Basta gabbie negli allevamenti intensivi. Il primo passo lo fa la Regione Emilia Romagna


di Barbara Guerra 

Stop agli allevamenti in gabbia, l’Emilia Romagna fa da apripista in Italia

Ieri una decisione storica. La Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha approvato una risoluzione per sostenere un percorso di transizione verso allevamenti che non facciano uso di gabbie e rispettino il benessere degli animali. Il via libera al testo, di cui è prima firmataria la capogruppo di Europa Verde Silvia Zamboni, è arrivato dalla commissione Politiche Economiche.

La risoluzione prende spunto dall’iniziativa “End the Cage Age” (stop all’era delle gabbie), che ha visto la consegna alla Commissione europea di 1,4 milioni di firme raccolte negli Stati membri dell’Unione (90mila delle quali raccolte in Italia).

 

Soddisfazione nelle parole di Silvia Zamboni “Grazie all’approvazione della risoluzione, la Regione Emilia Romagna intraprende un percorso istituzionale per la tutela sia del benessere e della salute degli animali, e quindi anche dei consumatori, sia della reputazione delle nostre eccellenze alimentari sui mercati internazionali”.

 

Un percorso che sicuro, con il tempo, porterà anche benefici all’immagine dei prodotti agroalimentari di cui la regione ha ricchezza sconfinata (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma …) visto che aumenta sempre più il numero di consumatori attenti alle scelte etiche delle aziende.

 

“E’ ormai riconosciuto – aggiunge – che l’industrializzazione dei sistemi di allevamento intensivi costringe un alto numero di animali a vivere in spazi ristretti con ripercussioni negative sul loro benessere e la loro salute”.

 

Il primo passo di un lungo percorso che si muove dalla regione che fonda sugli allevamenti intensivi buona parte del suo PIL. La direzione è tracciata, impossibile continuare a negare il fatto che gli attuali sistemi produttivi non siano più sostenibili. Il benessere degli animali non è solo una questione etica nei confronti degli stessi ma una necessità per la salute dei consumatori e anche una garanzia di qualità del prodotto dal punto di vista organolettico.

 

Il tema sottostante a questa presa di coscienza è quello legato al prezzo. Un tipo di riconversione nella direzione della sostenibilità avrà dei costi che nel medio periodo ricadranno sui consumatori verso i quali sarà necessario svolgere un’azione di sensibilizzazione rispetto al prezzo percepito. Tanti gli interessi sul campo ma cosa certa è che questo processo, seppur lento, sarà inarrestabile e comporterà molti smottamenti nel mercato mondiale della carne.