
Chi ha scoperto la pizza napoletana? Chi ha scovato prima di tutti i grandi nomi del momento? Questione di lana caprina, perché il sapere su internet ha la intensità delle lucciole di notte che spariscono con l’aurora.
Ma è davvero così importante sapere chi ha parlato per primo di qualcuno o di qualcosa? In fondo, i vostri ricordi più intensi riguardano il primo rapporto sessuale o il vostro grande amore? Beh, per essere realisti, l’ultimo amore è sempre più importante del primo (ok, evitiamo la battuta cinica che è il prossimo).
Bisogna dunque circoscrivere il tema, perché la pizza napoletana è sempre stata famosa in Italia e nel mondo e sino a venti anni fa non c’erano altri pizzaioli se non quelli provenienti da Napoli e dalla Campania. L’attività delle due associazioni, AVPN e APN, Slow Food, è stata fondamentale in questi ultimi decenni. Nessun alimento ha oltre 400 canzoni che lo celebrano, come ha ricordato nel suo grande lavoro storico, che continua senza fermarsi mai, Tommaso Esposito nel suo ultimo libro.
Il tema documentabile, dunque storicizzabile, è rispondere a questa domanda: quando e come la pizza napoletana è stata sdoganata nell’alta ristorazione e nel 2.0?
Beh, qua non possono esserci molti dubbi perché basta seguire la sequenza di queste foto e ricostruire i fatti come sono andati. Chi ne ha altre le tiri fuori adesso o mai più:-)









Queste sono state le tappe fondamentali di una crescita della pizza napoletana nel 2.0, sui social e nel mondo dei gourmet.
Una crescita che ha bloccato sul nascere una corrente di pensiero che tendeva a presentare la realtà napoletana come ormai superata perché non aggiornata e che sottovalutava il fatto che una tradizione di 300 anni non finisce solo perché spuntano una decina di bravi pizzaioli che fanno altro nel resto d’Italia.
Ma come si spiega questo clamoroso successo?

1-Perché la pizza napoletana è tipica, riconoscibile e replicabile solo con una grande manualità.
2-Perché la crisi economica ha costretto molti a cambiare abitudine, rinunciando a pagare conti salati senza però accontentarsi di materia prima scadente e non valida.
3-Perchè la pizza è alla portata di tutti e non c’è bisogno di avere tanti soldi per girare. Inoltre il 90 per cento delle pizzerie di qualità europee sono tutte a Napoli e in Campania, in un territorio ben circoscritto che consente una rapida conoscenza del prodotto.
4-Perchè innumerevoli protagonisti hanno innovato, studiato e lanciato nuovi concept di pizzerie rinnovando tradizioni secolari che nessun altro può vantare.
5-Perché la qualità dei prodotti è migliorata sensibilmente grazie al lavoro di conslenti davvero competenti e non improvvisati, e il consumatore è disposto a spendere qualcosa in più per avere una pizza di qualità.
6-Perché la pizza è veloce, easy, e resta l’ideale quando non si vuole restare prigionieri in un ristorante per due ore.

Dunque Barbara Guerra e Albert Sapere per primi hanno introdotto la pizza in un congresso gastronomico. Maurizio Cortese ha intuito le potenzialità sul 2.0 del fenomeno coinvolgendo, a proprie spese nel Pizzafest di Melizzano (tanto per precisare) i foodies più influenti del momento e organizzando con Stefano Bonilli il primo dopo Festa a Vico. Tommaso Esposito con il suo lavoro di scavo inesauribile e Marco Lungo con il suo sapere hanno contribuito a tenere alto il livello di attenzione.

Don Alfonso e i Cerea (che hanno ospitato i fratelli Salvo in indimenticabili serate) hanno consacrato l’ingresso di questo cibo nell’alta ristorazione. Infine Bonilli, Vizzari e Cremona hanno capito e sostenuto le potenzialità della pizza napoletana senza remore e con simpatia, ciascuno nei propri ambiti mettendoci la faccia.