Sicilia en Primeur 2025: i migliori bianchi da due annate difficili
di Raffaele Mosca
Da Monreale a Melilli nell’agro siracusano e Modica, passando per Pantelleria, il viaggio di quest’anno a Sicilia En Primeur è stato un reminder dell’immensa eterogeneità dell’isola-continente e dei suoi satelliti in mezzo al mare. Gli unici elementi comune sono il vento primaverile a raffiche – prima dolce e poi improvvisamente impetuoso – e la luce già intensa, quasi abbagliante. Tutto il resto cambia completamente: si spazia dai filari su crinali pedemontani di Camporeale ai pendii di roccia quasi lunare che guardano il Canale di Sicilia, per approdare sulle distese di calcare bianco che scendono verso il mare nel sud-est. E la buona notizia è che in ognuno di questi posti quest’anno la riserva idrica è superiore alla media: la stagione 2025 è partita molto meglio della 2024, segnata da siccità record. Si spera solo che maggio e giugno siano un po’ più secchi di aprile, per evitare i problemi del 2023, ovvero gli attacchi massicci di peronospora.
E, a proposito di 23’ e 24’, la degustazione al castello dei Conti di Modica mette ben in evidenza le difficoltà delle due annate, con una 2024 per i bianchi a macchia di leopardo, tra vini leggermente scomposti e altri con una freschezza superiore alle aspettative, forse legata alle temperature più basse e a qualche pioggia che ha ridato vigore alle vigne nel periodo pre-vendemmiale.
Dalla 2023, invece, arrivano alcune delusioni, soprattutto sul fronte Etna bianco. La peronospora ha fatto danni, decimando la produzione e creando qualche squilibrio nei grappoli rimasti in pianta. Il caldo torrido nei mesi successivi ha aggravato la situazione e alcuni vini – anche blasonati – hanno accusato il colpo, venendo fuori meno dinamici e precisi del solito. Si salva un po’ la zona di Milo, forse la più vocata per il Carricante, insieme a qualche vino da viti più vecchie del versante nord.
Continua a crescere, invece, il Catarratto in tutte sue varianti genetiche. Quello Lucido ed Extra Lucido dà sicuramente i vini più intriganti, di stampo quasi “rieslinghiano”, soprattutto quando è coltivato sopra i 400 metri. Ma migliorano anche le versioni prodotte con il Catarratto Comune e quelle da vigne a due passi dal mare: meno profumate e più salmastre.
Anche il Grillo riesce a dire la sua con più chiarezza rispetto a qualche anno fa. Figlio di Catarratto e Zibibbo, il suo poliformismo espressivo lo ha spesso reso difficile da interpretare. Se non altro, pero, sono in diminuzione le versioni troppo aromatiche e vegetali, quasi “sauvignoneggianti”.
Ultimi, ma non per importanza, lo Zibibbo e lo Chardonnay. Il primo, oltre che nei passiti, funziona sempre meglio anche in versione secca: per esempio ci ha stupito Lighea, il bianco pantesco di Donnafugata, forse tra i vini più solidi tra quelli a grande tiratura presentati in quest’occasione . Per i palati più “hardcore”, invece, la versione in Pithos di COS da Vittoria è un orange di bella complessità.
Quanto allo Chardonnay, Planeta è nel mezzo di un grande cambiamento stilistico: sia il “base” che il Didacus evidenziano sostanza e pienezza, ma nessuna traccia di legno e burrositá. E tutti gli altri sembrano star seguendo più o meno la stessa traiettoria, dimostrando che anche le varietà internazionali possono avere un futuro in regione, al contrario di quanto si sarebbe pensato giusto qualche anno fa.
Ecco i dieci bianchi imperdibili da Sicilia En Primeur:
Donnafugata – Sicilia zibibbo Lighea 2024
Un’espressione delicata di Zibibbo pantesco secco, con un profumo aromatico ma non stucchevole di albicocca, salvia e brezza marina. È al palato che stupisce: acidità e spinta sapida assottigliano e snelliscono il sorso, abbinati ad un’aromaticità sottile che lo rende un valido compagno dei crudi di mare.
