Paris, ristorante Le Cinq del Four Seasons Hotel George V. La moderna classicità di Eric Briffard


Le Cinq, la sala attraverso il carrello della piccola pasticceria (FotoPigna)

Avenue George 5, 31
Tel. (0)149527000
www.fourseasons.com
Aperto dalle 12:30 alle 14:30 e dalle 19:00 alle 22:30

Non serve a nulla sbuffare e sorvolare sulla classicità. In nessun campo, dunque nemmeno in cucina: in tanti hanno questo atteggiamento semplicemente perché non la conoscono. Invece è il perno su cui costruire ogni innovazione, soprattutto in questa fase di crisi in cui si punta molto all’essenzialità.

Le Cinq, la sala (FotoPigna)

Il borgognone Eric Briffard, trent’anni di carriera iniziata con Marc Meneau, è adesso uno degli cuochi più conosciuti di Francia. Il salto dalla provincia alla città, già di per se in grado di completare l’esistenza di un uomo, è stato solo il trampolino di lancio di uno degli chef che più di altri ha precorso i tempi, magari con meno spirito imprenditoriale di Ducasse e Robuchon. Tra i primi ad andare in Giappone al Royal Park Hotel di Tokyo, dove resta per cinque anni, ha il coraggio di tornare e rimettersi andando a lavorare come secondo da Joël al Jamin, e di lì al Plaza Athénée, sino a diventare executive chef nel 2008 a Le Cinq dove conquista subito due stelle.

Eric Briffard (FotoPigna)

Avevamo già provato qualche suo piatto mesi fa durante la visita a Reims da Pommery, e ci avevano colpito la freschezza, la dinamicità, la vivacità dei sapori pur in una concezione estetica classica. Come tutti i grandi cuochi francesi, dell’Italia adora l’immediata forza dei prodotti e non a caso, consigliato dall’Enzò nazionale, ama fare vacanza proprio in Penisola Sorrentina, mentre Ducasse preferisce il versante amalfitano.

Le Cinq, il burro e il vino (FotoPigna)

Una carriera solida, dunque, lunga, nel solco della scuola francese, direi senza grilli per la testa ma molto determinato: un esempio credo per alcuni giovani che scalpitano, si godono i quattro post di celebrità e poi finiscono nel dimenticatoio. Senza cultura e il maturo apprendimento del mestiere non si può correre la maratona.

Le Cinq, l’aperitivo con Champagne (FotoPigna)

Le Cinq non è un ristorante, è IL RISTORANTE.
D’accordo, sarà forse poco giovanile, ma il salone da tè che bisogna percorrere prima di entrare in sala è un corridoio museale con quadri, arazzi, poltrone. La sala mantiene questo stile classico esontuoso, qui la parola minimalismo non ptrà mai entrare: tutto, dalla mise en place al servizio, preciso e puntuale, è eseguito come ci si aspetta in un posto di lusso e di gusto.

Le Cinq, l’olio d’oliva siciliano (FotoPigna)

Le Cinq, la mise en place (FotoPigna)

Le Cinq, il burro (FotoPigna)

Le Cinq: pane, burro salato e olio d’oliva siciliano (FotoPigna)

Scegliamo il menu degustazione a 220 euro.

Le Cinq: tartare di tonno con caviale, gelatina di mela verde e wasabi (FotoPigna)

Cosa di meglio sull’ultimo sorso di Champagne? La cena inizia all’insegna della freschezza, proprio come mi aspettavo. D’accordo, un divertimento, ma qui la semplciità è nel gioco di consistenze nel pieno rispetto del mare che si vuole tirare fuori in tutta la sua potenza.

Le Cinq: brodo di pollo, tartufo d’alba con zenzero, foie gras, cipolle e limone (FotoPigna)

La freschezza per salivare, il brodo per preparare lo stomaco. Tutti i canoni di mestiere sono perfettamente rispettati, compreso quello secondo il quale l’ultimo piatto deve essere sempre il più buono, un crescendo inesorabile che non consente passi indietro.
In qusto caso il brodo ci fa godere del tartufo, l’allungo del foie gras non ci disturba, è ben bilanciato dalla freschezza delle cipolle e del limone, lo zenzero costituisce la cornice dentro la quale si muove questo piatto molto delicato.

