Pasta al ragù di genovese | Lectio magistralis di Raffaele Bracale: origini del nome e ricetta napoletana


Pasta alla genovese

di Raffaele Bracale

Vi propongo una bella ricetta tipicamente napoletana per un primo piatto gustosissimo da servirsi in tavola la domenica e nelle altre feste comandate quale alternativa al mitico rraú cu ‘a pummarola, alla pasta al forno o al famoso sartú ‘e riso !!!! Cominciamo col dire che, stranamente!,  questo sugo è chiamato “alla genovese”, benché questa preparazione sia sconosciuta nella città ligure. À però questo nome perché détta salsa fu preparata per la prima volta nella seconda metà del 1500 da certi cuochi genovesi ( che (sulla scia  dei cuochi francesi che l’avversavano) non amavano il pomodoro con cui si approntava il famoso ragú partenopeo ed anzi lo temevano ritenendolo velenoso!…) cuochi  che aprivono taverna a Napoli alla Loggia di Genova, zona a ridosso del porto,  dove  la colonia genovese (autorizzata dall’autorità locale che le aveva ceduto in fitto l’intera zona) si autoamministrava.

Quando dalla taverna genovese la salsa  pervenne nelle cucine familiari questo ragú alla genovese, (privo cioé di pomodoro) divenne d’uso costante ed alternativo nelle case dei napoletani e tra il 1700 ed il 1800 passò il confine campano pervenendo nelle altre regioni del reame napoletano ed ancóra oggi è una preparazione molto apprezzata, che già anticamente era riportata da famosi autori come Vincenzo Corrado, (Oria, 29 marzo 1738 – †Napoli, 4 novembre 1836),  cuoco e letterato italiano, che ne parlò nella sua opera “Cucina Napoletana” nella prima edizione del 1832; successivamente ne parlò  anche don Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino,nobile napoletano  (Napoli(?)2 settembre 1787 –†(ivi?) 5 marzo 1859) letterato italiano esperto di  cucina, che ne trattò nella sua opera “Cucina teorico pratica” pubblicata nel 1837.

Perchè la genovese si chiama così?

Qualcuno – come à registrato l’amico Luciano Pignataro – à altre idee; leggiamo: Perché Genovese? Secondo Jeanne Caròla Francesconi <nel esistevano=”” a=”” napoli=”” parecchi=”” trattori=”” genovesi=””>, il Liber de coquina cita i De Tria Ianuensis (ossia la Tria Genovese), il Cavalcanti duca di Bonvicino riporta una ricetta simile. In realtà non ci sono notizie sicure e il cronista può divertirsi a inventarle tutte: quel che è certo è che Genovese (e Genovesi) è un nome, oltre che un toponimo, ben diffuso in tutto il Regno da molti secoli. C’è, appunto chi antropologicamente parla di ristoratori genovesi che al porto cuocevano la carne con la cipolla a cui i napoletani avrebbero poi aggiunto la pasta. Ma di questa preparazione non c’è traccia seria o comunque diffusa in Liguria. Un’altra scuola di pensiero, piú romantica, racconta di un monzú di Ginevra (Geneve, dunque Genovese) che introdusse questa variante della soupe d’oignons a Corte o in qualche cucina aristocratica. Forse la verità è molto piú banale, ma non la sapremo mai: a Napoli ad esempio è molto diffusa una doppia sfoglia di pane con prosciutto cotto, formaggio e pomodoro al centro che si chiama Parigina. Stesso cosa con la Veneziana in pasticceria. O a Madrid trovi la Napolitanas. Chi può dire perché? Forse c’era una musicalità nascosta nella testa di chi l’à chiamata cosí, il formaggio e il prosciutto cotto avranno evocato in qualche modo la raffinatezza francese. Niente di piú strano che sia successo cosí anche con la Genovese. Oppure, ancora, il segreto va cercato nel misterioso e affascinante mondo degli scagnanomi, magari un oste chiamato ‘O Genovese perché tirchio!”</nel>

Ciò annotato per dovere di completezza, ma precisato ch’io resto della mia idea e non mi lascio suggestionare  passiamo alla vera e propria ricetta

La carne la servirete come pietanza accompagnata  da un’insalata verde.  Si tratta di una preparazione che sostanzia un grave peccato di gola, ma pazienza: si avimm’ ‘a fa ‘nu peccato, facimmolo murtale, si no nun c’è zzuco!

Vini

Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.

Mangia Napoli, bbona salute! Scialàteve, cunzulàteve ‘o vernecale,  diciteme grazzie e ffaciteve ‘a scarpetta!

Alcune indicazioni

  • Le cipolle devono essere possibilmente di Montoro e non bianche!
  • Lo spezzato di manzo adulto va tagliato in pezzi di cm. 5 x 4 x 3 (preferibilmente ricavato dalla pancia o dalla corazza o anche dalla spalla ) oppure, a preferenza, si può sostituire con 1 kg. di locena (collo, soppelo) di manzo in fette da cui ricavare 6 grosse brasciole (involti) ben legate con spago bianco da cucina.