Feudo Disisa – Sicilia Catarratto Lu Bancu 2023
Dalla zona di Monreale, un vino che varrebbe la pena di comprare anche solo per l’etichetta parlante, che riporta un testo medievale che racconta di un tesoro nascosto in questa storica tenuta (lu bancu in sicilia). Il contenuto è altrettanto interessante: anche se si tratta di Catarratto comune e non lucido o extra lucido, il vino è coerente nell’esprimere uno stile profumato, sottilmente aromatica, con accenni leggeri di pietra focaia che, come dimostrato dall’assaggio in parallelo di due vecchie annate, andranno a crescere d’intensità nel tempo. Il sorso ha la tempra tipicamente dell’alta collina, abbinata a qualche ritorno floreale e vegetale. Chiude preciso, chiamando il sorso successivo.
Tenuta Gorghi Tondi – Sicilia Catarratto Midor 2024
Il Catarratto in versione marina, da vigne a ridosso della riserva dei Gorghi tondi e a pochi chilometri dalle spiagge della costa ovest. Un po’ meno tiolico e più salmastro, con un accenno di frutta secca sul fondo che dà spessore. In bocca conquista con la sapidità sferzante, abbinata a rimandi citrini e vegetale leggero, soffi idrocarburici che danno complessità alla chiusura.
Vindig Montecarrubo – Sicilia Grillo Cuvee Suzanne Bianco 2024
Un altro vino di mare: in questo caso le vigne toccano quasi lo stagnone di Marsala. La proprietà dell’azienda è danese, ha sede a Melilli nel sicurano, ma i bianchi li ricava dal nord-est. C’è una punta di dolcezza esotica abbinata a mentolo, verbena, camomilla e pietra focaia, a comporre un naso che può ricordare qualcosa di proveniente dal Midì francese. Ma molto più salino di qualunque bianco prodotto oltralpe: quasi estremo, con un accenno astringente sul fondo e un finale vivace su toni di scorza d’agrume ed erbe spontanee.
Feudo Maccari – Sicilia Grillo Firraru 2023
Dalla zona di Noto, un grillo da singola vigna su suolo ferroso – ecco spiegato il nome “Firraru” – e tira fuori un mix travolgente di agrumi e frutti esotici, con un pizzico di tostatura da legno che non stona. Ha equilibrio, discreta pienezza e salinità allettante che dá la terza dimensione. Molto diverso dai Grillo dell’ovest, appena internazionale se vogliamo, ma preciso e raffinato.
Cos – Zibibbo in Pithos 2023
A metà strada tra Georgia e Sicilia con il suo incipit tipicamente aromatico abbinato a spunti terrosi e di olive in salamoia. Più preciso al palato, appena tannico e salino, sicuramente evocativo dello stile di vinificazione estremo, ma non eccessivo. Finale sorprendentemente pulito.
Planeta – Sicilia Chardonnay 2023
Cambio di passo radicale rispetto al passato: c’è sempre il frutto tropicale tipico degli Chardonnay da zone assolate, ma il legno è impercettibile e una ventata di camomilla, erbe spontanee e agrumi canditi ravviva il quadro. Ricco, suadente, ma con ottima freschezza a sostegno della progressione, chiusura salina e a tratti vegetale che lo rende anche gastronomica. Bene anche il Didacus che, però, incarna uno stile leggermente più classico.
Graci – Etna Bianco Muganazzi 2023
Più espressivo del solito da subito, ma di grande spessore, tra idrocarburi, miele d’acacia, marzapane e zafferano. Più ricco della Arcuria di pari annata, ma anche più equilibrio. Ritorni fruttati danno pienezza è spessore, ma c’è anche la tensione tipica del Carricante a dare sostegno. Da bere ora e nei prossimi 5-6 anni.
Maugeri – Etna bianco Contrada Piraino Frontemare 2023
Il più intrigante dei tre cru di quest’azienda di Milo in quest’anna. Più delicato del Frontebosco, il naso gioca su toni freschi di camomilla, frutta a guscio ed erbe officinali. E’ dritto, sferzante, preciso e salino, ancora giovanissimo, ma con l’equilibrio giusto per dare soddisfazioni nel tempo.
Arianna Occhipinti – Sicilia Grillo SM 2023
Un vino a cui oramai ci siamo affezionato: quasi uno Chablis alla latitudine di Tunisi. Estroso, ma senza estremismi, ricco di miele, marzapane e nocciola al naso. Più vibrante al palato, con l’acidità rafforzata dal calcare bianco e un guizzo salino dare spinta, ritorni fruttati e una sottile tostatura da legno che allungano un finale di straordinaria energia e complessità. La vignaiola più “cool” dell’isola-continente non è più solo “Lady Frappato”, ma anche “Lady Grillo”!