Le Cinq, vino (FotoPigna)

Il vino di Joly ci ha accompgnato dall’inizio sino al dolce. Una esperienza davvero molto bella, soprattutto segnata dalla poliedricità e dall’adattamento do questo chemin blanc invecchiato, fresco, secco, privo di ogni mediazione e senza ruffianerie. Persino sui dolci è andato alla grande.

Le Cinq, il porta burro (FotoPigna)

Le Cinq, addobbi natalizi (FotoPigna)

Le Cinq, il brodo (FotoPigna)

Le Cinq, carbonara di Saint Jacques (FotoPigna)

Si torna a giocare con l’Italia: la Saint Jacques alla carbonara, chissà cosa ne pensa il nostro Arcangelo Dandini:-) con purea di zucca e scaglie di bottarga. Forse il piatto meno scattante della serata.

Le Cinq, aragosta blu selvaggia arrostita con rosmarino, salsa di vin oe porri e seppie (FotoPigna)

Le Cinq, lepre con salsa di mele cotogne confit e scalogno (FotoPigna)

Entrambe le portate principali si distinguono per la struttura, la forza e la complessità che culmina in un perfetto equilibrio nel palato. Mai banali, il tocco è dato dalla ricerca della freschezza che resta il tema portante.

Le Cinq, i formaggi (FotoPigna)

Le Cinq, piatto di formaggi (FotoPigna)

Le Cinq, il pane per i formaggi (FotoPigna)

Le Cinq (FotoPigna)

Peccato arrivare sempre stanchi al dolce. Si avverte sempre più, con il passare degli anni, l’esigenza di un finale più leggero della portata principale e devo dire che questo avviene ormai sistematicamente in quasi tutit i locali gourmet. Samo preparati da un pre-dessert estivo, fresco, appagante

Le Cinq, sorbetto di loto con crema al frutto della passione, shiso, mango (FotoPigna)

Le Cinq, cioccolato con caffé e limone, sorbetto di pera allo zenzero (FotoPigna)

Il dolce principale è ghiotto, salvato dalla pera e dallo zenzero.

Le Cinq, il carrello della piccola pasticceria (FotoPigna)

Le Cinq, piccola pasticceria (FotoPigna)

Le Cinq piccole madaleine (FotoPigna)

Le Cinq, ancora piccola pasticceria (FotoPigna)

Le Cinq, piccola pasticceria (FotoPigna)

Una esperienza sicuramente appagante, didattica, indispensabile.
Ce ne accorgiamo quando in taxi pensiamo alla corsa dimenticando subito completamente il conto. E con tanta voglia di tornare.
Costa così poco la felicità gastronomica?

Le Cinq: più che soddisfatto!

31 Commenti

  1. Mi pare un affare a 220 tutta sta robba! Ma perche’almeno quando giochi all’estero non dai i voti, Luciano? Hai forse paura di doverteli poi rimangiare in altro viaggio, come capitato in questi giorni all’ imam Cauzzi, costretto a riqualificare il 16/20 dato da Norbert a uliassi, in una giornata non sbagliata( c’eravamo anche noi ad altro tavolo) con un piu’ appropriato 18. Che succede? Rinsavimento sulla strada di Damasco , anzi… der mercato del testaccio?

    1. Per dare voti bisogna conoscere molto di più di quanto io non conosca. E sulle cucine estere ho ancora tanto da imparare. Non vorrei fare la fine dei nostri amici di PG, che sul Sud sballano completamente:-)

      1. Mi azzardo io? 19 pieno. In zona Ducasse o Arpège, là dove Ambroisie – per dire – non va oltre il 16,5.

      2. Solo, per l’ennesima volta, una precisazione: io, e con me almeno altri due del blog PG, abbiamo natali, origini e vissuto tutti del sud. Motivo per cui se valutiamo i ristoranti del sud diversamente da lei, Pignataro, non e’ per inesperienza. credo viceversa che la regione sia un’altra: lei fa il tifo per il sud, noi no.