Ricetta di Raffaele Bracale

  • Tempo di preparazione 7 ore e 20 minuti
  • Tempo di cottura 6 ore e 40 minuti
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Ingredienti per 6 persone

  • 2 Kg di cipolle dorate
  • 1 Kg di spezzato di manzo adulto
  • 1 kg. di locena di manzo
  • 100 gr di pecorino
  • sale fino
  • pepe nero
  • uva passita ammollata
  • 2 uova sbattute
  • prezzemolo ed aglio tritati
  • pinoli
  • 1 carota grattata e tagliata in 4 o più pezzi
  • 1 costa di sedano grattata e tagliata a pezzetti
  • 2 bicchieri vino bianco secco,
  • 1 bicchiere di olio EVO prima spremitura a freddo
  • 1 cucchiaio abbondante di sugna
  • 1 pomidoro pelato (molto facoltativo)
  • sale fino e pepe nero macinato a fresco q.s.
  • 600 gr di rigatoni o penne (maltagliati) rigate
  • In alternativa: candele spezzate a mano (4 cm.)
  • 100 gr di pecorino grattugiato
  • un pugno di sale doppio

Preparazione

Mondate ed affettate allo spessore di ½ cm. le cipolle, (piangerete per un po’, ma pazienza; dopo ne sarete contenti! )
Mettetele in una pentola con la carne, l’olio, la sugna, la carota ed il sedano tagliati a cubetti, eventualmente il pomodoro spezzettato;
Coprite, e fate cuocere per circa un’ora a fuoco vivace: le cipolle dovranno diventare trasparenti e dovrà evaporare tutto il liquido.
Solo quando le cipolle saranno abbastanza asciutte versate il primo bicchiere di vino bianco, questa volta a fuoco bassissimo
Fate cuocere per circa altri 40 minuti.
Versate l’altro bicchiere di vino, il sale e il pepe, e ripetete l’operazione precedente facendo ben attenzione a non far attaccare il sugo alla pentola!
Con questo sugo condite i rigatoni lessati al dente e spolverizzateli di pecorino e di pepe nero.

Vini abbinati: Greco di Tufo

7 Commenti

  1. Caro Prof., ebbi già modo di apprezzare la sua dotta dissertazione sul termine “pizziata” e questa nuova è la conferma della sua sapienza come “filologo” della cucina.Mi piace tuttavia riferire di un’altra teoria. Pochi giorni fa,in occasione della presentazione di un libro su Vincenzo Corrado, la Signora Leyla Mancusi Sorrentino ha sostenuto l’ipotesi che il termine genovese fosse riferito ad un tipo di tecnica di cottura, della carne in particolare, che prevedeva l’uso della pentola di rame poggiata sulle braci della “fornacella” con altre braci poste sul coperchio in rame.Un “braciato” di carne dunque,a cottura lenta, che alla fine diventa un “fondo” alla cipolla. Con questo fondo,opportunamente diluito, Il Cavalcanti consigliava di condire i maccheroni.
    Finalmente è descritta una ricetta dove la carne non sia il girello(!),ma pezzi scelti di secondo taglio, e che la pasta da usare sia ad ampia superfice assorbente e rigata per trattenere meglio il sugo. Buon Natale a tutti.

  2. Buona sera e buon Natale, vi seguo tarmite il mio amico Carlo Animato e le vostre ricette sono classiche ed ottime. Anche questa segue tutti i crismi e poichè il procedimento è classissimo… anche il sapore lo sarà. Se e quando tornerò a Napoli ho promesso di venirvi a trovare

  3. Bellissimo post, interessanti le ipotesi filologiche, e storice. La genovese è una ricetta fantastica, appena la temperatura scende sotto i 20 gradi inizio la stagione della genovese, ne ho provate decine di versioni, da un paio di anni mi sono stabilizzato su questa: cipolle di Montoro ramate (insuperabili), il pezzo di annecchia classico (a cannello) a cui aggiungo un pezzo di coperta di costato (quello usato per il brodo) , è chiaro carota sedano vino bianco. Provato e cucinato anche quella vesuviana con agnello e quella cetarese con tonno, le trovo più che varianti, quasi ricette diverse con propria dignità. Su una cosa resto fermo da sempre il formato di pasta: gli ziti spezzati o meglio ancora da spezzare, che la genovese quando vede il rigo ….trema. Sommessamente, non me ne voglia l’autore.

  4. Non so chi sia quella signora che suggeriva pasta rigata per la Genovese. È da denunciare alla polizia culinaria. Non si permetta mai più di parlare di pasta rigata a Napoli.

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