Podernuovo a Palazzone, l’impronta Bulgari tra vigne, architettura e visione
di Tonia Credendino
Nel cuore più silenzioso tra Umbria e Toscana, dove il vino è pensiero, bellezza e passione custodita, un racconto di eleganza concreta e vocazione nascosta.
Il territorio, la vocazione storica, la meraviglia
La tenuta Podernuovo sorge nella frazione di Palazzone, una piccola perla nel comune di San Casciano dei Bagni, proprio sul confine che unisce Toscana, Lazio e Umbria. Questo luogo, oggi immerso nella quiete e nella bellezza rurale, un tempo fu stazione di posta lungo l’antica Via Cassia, crocevia di viaggiatori, merci e storie. Nei secoli, Palazzone è stato anche un punto di riferimento per il vicino Castello di Fighine, che ne gestiva le terre e l’attività agricola.
In questo paesaggio misurato, Giovanni Bulgari innesta la sua visione: non stravolge, ma ascolta; non impone, ma si lascia guidare. La sua è un’eredità trasformata, che porta con sé un nome, un metodo, uno sguardo, una fedeltà profonda alla bellezza silenziosa.
L’arrivo ha il passo calmo delle cose che si rivelano lentamente. La strada si snoda tra i filari, il paesaggio si apre con misura, l’aria si fa più nitida. Ogni curva è posata con cura, ogni prospettiva si allinea con naturalezza, come se l’armonia fosse iscritta nel terreno. E all’improvviso accade: un déjà-vu nitido, potente, inspiegabile. Qualcosa che richiama la Napa Valley, non come semplice suggestione paesaggistica, ma come concetto più ampio e internazionale di simbiosi tra vino, design e visione. Per chi l’ha vissuta a lungo, come me, è come un’immersione in un ricordo che affiora potente: la stessa vastità, lo stesso senso di ordine e bellezza, la stessa capacità di fondere natura e cultura. Per un istante il pensiero vola lontano, ma il respiro della terra lo richiama indietro: l’Umbria è presente, concreta, radicata ed è proprio per questo, sorprendente.
L’accoglienza, la soglia, la voce che apre
Ad accogliermi è Letizia Bernardini, figura discreta e profonda, parole misurate e ascolto autentico. Oltre a essere guida attenta, è anche voce narrante del progetto: mi spiega la visione che muove ogni scelta, compreso il disegno architettonico, fondamentale per comprendere l’anima del luogo. Alle sue spalle, il progetto firmato dallo studio Alvisi Kirimoto emerge con coerenza e misura: linee pulite, materiali essenziali, un dialogo continuo tra interno ed esterno, con la luce naturale che attraversa gli spazi e si posa sul vino. Qui l’architettura non cerca il colpo d’effetto, ma accompagna il lavoro, custodisce l’identità, serve la funzione senza mai rinunciare alla bellezza.
Con lei la visita comincia tra i filari, sotto una luce che si fa più intensa e precisa. Ogni dettaglio si offre con naturalezza, ogni passo ha un senso. Ci muoviamo tra i vigneti come dentro una trama invisibile, disegnata per chi sa osservare. La bellezza non è ostentata, ma si rivela a chi si lascia guidare. Il racconto si apre e diventa esperienza: la storia del luogo, la meraviglia del paesaggio, gli angoli segreti che si svelano solo a chi li percorre davvero.
È un progetto bello e ambizioso, dove ogni tappa ha una voce e una funzione. La prima, fondamentale, è l’incontro con Jacopo Felici, l’enologo. Ed è proprio da lì che inizia il cuore della narrazione.
Jacopo Felici: le radici sotto la chioma
Ha quarant’anni appena compiuti, occhi limpidi e una voce che non cerca il volume, ma la precisione. Jacopo Felici è l’enologo di Podernuovo da tre vendemmie, ma il suo sguardo racconta un’intesa profonda con questo luogo.
Il suo è un approccio agronomico, fatto di ascolto e attenzione. Lavora per microzone, osserva i suoli, distingue vigorie, adatta metodi in base all’esposizione, alla tessitura, al vento. Mi racconta dei terreni argillosi, della necessità di arieggiarli in profondità per evitare che si compattino e impediscano il respiro delle radici. Il linguaggio è tecnico, ma radicato nella pratica. Dopo anni di esperienza tra Montalcino e Montepulciano, qui ritrova altitudine, acidità naturale, escursioni termiche, e un contesto unico a pochi chilometri dal Monte Cetona, che dona a questa zona un microclima distintivo e prezioso.
Sottolinea come Podernuovo si trovi in una terra di confine, poco raccontata ma con un’identità fortissima, e mi mostra una delle pratiche adottate in vigna: diffusori che rilasciano una sostanza attrattiva per i maschi della tignola, tecnica di confusione sessuale che evita l’uso di insetticidi e protegge le piante in modo naturale. La sfida è continua, specie ora che la cantina ha conseguito la certificazione biologica, e ogni gesto diventa ancora più consapevole.
Ama il Cabernet Franc, ma guarda con interesse anche al Malbec, che qui regala rosati di sorprendente precisione. Il suo racconto è misurato, concreto, cammina tra le viti come se le conoscesse una ad una, come parte di un dialogo mai interrotto.
