Slow Food Italia: difendere l’identità del vino Cirò, no alle modifiche del disciplinare


Un grappolo di gaglioppo

Giovedì 26 agosto si è riunito a Vibo Marina il coordinamento Slow Food Calabria alla presenza del presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, Piero Sardo, per discutere tra le altre cose della notizia di modifica del disciplinare di produzione del vino Cirò.

La modifica del disciplinare che consentirebbe l’introduzione di vitigni diversi dal Gaglioppo, il vitigno storico di Cirò, è stato approvato sia dalla maggioranza dei produttori del consorzio che dalle istituzioni. Per fortuna un gruppo di produttori che come noi credono che la viticoltura italiana debba assolutamente privilegiare le varietà locali e tradizionali ha intenzione di presentare ricorso contro questa modifica. Slow Food appoggia e appoggerà in toto questo ricorso: crediamo che la biodiversità vitivinicola sia un grandissimo valore soprattutto in Italia e che affidare le proprie strategie commerciali ad una maggiore omologazione dei vini in una concorrenza globale, che si fa sempre più agguerrita e al ribasso, sia profondamente sbagliato.

Fare Cirò in modo tradizionale, rispettando le specificità dell’uva e le sue caratteristiche organolettiche sia possibile, anzi necessario. Un vino Cirò che preveda i soliti Cabernet e Merlot non può che prima o poi andare in contro ad un disastro commerciale e chiediamo a tutti coloro che credono in una viticoltura naturale, rispettosa delle tradizioni e delle caratteristiche dei territori di appoggiare questo ricorso e di fare pressioni presso le istituzioni affinchè non si dia seguito a questo errore.

Slow Food Calabria
Slow Food Italia
Fondazione Slow Food per la Biodiversità
Vinocalabrese.it
Luciano Pignataro Wine Blog

6 Commenti

  1. BASTIAN CONTRARIO – Condivido in pieno. Sono dei vostri: identità da salvaguardare per valorizzare il territorio. Ma da assaggiatore ONAV ed agronomo a contatto concreto con i produttori mi sia consentito di esprimere in assoluta libertà la… presente opinione, considerando il FATTORE MERCATO che è imprescindibile:
    – il Gaglioppo, così come il Magliocco, è un’uva che determina elevata tannicità al vino. Una componente che risulta eccessiva e rende il Cirò disequilibrato; ecco perchè in commercio viene immesso dopo nove mesi e viene privilegiata la versione Riserva: un tentativo per ammorbidire la spigolosità di un prodotto che oggi il mercato probabilmente non riesce più ad accettare in pieno tal quale. E’ vero, è magari la CARATTERISTICA che lo contraddistingue e lo tipicizza. Ma mettiamoci nei panni dei produttori dal èunto di vista della commercializzazione. Semmai, puntiamo ad aggiungere al disciplinare cultivar che migliorino l’equilibrio del vino, conferendo aromi e colore al vino, che di fatto il Gaglioppo non può dare. Mi riferisco al Nerello, al Greco nero, alla Malvasia nera e così via, al fine di evitare vitigni internazionali che certamente , renderebbero il Cirò, un “famoso anonimo di qualità”.
    Rosario Previtera

  2. La scoperta dell’acqua calda….ma sapete quanti di loro tagliano il Cirò e così tanti altri vini con altri vitigni ( a vostra insaputa)..così si spiegano anche i vini venduti a prezzo della solo bottilglia vuota che dentro hanno solo “l’odore” di quel vitigno riportato in etichetta…
    troppe “palle” e poche verità (poco raccontate) nel mondo del vino!

  3. Questo ragionamento è tipico italiano, quello dei condoni. Evadete le tasse, costruite abusivamente? Bene c’è il condono.
    Idem qui: si taglia il Cirò? Il consorzio invece di controllare come dovrebbe pensa a legalizzare l’illegalità
    Taglia chi non sa fare il vino, su consiglio di enologici consulenti che hanno troppa fretta per realizzare grandi lavori artigianali.
    Ma al dil à delle considerazioni legali che lasciano il tempo che trovano in Italia, il punto di fondo è la madornale stupidità, questo andare incontro al disastro pensando di trarre vantaggio.
    Davvero non so se il cemento è un paradigma del vino o viceverdsa in questa regione dove tutto è affidato all’isteria individuale.
    Ho trovato sylvaner sullo Jonio, qualcuno pensa di trovare Fiano in Trentino o gaglioppo in Friuli?

  4. Incomprensibilmente i produttori di Cirò potrebbero usare l’igt per i loro blend di gaglioppo con i vari vitigni internazionali(così come fà Librandi con il suo dignitosissimo Gravello), invece pretendono ritoccare il disciplinare come se fosse la panacea ai loro problemi. Ultimamente ho assaggiato delle nuove proposte di Cirò che non sono altro che un ritorno ad un passato che sembrava ormai lontano (vini marmellatosi che sembrano i mangi e bevi di venti anni fà), senza pensare che esaurita la moda questi prodotti cadono nel dimentacoio. Chi lavora con costanza e passione ottiene buoni risultati anche da queste parti, quindi che si rimbocchino le maniche e facciano le cose come si deve, senza scorciatotie.

  5. Purtroppo il fenomeno globalizzazione da anni affligge anche il mondo del vino. La standardizzazione del gusto non porta altro che la fine di determinati prodotti autoctoni, e continuando così questo accadrà per il Cirò.
    Sono d’accordo con Gaetano le leggi sul vino sono fatte apposta per consentire di avere DOC e IGT cosiddette di ricaduta, allora cambiare il disciplinare porta secondo me a due giustificazioni.
    La prima, facilitare la vendita in ambito nazionale ed internazionale.
    La seconda, aggiustare il prodotto non all’altezza e quindi fiumi di cirò che non sono tali, sono purtroppo conosciute le caratteristiche degli internazionali, piacevolezza (per il mercato medio) ma standardizzazione del gusto……..

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