Sabatino Sirica, 70 anni tra sfogliatelle e pastiere
di Santa Di Salvo
A questo punto non sai più se il miglior simbolo di Napoli sia lui o la sua sfogliatella. Quest’ultima, a detta degli esperti che lo hanno premiato, è la più buona d’Italia. E Sabatino Sirica allora, non è un mito nazionale? Sabatino, il giovanotto di 82 anni che lunedì ha festeggiato al Magnolia i 70 anni di attività e poi via ancora al lavoro nel suo laboratorio di San Giorgio a Cremano. Uno che a 12 anni faceva il garzone di pasticceria e a 16 da Sgambati già impastava i dolci a mano senza macchinari. Il Cavalier Sabatino, con tanto di onorificenza conferitagli da Giorgio Napolitano e la passione di sempre che lo ha portato ovunque, autentico ambasciatore della pasticceria napoletana nel mondo.
Sono arrivati in tanti a festeggiarlo, perché Sirica è amico di tutti, amatissimo anche dal mondo dello spettacolo e da quello sportivo (collabora con la Società Calcio Napoli dai tempi di Maradona). E c’erano anche i “colleghi”, dalla famiglia Giugliano di Mimì alla Ferrovia ai Malafronte, ai Piccirillo della Masardona, agli chef Gennarino Esposito e Salvatore Bianco.
«Lascio ad altri l’innovazione, io faccio dolci partenopei» ripete sempre. Affermazione non riduttiva, anzi. Perché, con buona pace dei francesi e degli amici siciliani, Sirica è il primo fan della nostra magnifica tradizione dolciaria nata nei conventi, nei palazzi nobiliari e a casa della nonna. «Da noi la scelta non finisce mai, abbiamo una tale ricchezza nella pasticceria che ancora oggi mi commuovo a raccontarla ai giovani». Sabatino è un conservatore, ma nell’accezione più positiva e intelligente. Disponibile sempre a lavorare per «alleggerire» abbassando la quantità degli zuccheri, ma giustamente convinto che bisogna mantenere l’equilibrio e mai dimenticare i grandi classici. Ad esempio, solo la nostra odierna e scandalosa “cancel culture” può eliminare la zucca a cubetti dalla cassata! Babà, pastiera e sfogliatella non si toccano. Ma poi anche tutti gli altri, dai tradizionali dolci di Natale di origine conventuale al pasticciotto crema e amarena della nostra memoria. E anche un dolce che nessun pasticcere mette più in vetrina, la zuppa inglese.
Nato a Sarno nel 1941, Sabatino Sirica fa una lunghissima gavetta, come tutti i grandi. Apprendista e tuttofare nella pasticceria Sgambati dal 1956 impara veloce e carpisce i segreti dei maestri. In questo laboratorio nascono i primi lievitati fatti a Napoli. La pasticceria di San Giorgio a Cremano, il primo e solo locale tutto suo, apre i battenti nel 1976 e ancora oggi, dalla rosticceria ai “dolci americani” (ha imparato a fare anche quelli, ma addomesticandoli a dovere…) qui si trova tutto il ben di Dio.
Sirica ha insegnato a fare i dolci ai pasticcieri di New York, fa ancora corsi per i giovani che vogliono imparare questa nobile arte. Con loro traccia persino un calendario delle festività, ma senza rigidezze antiche: “Sì, gli struffoli si fanno a Natale. Ma oggi ci siamo abituati a gustare la pastiera tutto l’anno e la zeppola non appartiene più solo a San Giuseppe”. Quale audacia! Inaspettatamente, il suo piatto della memoria non è un dolce ma il sapore del cozzetto di pane bagnato nell’acqua della zuppa di fagioli. Ricordi di un mondo povero ma di materie prime eccellenti. E l’unico tradimento alla sua città se lo consente ammettendo che gli piace molto il tiramisu, dolce più difficile a fare di quanto si pensi. “Amo tutte le preparazioni a base di caffè” confessa. Da ragazzino aiutava il gelataio a preparare gli impasti, quel profumo gli è rimasto dentro l’anima come la madeleine a Proust.