        1. Certo che faccio il tifo per il Sud, ci mancherebbe. Come ogni italiano fa il tifo per la sua terra di origine. Questo non significa che sono così’ stupido da pensare che i ristoranti del Sud siano i migliori del mondo. Il punto è un’altro: è la vostra subalternità ad un modello alimentare e gastronomico che rifiuta diversità e specificità.
          Vede, questa storia l’ho già vissuta nel mondo del vino, quando negli anni ’90 si impose il modello Toscana in tuta l’Italia: a quell’epoca per essere valutato bene un aglianico doveva somigliare ad un sangiovese merlottizzato, vigeva il principio assoluto della morbidezza e della esposizione barocca olfattiva.
          Purtroppo PG, a cui ho sempre riconosciuto serietà e onestà, è espressione di un modello gastronomico omologante che rifiuta specifità e diversità. La sintesi è nella critica al troppo pomodoro, giusto per banalizzare, che trovo davvero naif.
          Siete i Luca Maroni della gastronomia. Lo dico senza offesa, come dato di cronaca.
          Che poi alcuni di voi siano nati al Sud non vuol dire proprio niente: conosco tanti meridionali che si sforzano di parlare milanese per dimostrare di essere integrati e che rifiutano le proprie origini per dimostrare di non essere provinciali.

          1. Fatico, in tutta onestà, a capire il paragone e confesso che trovo davvero preconcetta la sua posizione.
            PG mette tra le tavole al top del mondo l’Ambroisie e il Povero Diavolo, due ristoranti che credo rispondano a modelli totalmente diversi di ristorazione.
            Quali sarebbero le diversità che rifiutiamo?
            Credo proprio che sia totalmente gratuita l’equiparazione fatta (“dato di cronaca”??? Io non sono un giornalista, ma non mi pare che sia la definizione coretta, che ne dice lei che lo è? con fini chiaramente maliziosi.
            Ma tutto si tiene: come scrivere che abbiamo alzato di due punti un voto di un ristorante sbagliando anche il nome del recensore.
            Per fare io un’equiparazione forse un po’ più solida, potrei dirle che il suo Blog si ispira, invece, al processo del lunedì: amore per la polemica in sé e argomentazioni molto poco giustificate.

    2. Visto che su questi schermi quando la palla sta a Maffi (e mai metafora fu più azzeccata visto l’accurata imprecisione dell’affermazione che promuove) va quasi costantemente in scena la neppure troppo velata presa per i fondelli di PG, non pretendendo di esigere in casa d’altri rispetto per il nostro lavoro, visto che tale rispetto ci viene spontaneamente riconosciuto da individui alla cui opinione teniamo veramente, almeno mi permetto di precisare i fatti. Non esiste nè è mai apparsa su PassioneGourmet alcuna scheda a firma di Norbert riguardo al ristorante Uliassi. Le due schede del locale in questione, firmate rispettivamente da Giovanni Gagliardi e Leonardo Casaleno, recano 17 e 18 ventesimi, come valutazione.
      Mi spiace inoltre notare che i miei periodici tentativi distensivi e di dialogo vengono costantemente mortificati dalle sparate capziose del nostro “mago” degli orologi, che evidentemente nonostante la professione quando si tratta di seminare zizzania proprio non vede l’ora.
      Che vi devo dire? Inshallah (per restare in tema…)

      1. No, macchè zizzania … questa è pura e miope provocazione.
        Miope perchè Maffi, dovete sapere, NON può accettare che un ristorante cambi, modifichi, si evolva. Dal nostro umile punto di vista s’intende. No, per lui è tutto statico ed immobile. C’è qualcuno che sbaglia, non lui ovviamente, quando giudica in modo superficiale, ad esempio, lo Chateaubriand. Però non abbiamo mai detto che lui ha torto, semplicemente il suo punto di vista è differente.
        Quanto poi alle argomentazioni e fini dissertazioni di Pignataro beh, che dire. Noi premiamo l’omologazione ? No. Semplicemente non sopravvalutiamo per cinico campanilismo, come invece fa lui. Perchè l’Alta Cucina non è da confondere con l’ottima, piacevole ed intensa cucina regionale, che è un’altra roba.

        1. Caro Alberto, mi spiace che la discussione ti sia sfuggita di mano perché definire regionale la cucina del Sud è chiaramente un insulto e non una valutazione.
          Ti sfugge poi che io non sopravvaluto e non sottovaluto nulla: sul mio blog racconto. Il giudizio numerico ho la fortuna di esprimerlo dal 1998 in modo professionale sulla Guida Espresso dove non credo ci sia molto spazio per il campanilismo, altrimenti non sarebbe la più autorevole in Italia

          1. Non preoccuparti caro Luciano, continua ad usare le parole espresse da altri come credi, a tuo uso e onsumo, distorcendole. Accomodati pure.
            Ti saluto e ti auguro un sereno natale

          2. Caro Luciano, intervengo poichè sono una delle anime del sud, di Napoli per la precisione, di PG.

            Onestamente è una polemica i cui contorni mi sfuggono. Per dare i voti non bisogna conoscere più di quanto tu conosca, è solo necessario prendersi delle responsabilità, PG lo fa.

