunque ho pensato inizialmente poi scrollando le spalle.
Mi sono però ripromesso di approfondire la questione con calma ora che sto in vacanza nel Cilento e voilà, la ricerca mi ha portato sino al 2016, ossia quasi dieci anni fa, quando Identità Golose, probabilmente anche sollecitato dalla sponsorizzazione del Mulino Quaglia, iniziò ad occuparsi di pizza.
Lo fece amplificando una fake news partendo subito con il piede sbagliato e senza rispettare Napoli e i napoletani
La storia in breve e questa
1-Tal Daniel Young, newyorkese trapiantato a Londra, ebbe un incarico dalla casa editrice Phaidon di fare un libro sulla pizza. Si rivolse per avere un referente in Italia a Giuseppe Di Martino e Giuseppe indicò Maurizio Cortese, poi direttore del Consorzio della Pasta di Gragnano che con Stefano Bonilli aveva organizzato alcune manifestazioni e un numero intero della Gazzetta Gastronomica dedicato all’argomento.
2-Maurizio organizzò un vasto panel di votanti, l’intesa con Young era quella di segnalare le pizzerie più quotate del momento
ma senza stilare una classifica per evitare inutili polemiche. Al termine del lavoro Daniel Young, in una telefonata in cui c’era una terza persona che non vale manco la pena di nominare, comunicò a Maurizio che l’editore aveva deciso di fare una classifica per rendere più comunicabile il libro. Maurizio a quel punto si tirò fuori per non essere coinvolto perché non d’accordo. Fin qui nulla di strano, nacque così la narrazione di Franco Pepe primo pizzaiolo del mondo, ma sia l’editore che l’autore del libro erano padronissimi di fare quello che volevano con il prodotto anche se le regole di ingaggio erano cambiate in corso d’opera.
3-Fin qui nulla quaestio. Il tema era poi realizzare la presentazione a Napoli. Maurizio, grande organizzatore di questo tipo di eventi, disse che non riconoscendosi in questa scelta, non per Pepe, ma proprio perché erano state cambiate le regole, non intendeva in alcun modo essere coinvolto. L’editore Phaidon non aveva intenzione di investire nulla in questa presentazione, qualcuno (chi?) decise di spostare la cosa alla Reggia di Caserta. Ma improvvisamente la cosa saltò.
A noi non risulta in alcun modo che fosse stata presentata una richiesta formale alla direzione della Reggia. Se non ci fosse, com’è probabile, penserei che era tutto nel mondo delle intenzioni di chi non aveva la capacità pratica o i soldi per farlo.
4-Identità Golose prende il pallino in mano, eravamo all’epoca ancora nel periodo d’oro di questo tipo di comunicazione gastronomica classica e organizza la presentazione a Milano. Anche qui, va bene, mossa intelligente.
5-Ma, come sempre succede quando si vuole stravincere, si inventò di sana pianta che la motivazione dello spostamento della presentazione da Napoli a Milano fosse dovuta a forti pressioni per farla fallire.
Tutto questo viene rappresentato in questo articolo “Pepe Trionfo in giallo”che apre il genere narrativo durato sino ai giorni nostri del pizzaiolo di Caiazzo perseguitato da tutti ingiustamente nonostante la sua bravura e la sua nobiltà d’animo. Nell’elenco dei cattivi di questa lista sempre più lunga e larga negli anni, furono inscritti i pizzaioli napoletani e i non pizzaioli (mai fatti i nomi). Leggiamo insieme:
“Ricordato in doverosa premessa che pur sempre di pizze si tratta, e vi sono problemi più gravi, un certo scalpore ha suscitato il fatto che le pressioni per bloccare un grande evento che avrebbe celebrato uno dei cibi italiani per eccellenza, incoronando Franco Pepe. al primo posto, e che premiava 10 nostri connazionali ai primi venti, tra i quali i primi quattro assoluti e 7 dei top 10, siano giunte dall’Italia, e da Napoli per la precisione. Motivo: qualcuno avrebbe voluto che detta presentazione non si tenesse appunto a Caserta, ma 30 km più in là. Non sono mancati gli equivoci: innanzi tutto va ribadito il fatto che non certo i pizzaioli napoletani in blocco, ma solo qualche esponente – pare, nemmeno pizzaiolo – abbia intrepreso questa improvvida iniziativa. Fanno testo ad esempio le parole di un professionista integerrimo come Francesco Salvo, giunto nono nella classifica mondiale: «Noi siamo pronti, lo eravamo già, a dare il giusto lustro a tale occasione e a festeggiare, lo merita, degnamente l’amico e collega Franco. Spero si possa recuperare. (Noi siamo qua e ci saremo ovviamente anche in futuro». Una dichiarazione che in realtà smetisce le voci, ma vabbè)
Nel precedente articolo, si intervista Pepe ed eccone uno stralcio
Sembra che, pur di non far festa a Caserta, qualcuno a Napoli abbia preferito boicottare tutto. Puro Una curiosità: tu hai votato?
