
Via Giuseppe Pisanelli, 23/25 Roma
Finalmente hanno riaperto. Ce l’hanno fatta, Ramona Anello e Riccardo Di Giacinto. Caparbi, ostinati, forti della loro esperienza e forti della novità più bella arrivata nell’ultimo anno e mezzo di pausa forzata: una bimba di tredici mesi.
Oggi a due passi da Piazza del Popolo sono riusciti ad incastonare, letteralmente, il ristorante All’Oro – che ha portato a Di Giacinto la stella Michelin nel 2010 – in un palazzetto albergo che gestiscono in prima persona e proprio come se fosse la loro casa.

Mesi di grossi sacrifici, durante i quali – come spesso purtroppo ci tocca ascoltare – l’investimento economico viene aggravato dagli intralci del vero Moloch del nostro Paese: la burocrazia.
Ma ci sono riusciti. E questo conta. L’albergo , il cui nome the H’All – Tailor Suite gioca con quello del ristorante, occupa tutto il primo piano di questo palazzo storico, ha 14 camere arredate in stile molto moderno ed elegante, ma anche personalizzate e rese super confortevoli dalla mano femminile della padrona di casa.


Le linee essenziali del legno scuro, gli accessori in ottone, il disegno pulito dei parati, i colori che vanno dal blu al petrolio al verde acido sono gli stessi dell’ampia sala da pranzo del ristorante.
Mise en place minimale, piatti e accessori di design, luci soffuse ma centrate. La cucina si affaccia su una parte della sala, mentre la grande porta scorrevole al centro, la boiserie e il camino in fondo ricordano piacevolmente l’ambiente di un club inglese.
Ramona riceve gli ospiti e coordina i tavoli con la consueta professionalità; è lei l’anima della sala, che sta dietro a tutto come solo chi tutto ha seguito, dall’inizio alla fine, può fare. Ed è lei l’ispiratrice di una carta dei vini molto ben fatta, che esce con divertimento dai soliti percorsi.
Un servizio collaudato, giovane, non ingessato ma che si muove con grande professionalità.

La carta riporta tutti i classici che hanno reso famoso lo chef dell’All’Oro, con in più qualche interessante novità. Ci sono quattro menu degustazione, da quello vegano (a 78 euro) a quello completo di 9 portate (130 euro).
L’aperitivo, vivace e stuzzicante, è in piena sintonia con le sfumature della primavera. Scatole colorate che si aprono su bocconi soprattutto vegetali, quasi un ‘orto & cucina’ in miniatura: il gel di melone bianco con guanciale croccante, il maritozzo con broccoli e salsiccia, il cracker con la giardiniera, la rilettura del risotto alla milanese, il macaron salato, il marshmallow di parmigiano e tartufo.

Un primo piatto semplice, perfetto per i golosi di crostacei, lo spaghetto aglio e peperoncino con crudo di canocchie.

Sempre un grande piatto i cappelletti in brodo asciutto con parmigiano, zafferano e limone, bocconi unici che sorprendono il palato anche quando li conosci.

Carattere deciso nei sostanziosi won ton ripieni di castrato, serviti con verza e pecorino, dove tecnica e manualità vengono messi al servizio della tradizione della campagna romana.

Delicata la triglia con lamponi e limone, mentre colpisce per sapore e toni decisi dell’amaro uno dei piatti nuovi di Di Giacinto: il pollo alla cacciatora. La carne tenace, come l’antica ricetta prevede, e gli ingredienti canonici affrontati con tecnica e rispetto, ne fanno un piatto di ottima esecuzione ed efficacia.



Il capitolo dessert si apre in maniera fiabesca (il tema del dolce e dell’infanzia ritornerà anche dopo), con la mela di Biancaneve: pre dessert alla mela servito con tanto di specchio magico.

Ancora un’incursione nei classici per la chiusura col celebre tiramisù con ‘virgola’ di cioccolato e la sorpresa golosa nascosta sotto lo zucchero filato del ‘latte & miele’, doppio salto giocoso nella memoria infantile. A completare, le bombette fritte, con una buonissima crema zabaione e la piccola pasticceria.