            E’ giusto che tu non sia d’accordo con qualche voto e che lo dica , ma senza da questo far discendere conclusioni generaliste e affrettate. Sappi che l’anima di PG è più composita e complessa di quanto tu possa credere.

            Da napoletano, innamorato della sua terra e della cucina del sud, concludo esprimendo quella che per me è la differenza tra l’alta cucina e l’ottima intensa cucina regionale. E’ la differenza che c’è tra la Francescana e la Torre del Saracino. Con buona pace di tutti.

            Auguri e

            Ad Majora

        2. @Giovanni
          Bella forza, citi quello che è il numero uno in questo momento! Il punto non riguarda le singole posizioni nelle quali non voglio proprio entrare perché non posso. Il discorso è: al Sud si esprime o no alta cucina? O, meglio, e per dirla con Vizzari: il Sud rientra a pieno titolo nella nuova cucina italiana?
          Secondo me sì se pensiamo a Romito, Esposito, Cuttaia, Sposito, Deleo, Cannavacciuolo, Vinciguerra, Di Costanzo tanto per citare i primi che mi vengono in mente. Ma dietro di loro ci sono decine di cucine giovani al lavoro
          Pg nega questo e relega la cucina del Sud a un fenomeno regionale.
          Un esempio di solida cucina regionale è, se vogliamo fare un nome, Casa del Nonno che pure avete disprezzato. Dunque c’è un preconcetto di partenza verso i terroni
          Sono due punti di vista, per carità. Anche se il vostro mi pare isolato rispetto a quello della critica professionale.
          Ma per dirla tutta, è l’olio che sale al Nord, non il burro che scende al Sud.
          Buon Natale a tutti

          1. Onestamente non mi pare che Romito, Cuttaia, Sposito, Cannavacciuolo e Vinciguerra per citare qualche nome indicato da te siano disprezzati da PG.

            Tutt’altro direi.

            Quanto all’olio che sale e al burro che scende, non dirmi che siamo ancora fermi alla iconografia del Bellavista di De Crescenzo. Ti prego. In questo modo non rendiamo un buon servizio alla nostra meravigliosa terra.

            Ad Majora

  2. Ok, ho scambiato un 17 per 16. E allora? Fa strano invece l’attuale 18 dato da pg in un momento in cui, ognuno ha i propri informatori, uliassi ha un pelo digiustificata stanchezza. Ripeto : certe fulminazioni sulla via di testaccio lasciano qualche sospetto. Lo pensano in tanti. Come sempre solo io lo dichiaro. Pazienza. Per quanto riguarda lo chateaubriand eravamo solo in quattro, Pignataro, Fiordelli, ciomei e io. E sono stato il più’ cauto. Una cena indegna, altro che pareri contrastanti. Buona Pasqua anche a te, Alberto, che e’ meglio…

    1. Buona Pasqua e buon Ferragosto Giancarlo, peccato che superficialmente tu ti fermi al numero e non leggi il testo delle nostre recensioni. Ma anche di questo ce ne faremo una ragione.

    2. Beh, considerare stanca la cucina attuale di Uliassi, ulteriormente maturata e complessa rispetto agli anni precedenti, fa sicuramente pensare a quanto sia affidabile il pigro palato di certi informatori.

      1. Leo non è leo :-) giusto per non incorrere nei mugugni maffiani…

        Sulla fiducia (a Mauro U.) mi sento comunque solidale con il giudizio sul ristorante senegallese ma, please, non usurpatemi il nickname ! :-))