«Avrei potuto votare, anche per me stesso. Ho preferito non esprimere alcuna preferenza, non per disinteresse nei confronti del lavoro di Young, ma proprio perché non volevo che il tutto trascendesse. Avevo il timore e il sentore di qualche malumore, per questo avevo ritenuto opportuno scegliere la Reggia. Notare: io non sapevo nulla prima che Young venisse da me a Caiazzo, nello scorso febbraio. Non ho cercato voti, non ho fatto pressioni di alcun tipo».
Conclusioni?
«Se leggo la classifica, sono orgoglioso e felice per me e per l’Italia. Rimane un rammarico: è stata un’occasione persa per una grande celebrazione, di respiro internazionale, nei confronti della pizza. Anche quella napoletana». Franco Pepe
due volte fuoriclasse. E un bravo ai nostri tanti, straordinari pizzaioli, di qualunque provenienza, è persino triste doverlo precisare.
Ora cosa avrebbe fatto un giornalista deontologicamente corretto? Avrebbe chiamato anche l’editore per chiedergli come mai non si faceva la presentazione a Napoli e se mai si fosse programmata. Poi avrebbe soprattutto telefonato a Maurizio Cortese che aveva coordinato tutto il lavoro di scouting per chiedergli la sua versione.
Ma a Identità Golose non hanno l’abitudine di sentire la doppia versione. Successe allora ed è successo lo scorso 15 luglio. No, c’è una tesi che gioca sulla sua veridicità sui pregiudizi verso Napoli e i Napoletani che avrebbero impedito chissà chi e chissà perché questa presentazione.Nei 2500 anni della sua storia sarebbe stata la prima manifestazione impedita!
La mia domanda da semplice cronista sarebbe stata anche: avete contattato qualcuno per farla a Napoli? Chi? Avevate un budget da investire almeno per fittare i microfoni? A Caserta chi avete contattato della Reggia? Ma soprattutto, nomi e cognomi di chi ha detto che non sarebbe venuto a Caserta, visto che poi sono venuti tutti a Milano.
Questo è l’inizio dei rapporti fra Identità Golose e il mondo della pizza, mondo che in fondo non ha mai compreso perchè non ne capisce l’anima popolare. Persino Gadau in pochi mesi ha capito quello che Marchi non ha visto per dieci anni.
Questo raccontino interessa oggi una ventina di persone, ma spiega l’astio di Identità Golose verso chi organizza Pizza week di successo a Milano e l’incredibile dedica, fuori da ogni logica giornalistica, che ci hanno fatto il giorno dopo la presentazione al Teatro Manzoni.
Naturalmente è solo il primo di una serie di alcuni episodi che legano questi articoli del 2016 a quello del 2025. Li approfondiremo se avremo tempo e voglia, potrebbero diventare emblematici di come è cambiata la comunicazione del cibo in questi dieci anni non tanto per farne questioni personali essendo molti stati spazzati fuori dal mondo pizza dall’Unesco sin dal 2017. Nel frattempo Daniele Giovane non ha più scritto un solo libro sulla pizza e quel titolo di campione del mondo da lui inventato per far vendere il libro vale come la cenere di una sigaretta.
Nel frattempo, per nostra fortuna, e per fortuna di tutti, le cose nel mondo pizza sono molto cambiate, i pizzaioli non hanno bisogno di Identità Golose per promuoversi e accreditarsi. Neanche più i cuochi per la verità.
Ps: l’unico lavoro veramente serie sulla pizza realizzato all’estero sono i tre tomi di Nathan Myhrvold “Modernist Pizza” dove non c’è alcuna classifica e veramente esprime una visione internazionale del cibo più famoso al mondo