Durante il percorso ci fermiamo sotto un grande albero, poco distante da un laghetto circondato da erbe spontanee e riflessi verdi, da cui si apre una delle vedute più intense della tenuta: un luogo che invita al riposo, perfetto per un picnic tra le vigne, dove anche l’ombra sembra parte della narrazione.
La cantina, la bottaia e il battito lento del vino
La cantina si sviluppa con una logica chiara e ordinata, pensata per sostenere il vino nel suo percorso senza ostacolarlo. Da un lato i tini in acciaio lucido, dall’altro le botti tronco-coniche in legno numerate: due anime diverse che convivono con naturalezza, scandendo un ritmo produttivo pulito, preciso, silenzioso, dove ogni scelta è studiata per semplificare il gesto, agevolare il lavoro, restituire armonia.
Il passaggio dalla zona di vinificazione alla bottaia avviene senza soluzione di continuità. La luce si fa più morbida, le pareti assorbono i suoni, e il tempo comincia a scorrere in modo diverso. Qui barrique e botti grandi riposano in file ordinate, immerse in un’atmosfera che ispira rispetto e concentrazione. La bottaia, ampia e climatizzata, è tenuta a temperatura costante per garantire un’evoluzione ottimale dei vini, permettendo al legno di dialogare con il liquido con equilibrio e lentezza. Le essenze lignee variano in base al vino e alla fase di affinamento: ogni scelta è pensata per accompagnare, mai per coprire. Il controllo è costante ma discreto: ogni dettaglio ha una funzione precisa.
Tutto è progettato per proteggere l’identità del vino e favorire un dialogo armonico tra materia prima, tempo e visione umana.
Degustazione con vista: i vini come paesaggi da attraversare
La sala degustazione si affaccia direttamente sulla bottaia: vetro contro vetro, luce che si posa sui legni, silenzio che amplifica i dettagli. Sedersi qui significa entrare nel cuore del processo, osservare senza mediazioni ciò che accade oltre il calice. Il tavolo è apparecchiato con eleganza sobria: una fila ordinata di bicchieri, piccoli fiori freschi, luce naturale che attraversa la sala.
I calici, allineati con precisione, sono pronti a raccontare una storia. Si parte dal NicoLeo 2024, al momento l’unico bianco in produzione: essenziale e vibrante, con una nota balsamica che ricorda l’erba tagliata e il vento di altura. Segue Aliki 2024, rosato da Malbec e Merlot, vinificato a bassa temperatura per preservarne l’integrità aromatica: verticale, fresco, pulito.
Poi arrivano i rossi: Therra, blend di Cabernet Franc, Merlot, Montepulciano e Sangiovese, è il vino dell’equilibrio. Argirio, Cabernet Franc in purezza, sorprende per la sua tensione e matrice sapida. Chiude il percorso Sotirio, 100% Sangiovese, omaggio al fondatore: elegante, raffinato, riservato.
Cucina territoriale, pensiero gentile
Ad accompagnare la degustazione, la cucina di Davide Conti parla la lingua della misura. Ogni piatto nasce per valorizzare il vino, non per sovrastarlo.
I pici al baccalà sorprendono per rotondità e verticalità, l’uovo di quaglia su gâteau di patate al tartufo è una miniatura perfetta, la mousse di pecorino con fichi neri crea un ponte con il Malbec. E poi la polpetta di baccalà mantecato, la polenta con il lardo, fino a una fantasia di cioccolato: tutti piatti in equilibrio con i vini.
L’incontro con Davide mi è rimasto nel cuore. Un animo gentile, che unisce creatività e rispetto per il proprio lavoro. Un sorriso che conquista. I suoi piatti riflettono tutto questo: semplici, chiari, armoniosi.
Dove il vino è anche tempo, persone, visione
Podernuovo a Palazzone è molto più di un’azienda agricola: è una visione condivisa, costruita giorno dopo giorno con mani operose e menti attente. C’è una bellezza che non grida, che vive nella relazione tra chi coltiva, chi trasforma, chi accoglie. Il vino nasce da un territorio straordinario, ma è nelle persone che si realizza davvero, in quell’intelligenza collettiva che tiene insieme progetto e radici.
Ed è proprio in questo incanto che, giunta quasi al termine della visita, ho sentito il desiderio di restare. Seduta in silenzio di fronte alla vigna, tra il verde che si specchiava nel laghetto e la luce del tardo pomeriggio, ho capito che luoghi come questo hanno un modo tutto loro di trattenerti. Mi attendeva un treno alla stazione di Chiusi, ma qualcosa in me voleva restare. Non per scoprire altro, ma per respirare ancora. Perché a Podernuovo, più che osservare, si sente. E questa, forse, è la forma più vera e profonda dell’ospitalità.
Un’esperienza da completare con un soggiorno presso l’Hotel Vannucci a Città della Pieve, struttura elegante e accogliente, perfetta per unire vino, paesaggio e riposo autentico.
Podernuovo S.r.l. Società Agricola
Loc. Le Vigne, 203 – Palazzone
53040 San Casciano dei Bagni (SI), Italia
Sito web: www.podernuovoapalazzone.com
Telefono: +39 0578 56056
E-mail: [email protected]