    3. Il punto non è aver scambiato un voto, Maffi.
      Non prendiamoci in giro o, quantomeno, non prenderci in giro.
      Qui si tratta di pura e sistematica malafede applicata nei nostri confronti.
      Non sono mai intervenuto ma è quasi due anni che va avanti questa storia.
      Continuare a porgere l’altra guancia con te è impresa francamente improba.
      Non ricordo di aver parlato con te di voti la volta che ci siamo fuggevolmente incrociati da Uliassi, ma ricordo il tuo borioso atteggiamento quando pensavi di aver strappato a noi di PG il Maradona(??) enogastronomico del web, atteggiamento farcito da insinuazioni su un presunto clima malsano che allignava tra noi di PassioneGourmet e da paterni ed affettuosi consigli su come tu avresti trattato noialtri del gruppo.
      Poi il tempo, sempre galantuomo, con la brevissima permanenza da voi della “contesa” penna virtuale, ha messo le cose nella giusta prospettiva.
      Ricordo anche diversi dileggi e sbeffeggiamenti su alcune valutazioni numeriche di locali da noi visitati, fatti rigorosamentei senza entrare nel merito, ed in particolare un episodio, avallato dal patron di questo sito, in cui dal dileggio si è passati allo sbertucciamento ed al vero e proprio insulto di uno di noi.
      Per non parlare dell’ultima, elegantissima allusione a “diffusi” sospetti che tu, novello paladino incarnato della verità nonchè impavido Saviano enogastronomico, riporti diligentemente disposto ad ogni sacrificio.
      Non mi dilungo oltre Maffi, la giornata tra l’altro è stata abbastanza infausta, e non mi aspetto nulla riguardo a comportamenti più rispettosi e meno provocatori nei nostri confronti.
      Sappi solo che anch’io, come molti di noi, credo, non gongolo all’idea di prendere un caffè con te.

      1. Il Guardiano è sicuramente un fuoriclasse, ma è troppo intelligente e cinico per finire la partita. La sua intelligente decadenza o, se si vuole, la sua decadente intelligenza gli impedisce di spendersi con gli uomini. Sono molto contento di averlo conosciuto e di avere i suoi pezzi nel sito e continuo a seguirlo come tra le cose più ammalianti e meno scontate che girano in rete.
        Non so se sia Maradona, ma lei, Norbert, è greve e pesante come un vecchio segretario del Pci di Loiano. Perciò diventa trippa per gatti di fuoriclasse come Maffi:-)

  3. Calma, ragazzi: mi sembrate tutti (o quasi) fuori misura. O c’è qualcosa che mi sfugge?

    1. Ciao Enzo,

      è che quando mi si paragona ad un taglio bordolese di Toscana esplodo :-)
      e poi, suvvia, perchè offendere Luca Maroni accostandolo a noi ? Mi sembra non riguardevole nei suoi confronti.
      Adesso torno in moschea a pregare :-)
      Un abbraccio Enzo

  4. Caro Norbert , nessun caffè’, non preoccuparti. Mi sono bastati gli atteggiamenti snobbini a quel tavolo da uliassi dove tu, senza sapere chi fossimo , ci guardavi come cafonacci che disturbavano il, TU, manovratore intento a degustare, fotografare e scuotere la testa. Uno sfigatiello, direi. Per quanto riguarda le guardien, direi che dovresti sciaquarti la bocca prima di parlare di lui, non dico con lui. A parte enzo’ e, solo in piccola parte, Cremona , mai visto qualcuno capir di piatti, del vino nemmeno mi oso, come lui. Se Roberto se ne e’ andato da voi ed e’ venuto a scrivere qui per il tempo che ha ritenuto di farlo certo non e’ stato grazie a quella che tu chiamo boria. Sempre tenuto profilo basso, sul caso. Ma tu leggi altro: porteremo pazienza. Ci sarebbero altre cosine da dire sul caso Gdf ma evito, perche’ poi vengo accusato di riferire in pubblico cose dette in privato. Parla pure con il tuo capo.

    1. Solito savoir faire, solita finezza, solita signorilità.
      Solita coerente eleganza, anche nel tirare in ballo(Gdf)chi non c’entra nulla riguardo alle osservazioni fatte e nell’usare l’alterazione della realtà e il dileggio dell’interlocutore come unica arma dialettica.
      La classe non è acqua.
      Chapeau.

  5. Eh la Peppa, che discussione che mi ero perso
    Non commento, dico solo che mi dispiace vedere litigare tra di loro tanti cari amici

  6. Se si è donne ci si disputa l’uomo.
    Se si è uomini ci si disputa la donna.
    A volte ci si disputa il morto o il di lui ricordo.
    .
    Se si è enogastronomi ci si disputa il Gdf……che in questi momenti è purtroppo in tutti altri “affari” affacendato.
    Fossero giornate meno tristi mi verrebbe da ridere, oggi no, il sorriso è amaro.
    .
    Ciao

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